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La caduta del muro di Berlino

Il futuro della Germania e di Berlino dopo la Seconda guerra mondiale viene deciso nelle conferenze di Yalta (4-11 febbraio 1945), tenutasi a guerra non ancora conclusa, e di Potsdam (17 luglio - 2 agosto 1945). Prioritario per URSS, Francia e Gran Bretagna è assicurarsi che la Germania non costituisca più un pericolo per l’Europa intera. La soluzione prevede dunque la divisione in quattro settori di occupazione sia del territorio tedesco , sia della città di Berlino, nonostante questa si trovi nel settore sovietico. 

Negli anni seguenti le dinamiche della Guerra fredda influenzano profondamente la situazione tedesca. Nel 1948 la zona di occupazione francese viene unita a quella statunitense e a quella britannica, nasce un marco tedesco occidentale e si inizia a discutere della creazione di uno stato tedesco occidentale. La situazione preoccupa l’URSS che si oppone alla circolazione del nuovo marco a Berlino, in quanto avrebbe rischiato di rovinare e distruggere la debole moneta sovietica. 

Il 24 giugno del 1948 la reazione sovietica si manifesta nel blocco di ogni collegamento tra le zone occidentali di occupazione e Berlino ovest: l’intera città si trova infatti in zona sovietica e tra le potenze occupanti non è mai stato certificato il diritto di collegamento tra l’esterno e Berlino Ovest. In tutta risposta le tre potenze rivali organizzano un gigantesco ponte aereo che rifornisce la città, riuscendo così ad eludere il blocco russo che durerà fino al maggio del 1949. Questo momento, oltre ad essere particolarmente significativo per la storia della città tedesca, segna una delle prime crisi della Guerra fredda: la Germania e Berlino, trasformatesi in terre di confine, vivranno quotidianamente in questi anni lo scontro ideologico e politico che divide il mondo in due. 


Mentre con la fine del blocco nascono anche le due entità statuali della Germania Est e della Germania Ovest, l’amministrazione comunale di Berlino è già separata, anche se per ora gli abitanti sono liberi di circolare per l’intera città. Proprio la libertà di circolazione inizia ad essere un problema per i sovietici: Berlino Ovest rappresenta una vetrina delle tentazioni del capitalismo, ancor più affascinante se confrontato direttamente con la grigia condizione di Berlino Est, dove stili e tenori di vita sono conformi ai dettami della politica comunista. La prospettiva di libertà e ricchezza che la Germania Ovest offre spinge infatti molti cittadini dell’Est alla fuga verso l’Occidente; a ciò s’aggiunga il fatto che la Germania Est, che aveva ottenuto la piena indipendenza politica dall’URSS nel 1955, è infastidita dal non essere riconosciuta come Stato dalle potenze occidentali. Questa serie di fattori spinge Krusciov a dettare un ultimatum alle potenze occidentali occupanti: il 27 novembre 1958 il leader russo rivendica la fine dell’occupazione alleata di Berlino Ovest e la trasformazione di questa in una città libera smilitarizzata il cui accesso è garantito dalle quattro potenze. Le potenze alleate però respingono fermamente l’ultimatum. 

Si cerca allora una soluzione negoziale tramite incontri a Ginevra e successivamente con una visita di Krusciov negli USA. La situazione però precipita improvvisamente quando l’URSS abbatte un aereo spia americano (un U-2) sul proprio territorio 1

La condizione di Berlino viene quindi affrontata di nuovo a metà del 1961 in un incontro tra il presidente americano Kennedy (che nel frattempo sta aumentando i suoi contingenti militari in Europa) e Krusciov, che però non apporta cambiamenti significativi nei rapporti tra le potenze. Intanto il numero di coloro che dalla Germania dell’Est si recano a Berlino Ovest per poi da qui fuggire nella Repubblica Federale Tedesca aumenta di giorno in giorno: l’unico modo per bloccare il flusso è rendere più difficile, se non addirittura impossibile, l’accesso al settore occidentale di Berlino. 

