Immanuel Kant
Quali sono i limiti e qual'è l'importanza dell'io penso in kant?
il 05 Novembre 2015, da Chiara Renda
Ciao Chiara, l'io penso, anche chiamato "autocoscienza" o "appercezione", è quell'atto di coscienza mediante il quale le rappresentazioni si configurano come proprie del soggetto. Posto questo l'io penso può attuarsi solo attraverso i giudizi, cioè attraverso quei modi che permettono di pensare il molteplice, giudizi che a loro volta dipendono dalle categorie, ovverosia quelle funzioni che permettono l'attività sintetica. Quindi possiamo dire che un oggetto prima di poter essere pensato deve passare attraverso il filtro delle categorie. Insomma, riassumendo tutto questo, possiamo dire che l'io penso è quel centro che permette la sintesi ultima, di carattere formale, che implica la possibilità dell'esperienza. Per comprendere a pieno la portata dell'io penso, però, è meglio se lo contestualizzi all'interno dell'analitica trascendentale e, più in generale, della Critica della ragion pura, altrimenti i termini che ho usato rischiano di sembrare un po' nebulosi. Per quanto riguarda l'analitica trascendentale puoi trovare una video lezione riassuntiva qui, in cui Jacopo Nacci affronta anche il problema dell'io penso: https://library.weschool.com/lezione/critica-della-ragion-pura-kant-sintesi-6601.html Qui invece puoi trovare un video sulla Critica della ragion pura: https://library.weschool.com/lezione/critica-della-ragion-pura-schema-6600.html Ti mando un saluto!