11'

David Foster Wallace, “Infinite Jest”: trama e commento

Introduzione

 

Infinite Jest è il secondo romanzo di David Foster Wallace (1962-2008), pubblicato nel 1996 e tradotto in italiano nel 2000 1. Inizialmente considerato un libro di culto tra i giovani lettori statunitensi, negli anni ha attratto l’attenzione anche di molti critici e studiosi, tanto che oggi viene unanimemente ritenuto un caposaldo della letteratura americana contemporanea. Per la sua mole ponderosa - si tratta di un testo lungo più di mille pagine, all’incirca cento delle quali di sole note - ma anche per la ricchezza di contenuti e per l’eclettismo stilistico è spesso classificato come un’opera massimalista.

 

Riassunto

 

In un futuro a noi molto prossimo, Stati Uniti, Messico e Canada sono confluiti nell’Organization of North American Nations (in sigla, O.N.A.N.); le multinazionali hanno assunto un potere enorme, tale da potersi permettere di “sponsorizzare” gli anni attribuendovi il proprio nome 2, mentre le case dei cittadini nordamericani sono fornite di teleputer, apparecchi che consentono di “scegliere più o meno al 100% cosa vedere in qualsiasi momento” 3. In questo contesto, iniziano a circolare alcune copie di un film intitolato Infinite Jest. Il film ha una particolarità: quella di indurre in chiunque lo guardi anche solo per pochi istanti un piacere talmente intenso da portare in breve tempo alla catatonia, e di seguito alla morte. Autore della pellicola è James O. Incandenza, cineasta d’avanguardia che si è tolto la vita poco dopo la sua realizzazione, mentre a entrare in contatto con la fatidica pellicola nel corso del romanzo sono diversi personaggi. Tutte le copie del film, tuttavia, sono ottenibili unicamente dalla sua versione “master”: ed è proprio la ricerca di questa copia a dare il là all’intreccio. In particolare, a voler recuperare Infinite Jest è da un lato un gruppo di separatisti del Québec, il quale vorrebbe utilizzarlo come arma di ricatto per ottenere l’indipendenza politica del proprio paese dall’O.N.A.N.; dall’altro, i Servizi Non Specificati degli Stati Uniti, che vorrebbero impossessarsi del film per evitare una sua diffusione su larga scala.

Parallelamente a questo primo plot vengono raccontate molte altre storie, due delle quali assumono un’importanza particolare. La prima si svolge all’Enfield Tennis Academy (ovvero, l’E.T.A.), una prestigiosa scuola di tennis collocata nell’area metropolitana di Boston e fondata dallo stesso James Incandenza autore di Infinite Jest. Al suo interno si allenano molti giovani tennisti, fra cui il figlio terzogenito di Incandenza, il diciassettenne Hal. Quest’ultimo, oltre a essere un talentuoso tennista, è anche un dotatissimo studente, capace di citare a memoria buona parte dell’Oxford English Dictionary e di scrivere saggi di alto livello critico intorno agli argomenti più disparati. Come molti altri tennisti suoi coetanei, Hal è però anche un fumatore abitudinario di marijuana, utilizzata sia per stemperare la tensione pre e post-partita sia per mettere a tacere con la chimica “le proprie tempeste interiori” 4. A causa di un controllo antidoping, Hal è tuttavia costretto a smettere di fumare, pena l’esclusione dal circuito tennistico. Proprio questa decisione è probabilmente alla base dello spaventoso tracollo psicofisico che coglie il personaggio nel primo capitolo del romanzo 5, quando di fronte a una commissione di docenti universitari inizia a contorcere il suo corpo in modo innaturale e a emettere suoni mostruosi.

La seconda storia si svolge a pochi chilometri di distanza dall’E.T.A., ovvero alla Ennet House, una casa di recupero per drogati e alcolizzati, e ha per protagonista Don Gately, un ventisettenne ex-tossicodipendente in via di riabilitazione: la sua è appunto una parabola di graduale riscatto ed emancipazione dai fantasmi del proprio passato, che tuttavia s’interrompe bruscamente nel momento in cui, a causa di un colpo di pistola ricevuto mentre cerca di difendere un altro paziente della Ennet, viene ricoverato in ospedale. Per lenire i suoi dolori, gli viene proposto di assumere lo stesso farmaco dal quale un tempo era dipendente. Consapevole che, una volta assunto, ricadrebbe nella spirale della dipendenza, Gately rifiuta il farmaco. Questa scelta lo costringe in uno stato di perenne dormiveglia durante il quale è travolto da inquietanti visioni e da dolorosi ricordi connessi al suo passato da tossicodipendente. Il romanzo si conclude proprio su uno di questi ricordi, al termine del quale Gately si ritrova “disteso sulla schiena su una spiaggia di sabbia ghiacciata” 6.

