"Veglia" di Ungaretti: analisi e commento

Parafrasi Analisi
Analisi e commento a Veglia di Giuseppe Ungaretti, a cura di Matteo Pascoletti.

La poesia "Veglia" è stata composta da Ungaretti il 23 dicembre 1915, ed era inclusa inizialmente nella raccolta "Porto Sepolto", poi confluita nel 1931 in "Allegria". Si tratta della quarta poesia della raccolta ed è la prima che affronta il tema della guerra, che Ungaretti visse personalmente tra il dicembre del 1915 fino alla fine dell'anno successivo. È un componimento in versi liberi. Rilevante è l'assenza della punteggiatura, caratteristica mutuata da Ungaretti dalla poesia futurista. C'è una tendenza a versi di singole parole, per dar loro rilievo, per esempio: "digrignata", "penetrata", "massacrato". Nella poesia sono presenti anche: rime e rime interne ("buttato… massacrato"; "digrignata… penetrata"), assonanze (bocca / volta; lettere / piene; tanto / attaccato), allitterazioni (come quella della dentale "inTera", "noTTaTa", "buTTaTo"), che accentuano l'andamento ritmico. Tema centrale della poesia è la guerra, che si manifesta nella truce immagine del compagno di trincea ucciso vicino al poeta. L'assenza di punteggiatura e l'uso di participi passati rende persistente l'immagine. Leggermente staccata è la frase finale, in cui il poeta mette in evidenza il suo attaccamento alla vita in una situazione disperata di morte. La violenza della guerra fa scoprire al poeta il desiderio di vivere.
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Buongiorno e benvenuti a questa lezione dedicata alle poesie di Giuseppe Ungaretti. Oggi parleremo di Veglia, poesia composta da Ungaretti il 23 dicembre 1915 e inclusa inizialmente nella raccolta Il porto Sepolto, il quale confluirà in L’Allegria nel 1931. È la quarta poesia de Il porto sepolto ed è una poesia molto importante perché è la prima della raccolta che affronta il tema portante della guerra vissuta da Ungaretti in prima linea, a partire dal dicembre del 1915 fino alla fine dell’anno successivo.

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

Dal punto di vista dello schema metrico, anche se è improprio parlare di schema metrico, abbiamo versi liberi. Non c’è punteggiatura, una caratteristica che Ungaretti mutua dalla poesia futurista e da poeti stranieri, su tutti Apollinaire; difatti anche se gli ultimi tre versi sono staccati, è improprio pensare che la poesia sia composta da due strofe. Per quanto riguarda poi i versi, cioè la composizione, c’è la tendenza a ricercare parole singole (“massacrato”, “digrignata”, “penetrata”, “tanto”) o a cercare sintagmi: si va dal trisillabo (“ho scritto”) all’ottonario (“lettere piene d’amore”). Ci sono rime che riguardano participi passati (“nottata”, “digrignata”, “penetrata”, “buttato”, “massacrato”, “stato” e “attaccato”) e delle assonanze (“bocca-volta” e “lettere piene-tanto attaccato”, queste ultime due sono parole consecutive). Il fatto che il sistema di rime comprenda tutti participi ci fa capire che i participi passati hanno una certa importanza per quanto riguarda il significato della poesia. Abbiamo delle allitterazioni che si spinge molto sulla dentale (“inTera”, “noTTaTa”, “buTTaTa”) e una metafora (“la congestione delle sue mani penetrata nel silenzio”). 

Passando al piano dei significati, il tema centrale della poesia è la guerra, guerra senza alcuna possibile mediazione tra l’esperienza del poeta e la parola, quindi depurata da qualunque possibile riconducibilità ideologica come poteva essere per la polemica tra interventisti e non interventisti prima dell’ingresso dell’Italia in guerra; la guerra si incarna, si manifesta senza alcuna possibilità di sfuggirne nell’immagine molto truce e violenta del compagno di trincea massacrato, morto che sta vicino al poeta.

È interessante perché l’assenza di punteggiatura e l’uso dei participi passati rende l’immagine un’idea che persiste, senza possibilità di codifica logica: è caratteristico di Ungaretti, a questa altezza cronologica, procedere per parole isolate o per analogie, evitando i nessi logici che potrebbero far stabilire delle coordinazioni, delle subordinazioni o dei rapporti ben stabiliti tra le immagini. Leggermente staccata, come detto, è la frase finale nella quale l’esperienza orribile, assurda e senza scampo nella violenza con cui assale il poeta è comunque esperienza della vita e nella sua violenza fa scoprire al poeta il desiderio di essa.

In riferimento a Veglia, il critico Carlo Cassola parla di “effetto di scansione e di accelerazione metrica”, cioè l’insistenza su alcuni suoni (allitterazione delle dentali) accentua l’andamento ritmico. È poi interessante il contrasto tra questi suoni perché da una parte abbiamo le dentali, suono della bocca che produce le parole in modo serrato, e dall’altra la vicinanza tra la dentale e la “A” aperta (“nottata”, “buttato”), pertanto c’è uno stridere tra questi due modi con cui gli organi fonatori pronunciano le parole, che trovano poi una sorta di sintesi fonosimbolica in “digrignata”. 

I participi passati presenti nella poesia sono: “buttato”, “massacrato”, “digrignata”, “penetrata”, “scritto”, “stato” e “attaccato”. Solo “scritto” e “stato” sono participi passati riferiti a verbi mentre gli altri hanno funzione di aggettivo, una funzione modale. Questo è interessante perché la loro persistenza, la forte partitura di allitterazioni che tracciano e il loro svolgere un valore modale pongono in modo molto evidente la loro forza espressiva all’interno del componimento. In particolare, “massacrato”, “digrignata” e “penetrata” compaiono come versi isolati e quindi hanno evidenza massima. L’uso così strutturato dei participi sintetizza quella che è la funzione dell’aggettivo: funzione di qualità, di specificazione e di determinazione di qualcosa. 

Conclude il verbo che indica invece un’azione compiuta; nel componimento indica quindi qualcosa che accade e che resta impresso nelle sue qualità, che si imprime nella coscienza del poeta. In questo senso, a livello linguistico, i participi passati esprimono gli eventi che marchiano a fuoco l’animo del poeta; il loro essere passato indefinito sono resi dalle ripetizioni fonetiche, in modo quasi ossessivo o quantomeno predominante al di là di ogni possibile fraintendimento.