Marcia su Roma

Quali furono le cause che spinsero il re Vittorio Emanuele III a porgere l'incarico di leader del governo a Mussolini? Le forze armate avrebbero potuto facilmente far disperdere gli squadristi, quindi vorrei capire più approfonditamente le motivazioni.


il 22 Marzo 2014, da Daniele Morra

Ciro Dovizio il 15 Aprile 2014 ha risposto:

Dunque, Vittorio Emanuele III non era di certo filofascista, nonostante non mancassero negli ambienti di corte elementi che guardavano con favore alle manovre di Mussolini (per il fascismo simpatizzava apertamente la regina madre). Quindi fino all'ultimo il re fu tutt'altro che ben disposto verso il futuro duce, considerato un avventuriero di genio ma pericoloso soprattutto per le sue tendenze repubblicane, condivise dalla gran parte dei fascisti. Nonostante Mussolini avesse poi (nel settembre 1922) sacrificato l'orientamento repubblicano, sperando così di ottenere un atteggiamento più favorevole da parte della monarchia e dell’esercito, i rapporti con Vittorio Emanuele III non migliorarono affatto. Se il re decise di porgere l'incarico di capo del governo a Mussolini fu perché era del parere che si dovesse fare di tutto per evitare una guerra civile (pare fosse disposto perfino ad abdicare per evitare uno scenario simile). Sul piano militare è indubbio che i fascisti avrebbero perso la partita, difatti il dato dirimente in quella circostanza fu quello politico. In linea generale infatti, il re considerava quale unico mezzo efficace per evitare scosse pericolose quello di "associare il fascismo al Governo nelle vie legali" (da un telegramma del re al primo ministro Facta). Quanto alla "marcia su Roma", in un primo momento non fu contrario all'idea di ricorrere allo stato d'assedio, ma in seguito cambiò parere rifiutando al presidente del Consiglio la firma del decreto. L'improvvisa marcia indietro è da attribuire a vari fattori, in particolare alla preoccupazione dovuta all'atteggiamento filofascista del duca d'Aosta (di cui il re non ignorava le ambizioni), il quale in realtà era su posizioni più nazionaliste che fasciste in senso proprio; ma soprattutto all'atteggiamento di alcuni alti esponenti delle forze armate. Il fatto che tra gli ufficiali (molti dei quali anche massoni) il fascismo avesse notevoli simpatie è ampiamente risaputo. E nelle ore decisive quasi tutti i militari incontrati dal re (Diaz, Pecori Giraldi, Giardino, Thaon di Revel) lo rassicurarono sulla fedeltà dell'esercito, ma precisarono anche che sarebbe stato preferibile "non metterlo alla prova". Fu così che Vittorio Emanuele si vide costretto ad affidare a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo. Ciro Dovizio-Lapsus


Per approfondimenti sul tema suggerisco A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L'italia dal 1919 al 1922, Laterza, Roma-Bari 1965 e R. De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere, Einaudi, Torino 1966 - Ciro Dovizio 15 Aprile 2014