5'

“Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach: riassunto della trama

Introduzione

 

Il gabbiano Jonathan Livingston (nel titolo originale, Jonathan Livingston Seagull) è una popolarissima novella lunga (o romanzo breve) pubblicata dallo scrittore americano Richard Bach nel 1970, che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Per scriverlo, Bach ha messo a frutto le sue conoscenze di aviatore professionista ed il titolo stesso del libro, come dichiarato dall’autore, si rifà al pilota acrobatico John H. Livingston (1897-1974).

La trama, che ha molti elementi tipici della fiaba, è incentrata sulla figura del gabbiano Jonathan e sulla sua passione per il volo come metafora della vita e della libertà.

 

Riassunto

 

Jonathan Livingston è un gabbiano dello Stormo Buonappetito. A differenza dei suoi compagni, la passione vera di Jonathan Livingston è quella per il volo in sé e per sé e non come un mero strumento utilitaristico per procurarsi il cibo, come avviene per gli altri gabbiani. Se in un primo momento, per il timore di essere diverso dagli altri membri dello Stormo, Jonathan reprime la propria passione, in seguito egli decide di dedicarsi al volo con metodo ed esercizio costante, al prezzo di grandi sacrifici. Jonathan diventa così un asso del volo, in grandi di compiere straordinarie acrobazie ma, insofferente al rigido conformismo dello Stormo, viene infine espulso dal Consgilio degli Anziani, che non accetta la sua spericolatezza. Jonathan continua ad allenarsi in solitaria e a sperimentare delle nuove acrobazie, finché un giorno incontra due gabbiani, dal piumaggio più luminoso e splendente degli altri, che lo convincono a seguirli in un superiore, seppur  temporaneo, livello di esistenza, dove Jonathan incontrerà altri gabbiani che condividono la stessa passione per il volo. Tra questi vi è Sullivan, un gabbiano-istruttore, e il più anziano Chiang, che insegnerà a Jonathan come volare istantaneamente con il pensiero. Il percorso di formazione di Jonathan prevede che egli alleni soprattutto la sua mente, nella ricerca costante di un’idea di libertà che coincida con l’immagine di una creatura superiore, il Grande Gabbiano. Quando Chiang svanisce verso una dimensione superiore, Jonathan rimane con Sullivan a istruire i nuovi gabbiani. Ma, nonostante le resistenze dell’amico, l’irrequietezza e la voglia di Jonathan di trasmettere ad altri le sue conoscenze lo conducono di nuovo sulla Terra. Jonathan, per completare il proprio perfezionamento filosofico, deve diventare, da studente qual è, un maestro, capace di perdonare e istruire proprio lo Stormo Buonapettito che, tempo prima, l’aveva cacciato. Jonathan applica allora questa legge d’amore come prima applicava esclusivamente quella della ricerca della libertà: egli si rivede nel giovane gabbiano Fletcher Lynd, in cui, come mentore, egli si rivede. Presto altri gabbiani, desiderosi di apprendere le tecniche del volo libero, si aggregano a Jonathan e al suo discepolo. Quando anche Fletcher è giunto al livello di maestro. Jonathan capisce che la sua missione è conclusa e svanisce nel nulla.

 

Spiritualità e postmodernismo

 

Se si legge la dedica dell’autore posta in apertura del romanzo (“Al vero Gabbiano Jonathan che vive nel profondo di tutti noi”) si comprende che il percorso di ricerca del protagonista viene auspicato anche per il lettore. Jonathan Livingston è in effetti una favola a sfondo spirituale, che descrive un percorso di miglioramento interiore attraverso una serie di tappe intermedie. Qui la tradizione del romanzo di formazione viene dunque spostata sul versante spirituale: ciò che importa è la salute dell’anima e il volo del gabbiano è la metafora del distacco dal corpo e dal mondo terrestre per abbracciare una dimensione celeste o comunque metafisica. La novella di Bach è altamente rappresentativa di quel genere di narrazioni spirituali che si sviluppano in America negli anni successivi al boom economico degli anni Cinquanta e che vogliono contrastare gli aspetti più superficiali e materialistici di una società in rapidissimo sviluppo, legata a doppio filo alla diffusione di un consumismo sfrenato cui opporre, nella prospettiva di Bach, i valori metafisici della ricerca di sé, della propria identità, di un valore assoluto cui obbedire a costo di ogni sacrificio. Per il suo racconto spirituale, Bach ha cucito insieme elementi molto diversi tra loro in un generico sincretismo filosofico che ha lasciato molto perplessi i critici ma che ha conquistato più di una generazione di lettori, tanto che Il gabbiano Jonathan Livingston è considerato in libro di cult. In particolare, vale la pena citare quanto è stato scritto da Beverly Byrne in una delle recensioni appena uscita dopo la pubblicazione: “Questo gabbiano è un Siddharta 1 atletico che si fa di latte in polvere e che mastica il Corano tradotto da Bob Dylan”. 2.

Quello che viene polemicamente sottolineato qui è che la pluralità di fonti di ispirazione ­- il buddhismo, l’Islam riveduto e corretto all’americana, i “paradisi artificiali” offerti dalla droga nella sua versione innocua, come indica il riferimento al latte in polvere ­- sono tra di loro filosoficamente incompatibili. Il percorso spirituale del gabbiano finisce per avere in sé, secondo i suoi critici, qualcosa di inautentico e pretestuoso. Probabilmente la verità sta nel fatto che Il gabbiano Jonathan Livingston, come molti romanzi postmoderni, tende ad annullare la distanza storica (e cioè, diacronica) tra esperienze culturali tra loro molto diverse accorpandole in un’unità (sincronica) talvolta molto efficace dal punto di vista narrativo ma che rischia di restare, filosoficamente, ad un livello molto superficiale.

 

Suggerimenti bibliografici

 

Oltre alle opere citate in nota, si veda:

 

R. Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, Milano, Rizzoli, 1973.
R. Ceserani, Raccontare il postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, 2013.
L. Rodler, La favola, Roma, Carocci, 2007.

1 Siddharta è il protagonista dell’omonimo romanzo che lo scrittore tedesco Hermann Hesse pubblicò con enorme successo nel 1922 e che rielabora e narra la storia di Buddha.

2 B. Byrne, Seagullibility and the American Ethos, in Pilgrimage, 1 (1972), pp. 59-60.