Perché esistono i prestiti e perché alcuni sono più onerosi di altri, anche se la somma prestata è la stessa?
Il prestito esiste perché la distribuzione delle esigenze di una determinata popolazione è generalmente diversa dalla sua distribuzione delle risorse. Molto spesso, in altri termini, chi ha un bisogno da soddisfare non possiede, nel medesimo istante, le risorse necessarie per soddisfarlo. Il soddisfacimento di quel bisogno, in quell'istante, secondo le modalità desiderate da quell'individuo, gli permetterebbe di incrementare il proprio benessere: mancando le risorse economiche da destinare a quell'impiego, tuttavia, questo incremento non può essere conseguito.
Consideriamo l'esempio di un imprenditore a capo di una piccola azienda meccanica, che ha in mente una nuova tecnologia di produzione che gli permetterebbe di aumentare il numero di pezzi prodotti, di abbattere i costi, di praticare prezzi più bassi e di ottenere profitti più alti. L'imprenditore, però, pur avendo un'idea promettente, non ha in quel momento le risorse per metterla in pratica. È qui che intervengono i cosiddetti intermediari finanziari, organizzazioni che raccolgono i capitali di chi non sa come impiegarli e li prestano a chi invece può adoperarli per perseguire un determinato obbiettivo. Un sistema finanziario fluido ed efficiente rende possibili attività economiche che altrimenti non potrebbero essere svolte, aumenta il benessere individuale di chi parte senza risorse.
L'esistenza di questa asimmetria tra chi ha i soldi e chi saprebbe come usarli e l'esistenza di un sistema per trasferire risorse economiche da una parte all'altra instaurano una relazione funzionale tra il valore di una certa somma di denaro e l'istante temporale in cui questa somma viene considerata.
Il valore del denaro, insomma, varia anche in funzione del momento in cui se ne ha la materiale disponibilità. 10 euro oggi non hanno lo stesso valore di 10 euro tra un anno. In particolare, nella stragrande maggioranza dei casi avere 10 euro oggi è meglio che avere 10 euro tra un anno.
Le operazioni di capitalizzazione sono appunto quei procedimenti che permettono di spostare in avanti il denaro, di calcolare l'equivalente nel periodo 2 di una somma di denaro x nel periodo 1.
In maniera molto semplice possiamo definire l'operazione di attualizzazione come il procedimento inverso della capitalizzazione: una somma x disponibile nel periodo 2 viene trasformata nel suo equivalente nel periodo 1.
Per quale motivo generalmente è meglio avere una somma x oggi piuttosto che averla tra un anno? Il motivo è semplice, perché il pianeta Terra è un posto vario ed interessante con tante cose da fare, e dunque ogni somma di denaro può teoricamente essere impiegata in molti modi da chi la possiede. Di conseguenza, privarsi di una determinata somma nel tempo 1 e continuare ad esserne privo fino al tempo 2 comporta un costo.
Il costo che il creditore sopporta quando si priva di una certa somma di denaro per un certo periodo viene recuperato attraverso l'interesse, cioè una somma che va ad aggiungersi al capitale rimborsato al tempo 2.
Ad esempio, se al tempo 1 il creditore presta 100 euro e al tempo 2 gli vengono restituiti 105 euro, quei 105 euro possono essere divisi in 100 euro di capitale e 5 euro di interessi.
Facciamo lo sforzo di generalizare un po' ed esponiamo in maniera leggermente più formale i concetti di capitalizzazione ed attualizzazione.
Nella capitalizzazione chiamiamo C il capitale prestato al tempo 1, mentre il capitale restituito al tempo 2, comunemente detto montante, viene indicato con M. Il rapporto M/C è detto fattore di montante o fattore di capitalizzazione e viene spesso indicato con la lettera f. Come molti di voi avranno capito, M-C=I, ovvero la differenza tra il montante e il capitale è pari all'interesse.
Nell'attualizzazione S è il valore nominale, cioè il valore del bene oggetto della nostra valutazione al tempo 2: quando stimiamo il valore di quel bene al tempo 1, otteniamo il valore attuale, contrassegnato dalla lettera A. Il rapporto A/S è detto fattore di attualizzazione o fattore di sconto e per indicarlo utilizzeremo la lettera φ (phi, una lettera dell'alfabeto greco). La differenza tra il valore nominale e il valore attuale è qui uguale allo sconto: in simboli, S-A=D.
Troviamo ora il tasso di interesse e il tasso di sconto. Il tasso di interesse i esprime la consistenza dell'interesse in rapporto al capitale iniziale, in parole considera la quantità che l'investitore ha guadagnato alla luce di quanto ha prestato inizialmente. Abbiamo quindi i=I/C, che può essere riscritto come i=(M-C)/C. Se applichiamo questa formula all'esercizio precedente otteniamo (105-100)/100, cioè 5/100, che può essere riscritto come 5%.
Allo stesso modo, il tasso di sconto d considera lo sconto in rapporto al valore nominale. Si ha d=D/S, o anche d=(S-A)/S.