Per larga parte del romanzo, le storie di Hal Incandenza, di Don Gately e della pellicola mortale sono indipendenti; solo nel finale iniziano a intrecciarsi. Mentre è ricoverato in ospedale, Gately riceve la visita del fantasma di James Incandenza, che gli spiega il motivo per cui ha realizzato Infinite Jest. Contemporaneamente, alcuni terroristi del Québec cercano di entrare all’E.T.A. per rapire i membri della famiglia Incandenza e interrogarli sulla collocazione della copia originale di Infinite Jest. Ciononostante, la storia non arriverà a una vera e propria conclusione, né gli interrogativi posti nel corso del romanzo - dove si trova la copia master del film? Che cosa succede di preciso a Hal Incandenza? Qual è il destino di Don Gately? - troveranno una vera e propria risposta. L’ultimo evento raccontato si svolge infatti nell’Anno del Pannolone per Adulti Depend; a inizio romanzo, quando incontriamo per la prima volta Hal Incandenza, siamo invece nell’anno di Glad, vale a dire all’incirca un anno più tardi. Tra i due eventi s’installa dunque un gap temporale che impedisce di ricostruire con esattezza quanto accaduto.

Accanto ai tre filoni qui sintetizzati si aggiungono poi numerose sottotrame. Tra queste, va ricordata per lo meno quella che coinvolge Joelle Van Dyne, conosciuta anche come La Ragazza Più Bella Di Tutti i Tempi: Joelle è l’attrice in molti film di James Incandenza nonché sua amante negli ultimi anni di vita; quella che ha portato alla nascita del gruppo separatista canadese degli Assassins des Fauteuils Rollents (in sigla, A.F.R.), i cui membri sono tutti costretti sulla sedia a rotelle; quella degli altri membri della famiglia del protagonista e in particolare di Orin Incandenza, fratello maggiore di Hal e giocatore professionista di football americano; quella che coinvolge Hugh Steeply e Rémy Marathe, rispettivamente membri dei Servizi non Specificati e degli A.F.R. Lungi dal rappresentare digressioni rispetto alle tre trame principali, queste storie contribuiscono ad arricchirle e integrarle, fornendo al lettore una serie di elementi utili per tentare di ricostruire le dinamiche narrative alla base del romanzo.

 

Commento

 

Infinite Jest è probabilmente l’opera che meglio consente di mettere in luce gli elementi essenziali dell’arte narrativa di Wallace. Come si è detto, si tratta di un romanzo che racconta molte storie e mette in scena molti personaggi, ma è anche un testo eclettico dal punto di vista stilistico e delle tecniche narrative utilizzate. Al suo interno, infatti, si alternano diversi modi di narrare: a passaggi raccontati in terza persona se ne affiancano altri in cui a raccontare sono gli stessi personaggi, e altri ancora condotti in modo impersonale. Spesso, peraltro, risulta difficile classificare il tipo di narratore che racconta la storia: le frequenti allocuzioni al lettore, il ricorso al tempo presente e a un lessico che volta a volta mima quello di specifici gruppi sociali sembra abolire ogni distanza narrativa, suggerendo che a parlare sia un narratore che tiene un piede dentro e uno fuori dal mondo della storia.

Non solo. In Infinite Jest trovano posto anche e-mail, grafici, formule matematiche, trascrizioni di interviste. Un campionario di forme, in altre parole, che contribuisce a una testualità “polifonica”. A ciò va inoltre aggiunto che il romanzo termina con più di cento pagine di note, che - beninteso - non sono autoriali (cioè, aggiunte dall’autore a commento del testo) ma che sono invece parte integrante della storia, che a quest’ultima aggiungono dettagli o che rivelano informazioni essenziali per meglio comprenderla. Sta di fatto che, come lo stesso Wallace ha dichiarato 7, la lettura del romanzo cambia molto a seconda del fatto che queste note vengano o meno lette, o che le si prenda in considerazione nel momento in cui il testo principale vi rimanda o in un secondo momento.

Per tutti questi motivi, si è parlato di Infinite Jest come di un romanzo massimalista. Laddove i testi di autori minimalisti come Raymond Carver o Amy Hempel si caratterizzerebbero per una struttura semplice e uno stile costituito da frasi brevi, i testi degli autori massimalisti sarebbero - proprio come nel caso di Infinite Jest - ambiziosi dal punto di vista dell’impianto narrativo, e la loro prosa duttile e spesso costituita da archi frasali ampi. In particolare, il nome di Wallace è stato associato a quello di autori postmodernisti come Thomas Pynchon, John Barth e William Gaddis, con i quali condividerebbe la tendenza a creare architetture narrative complesse e stratificate, ma anche la capacità di alternare più stili all’interno la stessa opera, di riflettere in senso metanarrativo sul loro uso, e di filtrare in senso ironico la realtà rappresentata.

