Introduzione
Oscar Wilde pubblica il suo racconto Il fantasma di Canterville sulla “Court and society Review” nel 1887 e di nuovo in volume nel 1891, insieme ad altri tre racconti, con il titolo complessivo de Lord Arthur Savile’s crime and other stories. Il breve racconto, dai tratti volutamente fiabeschi, è al contempo frutto e parodia del gusto letterario dell’epoca: diffusissimo era infatti l’apprezzamento per il grottesco e l’orrorifico, che Wilde tratteggia con grande sapienza anche grazie alla sua conoscenza del folcklore d’Irlanda, dove era nato e cresciuto. La visione dell’autore è però profondamente ironica e divertita, in primo luogo rispetto alla corrente artistica e letteraria “nera”, in voga grossomodo dalla pubblicazione di Frankenstein di Mary Shelley nel 1818 fino all’uscita di Dracula di Bram Stoker nel 1897, ultimo grande classico del genere.
La parodia si estende però anche alla società: Wilde tratteggia con pungente sarcasmo sia l’Inghilterra vittoriana, la sua aristocrazia e le sue tradizioni, ma anche il pratico materialismo americano e i suoi eccessi, mettendo così a confronto due stili di vita e due concezioni del mondo opposte, che nel finale lieto trovano una sorta di felice compromesso.
Riassunto
Hiram B. Otis è un ambasciatore americano che decide di comprare l’antica tenuta di Canterville Chase, nella campagna inglese. L’isolata magione è da sempre proprietà della nobile famiglia dei Canterville, costretti però a rinunciare alla casa avita per la presenza di un fantasma che, comparso nel 1584, nel corso degli anni ha terrorizzato svariati membri della famiglia, spesso fino alla follia o alla morte. Otis però è scettico: da buon americano pragmatico e positivista egli crede soltando nel denaro e nella Natura; la presenza di un fantasma, perciò, non lo preoccupa affatto.
Otis si trasferisce dunque nella sua nuova proprietà con la moglie Lucretia, il primogenito Washington, la figlia quindicenne Virginia e i gemelli, soprannominati Stars e Stripes, perché fortemente repubblicani, vero emblema della loro terra d’origine. Con loro resta la vecchia governante dei Canterville, la signora Umney, che non ha potuto accettare l’idea di trasferirsi.
È proprio la signora Umney ad informare i nuovi abitanti dell’omicidio che si è consumato in quella casa nel 1575: sir Simone di Canterville ha infatti ucciso la moglie per le sue scarse doti domestiche. A testimoniare il delitto, sul tappeto del salotto è rimasta una macchia di sangue che, nonostante siano passati secoli, è impossibile lavare. L’uomo era scomparso misteriosamente qualche anno dopo e da quel momento la casa è infestata. Gli Otis, però, sono pratici americani e sono sicuri che basti un po’ di smacchiatore: in effetti, sulle prime la macchia scompare. La notte seguente si presenta il fantasma, con il suo carico di catene cigolanti che svegliano il signor Otis. Ben lungi dall’essere spaventato, tuttavia, l’ambasciatore consiglia allo spettro di oliare le sue catene con l’ottimo lubrificante portato dagli Stati Uniti, cosa che indigna il fantasma. Al mattino la macchia di sangue ricompare.
Nonostante tutti gli sforzi del fantasma, che non è altri che l’omicida sir Simone, far ricomparire la macchia è l’unico inconveniente che egli riesca a procurare agli americani. Per il resto, anche se lo spettro ricompare più volte con aspetto sempre più spaventoso, mettendo in atto tutti i terribili trucchi del proprio repertorio del terrore che mai nei secoli lo avevano tradito ed anzi avevano causato tragedie a non finire, la famiglia resta impassibile ed è anzi divertita dagli “spettacoli” dello spirito del padrone di casa. Soprattutto i due gemelli prendono di mira l’antico proprietario mettendo trappole e facendo scherzi, creando ad esempio un falso fantasma “d’importazione americana”, che riesce a terrorizzare a morte lo stesso Canterville.
