Virgilio

Sulla vita di Virgilio ci sono notizie molto scarse


il 26 Ottobre 2017, da Boh Sconosciuto

Giuls Cesara il 27 Ottobre 2017 ha risposto:

''Molle atque facetum Vergilio adnuerunt Camenae'' (Hor., Sat., 1.10) Publio Virgilio Marone nacque il 15 Ottobre del 70 avanti Cristo a Mantova, più precisamente nel villaggio di Andes, identificato oggi dalla tradizione con il borgo di Pietole. Si conosce la sua data di nascita per un aneddoto curioso: si raccontava, infatti, che avesse vestito per la prima volta la toga virile lo stesso giorno della morte di Lucrezio, il celeberrimo poeta del 'De rerum natura'. Il padre, secondo alcuni, era un vasaio, secondo altri un bracciante, che riuscì a sposare la figlia dell'uomo per cui lavorava, un certo Magio, e ad arricchirsi, diventando anche apicoltore. Virgilio vide per la prima volta la luce all'alba, quando la madre uscì col marito in campagna, in un fossato; si diceva che non avesse pianto e che il suo volto fosse così mite da offrire sicura speranza in un oroscopo felice. Studiò a Cremona, a Milano e a Roma e frequentò la scuola di oratoria di Epidio per diventare avvocato, ma il suo carattere mite e oltremodo timido non gli concesse neanche di dire una parola al suo primo processo. Sostenne solo quella causa e Melisso tramandava che fosse così lento nella parola da sembrare un ignorante. Si spostò successivamente a Napoli, nella sua dolce Partenope, dove frequentò la scuola epicurea di Sirone, e conobbe i carissimi Vario e Tucca e Orazio, la metà della sua anima (Hor., Odi, 1.3): qui avrebbe passato il resto della sua vita, scrivendo e studiando, circondato dall'affetto dei suoi amici. Si sarebbe raramente spostato nella sua villa sull'Esquilino. Era alto, aquilo colore, di salute malferma; soffriva di tubercolosi, di dolori di stomaco, di gola e al capo, oltre a sputare spesso sangue. Era, inoltre, assai parco nel mangiare e nel bere, estremamente pudico ed onesto, motivo per il quale -oltre alla sua omosessualità- gli fu attribuito il soprannome di Parthenias, ovvero di verginella. Quelle rarissime volte che si faceva vedere in pubblico, si rifugiava nella casa più vicina, per sfuggire alle persone che lo indicavano. Era anche un uomo estremamente sensibile e pio, come Orazio, nella sua ode 1.24, lo descriveva con dolcezza, mentre piangeva la morte dell'amico Quintilio. La sua vita fu gravemente segnata dalla confisca delle terre del mantovano per i veterani di guerra, che spesso richiamò nelle sue Bucoliche, la prima opera importante scritta dopo i componimenti giovanili dell'Appendix di dubbia autenticità. Si trattava di dieci componimenti pastorali, dedicati al patrono del tempo, Asinio Pollione, all'amatissimo amico Cornelio Gallo, ad Ottaviano e ad Alfreno Varo. Scrisse, poi, le Georgiche per Mecenate, che lo aveva aiutato contro un veterano che gli aveva fatto violenza durante un contraddittorio avvenuto nell'azione giudiziaria per le terre, e le recitò per quattro giorni consecutivi ad Ottaviano, dopo la sua vittoria ad Azio. Si diceva declamasse con soavità e seduzione mirabile, tanto che Giulio Montano soleva dire che avrebbe rubato dei versi a Virgilio, solo se gli avesse potuto prendere anche la voce: gli stessi versi, infatti, suonavano bene pronunciati dalle sue labbra, erano muti e vuoti senza il suono del suo canto. Si dedicò, infine, alla sua ultima grande fatica, l'Eneide, cui dedicò undici anni della sua vita, fino alla morte; all'inizio, l'abbozzò in prosa, poi iniziò a scrivere i versi, seguendo la sua ispirazione e senza seguire alcun ordine; Augusto, spesso, provò a sollecitare il mantovano, perché gli facesse leggere qualche parte del suo poema, inviandogli delle lettere supplichevoli o scherzosamente minacciose. Intanto, l'interesse intorno al suo poema crebbe -lo stesso Properzio affermava che qualcosa più grande della stessa Iliade stava per nascere-, tuttavia Virgilio recitò solamente tre dei suoi libri, il secondo, il quarto e il sesto, quest'ultimo alla presenza di Ottavia, che, sentendo quel 'Marcellus eris' sul figlio prediletto, venne meno. Morì all'età di cinquant'anni, il 21 Settembre, a Brindisi, dopo un viaggio in Grecia per dare l'ultima mano al suo poema; nei pochi giorni prima della sua morte pregò i suoi amici di bruciare la sua Eneide, ma, non volendolo fare loro, chiese di avere i suoi scrigni per poter ridurre in cenere lui stesso il suo lavoro incompleto e imperfetto. Il suo desiderio non fu realizzato. Dopo aver spirato, il suo corpo freddo fu portato a Napoli, nel suo sepolcro; sopra il distico inciso da lui stesso: ''Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces '' Le principali fonti sulle informazioni biografiche di Virgilio sono il 'De Poetis' di Svetonio e la 'Vita Vergilii' di Elio Donato. Sono anche presenti scorci della sua vita nella poetica del suo carissimo Orazio e nelle opere scritte da lui stesso.