Altri critici hanno invece sottolineato come proprio con Infinite Jest Wallace si sarebbe distaccato da un’idea postmoderna di letteratura. Per questi ultimi, Wallace sarebbe anzi uno scrittore esemplarmente post-postmoderno, la cui opera, pur ritenendo elementi propri di quella tradizione, ne rigetterebbe i presupposti, facendosi portavoce di istanze più schiettamente realistiche. Una simile interpretazione sembra basarsi su alcune riflessioni esposte dallo stesso Wallace in un saggio pubblicato nel 1993 e da molti considerato una sorta di manifesto di poetica. Nel saggio in questione, Wallace suggeriva come l’ironia utilizzata fra gli altri dagli autori sopra citati avrebbe esaurito con il tempo la sua carica provocatoria, diventando uno strumento fine a se stesso, e invitava gli autori della sua generazione a “rifiutare il ruolo di spettatori ironici” 8. Assecondando questa idea, è stata posta particolare enfasi sull’aspetto tematico di Infinite Jest, sul fatto che nelle sue pagine Wallace avrebbe rivolto una critica severa alla società americana alle soglie degli anni Duemila. In particolare, è stato notato come Infinite Jest affronti a più livelli il tema della dipendenza: dipendenza dalle droghe, senza dubbio, ma anche dipendenza dai mass-media e dalla società dello spettacolo. Il film che dà il titolo al romanzo rappresenterebbe in questo senso il desiderio tipicamente americano di “[m]assimizzare il piacere [e] minimizzare il dolore” 9; si tratterebbe cioè del “perfetto Intrattenimento” 10, in grado di soddisfare gli appetiti di una nazione estremamente fragile, incapace di compiere scelte mature e proprio per questo motivo indotta a subire in modo acritico quanto trasmesso da televisione e altri mass-media.

Ciò detto, è forse limitante interpretare il romanzo unicamente all’insegna di un distacco dal postmodernismo, oltre che di un maggiore impegno “sociale” rispetto ai testi degli scrittori delle generazioni precedenti. In fondo, Infinite Jest è un’opera che si fa carico sì di raccontare una storia in cui potenzialmente molti lettori possono rispecchiarsi, ma che nel farlo adotta una serie di strategie affatto lontane da una sensibilità classicamente “realista”. In Infinite Jest, la sperimentazione formale, il racconto della realtà americana contemporanea e la sua deformazione ironica convivono in un equilibrio spesso instabile, e talvolta uno fra questi aspetti può prendere il sopravvento sull’altro. Del resto, come ammetteva lo stesso Wallace, il suo obiettivo era quello di “scrivere qualcosa che fosse davvero sperimentale e molto strano, ma anche divertente”; un romanzo, in definitiva, “che si potesse leggere in maniera tale da risultare abbastanza facile”, malgrado alcune sue parti “piuttosto impegnative” 11. Quel che è certo, è che proprio per la sua complessità, per la sua struttura “aperta” e per le sue discontinuità interne Infinite Jest necessita della collaborazione di un lettore attento, capace di mettersi in gioco e di cooperare in modo attivo al suo farsi.

1 La traduzione italiana, realizzata da Edoardo Nesi con la collaborazione di Annalisa Villoresi e di Grazia Giua, è stata condotta sulla prima versione del romanzo; tuttavia, già nel 1997 Foster Wallace apporta alcune modifiche al testo.

2 Buona parte della storia raccontata nel romanzo si svolge nell’Anno del Pannolone per Adulti Depend, verosimilmente corrispondente al “nostro” 2009.

3 D. Foster Wallace, Infinite Jest, Roma, Fandango, 2000, p. 557.

4 Ivi, pp. 74-75.

5 Si tratta però, dal punto di vista della cronologia interna della narrazione, del punto più avanzato della storia.

6 D. Foster Wallace, Infinite Jest, cit., p. 1307.

7 D. Lipsky, Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta, Roma, minimum fax, 2011, p. 385.

8 D. Foster Wallace E unibus pluram. Gli scrittori americani e la televisione, in Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più, trad. it., Roma, minimum fax, 1999, p. 104.

9 Id., Infinite Jest, cit., p. 566.

10 Ivi, p. 425.

11 D. Lipsky, Come diventare se stessi, cit., p. 92.