Il povero sir Simone è completamente sfiduciato, sempre più malato e insoddisfatto, ed incapace di comprendere come sia potuto cadere dalla gloria del terrore di un tempo alla misera condizione del presente. Dopo numerosi piani e tentativi falliti per terrorizzare la famiglia e ristabilire la propria dignità, il fantasma capisce che l’unica soluzione per convivere con i nuovi proprietari è fare il minor rumore possibile, arrivando persino a utilizzare il lubrificante per le catene per non attirare l’attenzione su di sé le volte in cui, per dovere di fantasma, deve attraversare la tenuta. Dopo un primo periodo in cui nonostante tutto il fantasma continua a subire i trucchi dei gemelli, lo spettro decide di non farsi più vedere.
Un giorno, la giovane Virginia, unica che sia sempre stata restia dal maltrattare l’antico ospite, incontra il fantasma in un salone e resta colpita dal suo aspetto desolato. Gli rivolge dunque la parola. Lo rassicura sul fatto che i gemelli andranno in collegio a breve, consigliandogli di comportarsi bene. Il fantasma non può credere alle sue orecchie, perché sa che gli spettri come lui non possono seguire un comportamento virtuoso, ma sono tenuti a spaventare chiunque si azzardi a entrare nelle loro proprietà. Sir Simone racconta comunque alla ragazzina la propria storia: egli non è mai scomparso, ma è stato rinchiuso in una stanza segreta dai fratelli della moglie uccisa e lì lasciato morire di fame. Il suo cadavere è rimasto così insepolto e il suo spirito è destinato a vagare per i corridoi finché un’anima pura non piangerà sui suoi peccati. Virginia è molto addolorata per il destino del fantasma, che, nonostante i suoi errori da vivo, dopo trecento anni di veglia vorrebbe solo poter dormire per sempre e invoca la morte come un dolce sonno. Virginia decide così di piangere per lui davanti all’Angelo della Morte e accetta di farsi condurre nell’oltretomba per aiutarlo. Il soffitto si spalanca dunque su un mondo misterioso ed inaccessibile. La famiglia Otis si accorge intanto dell’assenza di Virginia, cominciando a temere che sia stata rapita. Dopo un giorno di indagini infruttuose gli Otis e il giovane spasimante di Virginia, il duca di Cheshire, stanno per ritirarsi a dormire in preda all’agitazione, quando con un forte tuono si spalanca un pannello in cima alle scale e ricompare la fanciulla Virginia, molto pallida ma salva. In mano porta uno scrigno.
Virginia racconta quindi di aver aiutato il fantasma, che ora è finalmente trapassato e che, riconoscente per il suo aiuto, le ha donato uno scrigno pieno di gioielli. Ella conduce poi i familiari in una stanza nascosta dietro le pareti, in cui giace uno scheletro incatenato al muro: sono le spoglie di sir Simone. L’antico signore di Canterville viene quindi sepolto con tutti gli onori. Il signor Otis non vorrebbe tenere i gioielli, preoccupato che gli eredi di Canterville si offendano; Lord Canterville però insiste, soprattutto desideroso di non ostacolare la volontà del suo antenato. Il giorno del suo matrimonio con il duca Cecil Virginia indosserà proprio quei gioielli. Nemmeno al marito, però, ella vorrà raccontare quel che è successo nell’oltretomba.
Commento
Il fantasma di Canterville, al di là del finale sentimentale, che presenta chiari accenti patetici, si svolge con una trama lieve e scherzosa che lo rende adatto sia a un pubblico adulto in grado di apprezzarne la fine ironia, sia a dei giovani lettori, più concentrati sul mero svolgimento degli eventi. Il testo, al pari degli altri racconti della raccolta del 1891, nasce da un momento di soddisfazione personale dell’autore che, finalmente, riesce a farsi accettare in quei salotti eleganti a cui tanto aveva aspirato. L’ironia fine e pungente dei circoli altolocati che Wilde frequenta si può riflette tra le pagine del Fantasma di Canterville, in cui l’autore si prende garbatamente gioco delle idiosincrasie dell’alta nobiltà inglese, ma anche di quegli americani così saldamente legati al denaro e al principio dell’utile materiale 1.
