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Carducci, "Inno a Satana" e poesie giovanili

Gli anni della formazione politico-letteraria di Giosuè Carducci si riflettono assai bene nelle raccolte poetiche giovanili (Juvenilia, Levia Gravia e l’Inno a Satana), da cui effettivamente emerge con chiarezza il profilo ideologico dello scrittore e poeta. Cresciuto in una famiglia dalle salde tradizioni democratiche e repubblicane, amante dei classici latini ed italiani sin dai tempi delle prime letture e - all’altezza dell’ondata rivoluzionaria del 1848 - fervente giacobino e mazziniano, il giovane Carducci identifica nello strumento poetico (e, più in generale, nella letteratura e nel suo insegnamento) il canale privilegiato con cui diffondere le proprie idee e dialogare con il pubblico di problematiche comuni e concrete.

 

In particolare, è quello del classicismo lo schieramento da subito scelto da Carducci per la sua “battaglia” per le Belle Lettere come strumento di rinnovamento socio-culturale: dopo aver fondato, con alcuni amici ed ex-compagnia di università, la compagnia (ad indirizzo antiromantico) degli “Amici pedanti” e aver dedicato i primi versi, quelli delle Rime di San Miniato, a Leopardi e Giordani, Carducci si dedica alla poesia civile, seguendo con passione ed enfasi i momenti decisivi dell’unità nazionale (come si vede nella canzone A Vittorio Emanuele II). A ciò s’affiancano i temi del pensiero laico e democratico europeo, che spesso cozzano con la situazione nazionale, e con il moderatismo politico dei governanti e della borghesia italiana. Seguendo la sistemazione editoriale che il Carducci maturo darà alla sua produzione, possiamo identificare in Juvenilia (che raccoglie cento poesie che vanno dal 1850 al 1860) i testi più scolastici dello scrittore, in cui - a fianco dei temi autobiografici, come nel caso del suicidio del fratello Dante, appena ventenne - si trovano maggiori tracce dei modelli tradizionali (italiani o classici), funzionali alla polemica giovanile contro il lassismo dei costumi attuali a confronto dell’ammirabile etica degli antichi. In LeviaGravia - che comprende ventinove poesie che hanno visto la luce dal 1861 al 1871, ed edite una prima volta nel 1868 dietro lo pseudonimo di Enotrio Romano - prosegue questa doppia linea d’ispirazione, tra questioni private ed affari pubblici; se in parte viene meno l’ispirazione originaria, non cede l’indole polemica del Carducci democratico, che, ad esempio, in un testo come Dopo Aspromonte condanna il noto scontro tra garibaldini ed esercito regio, celebrando l’eroica figura del patriota Garibaldi (“Evviva a te, magnanimo | Ribelle e precursore! | Il culto a te de’ posteri, | Con te d’Italia è il cuore!”).

 

Se questo tono ribelle e battagliero si può trovare anche nei Giambi ed epodi, sicuramente il testo più rappresentativo della produzione carducciana giovanile è il celebre Inno a Satana, composto nel 1863 (poi pubblicato nel 1865) ed intriso dei suoi umori giacobini. In esplicita e caustica contrapposizione alla mediocre ed accomodante filosofia del “quieto vivere” post-unitaria e, soprattutto, in spregio delle ingerenze clericali o degli oscurantismi di fede (“Via l’aspersorio | Prete, e il tuo metro! | No, prete, Satana | Non torna in dietro!”), Carducci identifica in Satana (“A te disfrenasi | Il verso ardito, | Te invoco, o Satana, | Re del convito”) un principio libertario, sopravvissuto alla diffusione egemone del Cristianesimo, e portatore naturale di un messaggio vitalistico, che può liberare l’uomo dal giogo delle credenze e dei dogmatismi. Coniugando dissenso politico e critica ideologica, l’“Inno” (composto da duecento versi distribuiti in cinquanta quartine di quinari a schema rimico ABCB, secondo la schema del “brindisi”, e cioè di un componimento poetico da recitarsi a tavola, e in maniera estemporanea) sviluppa allora un’invocazione alla scienza e al progresso:

 

Ne la materia

Che mai non dorme,

Re de i fenomeni,

Re de le forme,

 

Sol vive Satana.

Ei tien l’impero

Nel lampo tremulo

D’un occhio nero,

 

O ver che languido

Sfugga e resista,

Od acre ed umido

Pròvochi, insista.

“Re de i fenomeni | re de le forme”, Satana è un principio di vita che innerva il verso del poeta, e attraverso i secoli nelle pagine dei grandi letterati e dei pensatori (inclusi riformatori religiosi come Savonarola e Martin Lutero). L’appello alla ragione umana (“Gitta i tuoi vincoli, | Uman pensiero, | E splendi e folgora | Di fiamme cinto; | Materia, inalzati: | Satana ha vinto”) e la prefigurazione del venturo trionfo di “Satana il grande” chiudono allora il componimento, su toni che sono una buona testimonianza della poesia carducciana giovanile:

 

Salute, o Satana,

O ribellione,

O forza vindice

De la ragione!

 

Sacri a te salgano

Gl’incensi e i vóti!

Hai vinto il Geova

De i sacerdoti.