Questo contrasto tra il modo di vivere inglese e il controcanto americano è esplicito nel comportamento degli Otis, che, anche quandeo l’evidenza li costringe ad accettare che la tenuta appena comprata sia effettivamente infestata da uno spirito, affrontano la situazione con buonsenso e pragmatismo: il fantasma vive nel maniero da trecento anni, e quindi ha tutto il diritto di restare, ma deve però adattarsi agli obblighi di una convivennza che, alla fine, snatura la sua identità di fantasma. Nel complesso, perciò, il racconto rivela il punto di vista duplice dell’autore, che sembra apprezzare la forza e la decisione moderna degli stranieri, ma ne coglie anche la azione trasformatrice e spesso involontariamente irrispettosa.
Il fantasma, dal canto suo, è l’emblema dei valori fondati sul sangue e sulla nobiltà, oltre che del legame con le antiche tradizioni del cosiddetto “vecchio mondo”, con le sue radicate ed immutabili convinzioni. Sir Simone è infatti abituato a un tipo ben determinato di comportamenti e rapporti sociali, secondo cui gli aristocratici sono temuti e ammirati, e i fantasmi sono terribili anche in virtù dell’autorevolezza di cioò che sono stati in vita. Il fantasma rappresenta la tradizione e le convenzioni prestabilite anche in senso letterario. Il racconto infatti è ricchissimo di riferimenti alla tradizione delle lettere e gioca con le convenzioni di genere. In particolare, sono evidentissimi i riferimenti alle storie dell’orrore e al gusto per il macabro, nelle descrizioni dello spettro o nelle spaventose immagini dell’inquietante oltretomba che si spalanca davanti agli occhi di Virginia. Anche il filone patetico, che domina nel finale con un brusco cambio di registro, rappresenta un chiaro rimando alla tradizione sentimentale e tardoromantica. Benchè sia meno esplicito, non è meno rilevante il riferimento al teatro, costante in tutta la prima parte della narrazione, in cui sir Simone continua a cambiare abbigliamento per incutere maggior timore, ripensando alle gloriose performances del passato e al loro successo.
Il racconto delinea un vero e proprio rovesciamento quando il fantasma-persecutore del passato, a seguito degli scherzi dei gemelli Otis e, più in generale, della ferma volontà della famiglia di vivere in pace, è ridotto alla condizione di vittima, apparendo soltanto un depresso simulacro di una gloria ormai svanita.
Sempre giocando con le convenzioni letterarie, per sciogliere la vicenda Wilde sceglie una sorta di deus ex machina da dramma antico. La giovane Virginia è una ragazza sensibile e soprattutto giovane: non più superficiale e pestifera come i fratelli, ma non ancora cinica e disincantata come i genitori. Soprattutto, la sua percezione è dominata dall’empatia, dall’affetto e dall’amore, sia inteso come afflato verso tutte le creature, sia in senso proprio, grazie al recente incontro col duca che anni dopo diverrà suo marito. Proprio il suo amore, citato in modo esplicito dalla profezia menzionata da sir Simone come chiave imprescindibile per la purificazione dello spirito vagante, favorisce la sua capacità di aprirsi alla comprensione e al perdono.
Il messaggio dell’autore, così, non si riduce ad una giocosa punzecchiatura del mondo contemporaneo e della società upper class, sia essa inglese o americana. Il racconto va considerato anche come una riflessione sulla vita e sulla morte, sulle relazioni e sulla comprensione umana, sulla forza dei sentimenti rispetto alle rigide leggi dell’universo. Le tematiche della colpa e di una condotta morale le cui conseguenze possono riflettersi persino nella morte sono infatti tematiche molto care ad Oscar Wilde, centrali non a caso anche nel suo capolavoro, Il ritratto di Dorian Gray, benché esso sia caratterizzato da toni decisamente più cupi.
1 Wilde, che al tempo della stesura del racconto ha da poco visitato gli Stati Uniti per una serie di conferenze, ha potuto osservare con interesse i costumi degli americani, che sarebbero divenuti lo spunto per i suoi racconti scherzosi e parodici, destinati a suscitare l’ilarità del raffinato pubblico inglese.