È a questo scopo che la mattina del 13 agosto del 1961 la polizia della Germania Est tende filo spinato intorno a tutto il settore occidentale della città, dando il via alla costruzione della barriera che la dividerà per anni. Nei giorni successivi, con la costruzione di un vero e proprio muro in cemento, tutti i passaggi tra i due settori di Berlino vengono chiusi, ad eccezione di alcuni checkpoint. Gli Stati Uniti faticano a rispondere a tale misura: i rapporti tra Est e Ovest sono ormai compromessi ma rischiare una nuova guerra è fuori discussione. Kennedy decide quindi di inviare il generale Lucius Clay, che aveva organizzato il ponte aereo del 1948-1949, affinché rassicuri i berlinesi dell’ovest con la sua presenza. L’atteggiamento aggressivo di Clay, che vuole affermare il diritto delle forze militari alleate ad entrare nel territorio di Berlino Est, porta ad uno scontro diretto tra le unità statunitensi e sovietiche presso il Checkpoint Charlie, che divide il settore sotto il controllo USA da Berlino Est. La situazione di stallo momentaneo risolta solo dal ritiro delle forze dell’Est dalla contesa. Dal punto di vista delle grandi potenze questa soluzione pone fine ad una situazione di continua pressione da parte delle rispettive zone di occupazione tedesca; sia americani sia i sovietici non intendono poi scatenare un conflitto mondiale per la sola città di Berlino. Questo atteggiamento indispettisce i governanti della Germania Ovest, mentre gli omologhi dell’Est possono dirsi soddisfatti per una soluzione che di fatto ferma l’emorragia costituita dalla continua fuga dei propri cittadini verso una vita migliore in occidente. 

Per gli abitanti di Berlino la costruzione del muro rappresenta invece una grande tragedia: intere famiglievengono divise da un giorno all’altro, innamorati e amici si trovano improvvisamente senza alcuna possibilità di rivedersi, mentre i tentativi di fuga verso occidente continuano, con il risultato che molte persone trovano la morte provando a superare la barriera. Il muro di Berlino diviene il simbolo della tragica divisione del mondo in due blocchi contrapposti. È in questa città ferita che Kennedy pronuncia nel 1963 il suo celebre discorso

Oggi, nel mondo libero, l'orgoglio più grande è dire “Ich bin ein Berliner”. […)] Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole “Ich bin ein Berliner!”. 

Il muro di Berlino, proprio in quanto simbolo della Guerra fredda, cade nel momento in cui uno dei due grandi attori politici, l’URSS, si sta sfaldando. La politica di Gorbaciov sostiene la libertà di scelta per i cittadini, favorendo così i cambiamenti politici all’interno degli stati satellite. In questo quadro l’Ungheria fa il primo passo verso l’abbattimento della “cortina di ferro” nell’agosto del 1989, aprendo le frontiere con l’Austria. Da questo momento un gran numero di tedeschi dell’est passano dall’Ungheria per fuggire in Occidente. 

La situazione nella Repubblica Democratica Tedesca è molto tesa: si susseguono manifestazioni antigovernative in varie città (in particolare a Lipsia) mentre l’establishment si occupa imperterrito dei festeggiamenti per i quarant’anni della nascita della nazione. Il malcontento popolare però cresce fino ad ottenere le dimissioni del presidente Honecker; il neo eletto Krenz, non riuscendo a reggere una pressione popolare ormai fortissima, decide di aprire i checkpoint lungo il muro. I cittadini di Berlino Est si assiepano alle frontiere per poter passare in Occidente, mentre i berlinesi dell’ovest si radunano per accoglierli. La folla assiepata prende coraggio e ha il sopravvento sulle poche guardie presenti: il muro viene attraversato, scavalcato e preso a picconate. È la sera del 9 novembre 1989, la caduta del muro di Berlino segna la fine di un’epoca. Un anno dopo, il 3 ottobre del 1990, la Germania è finalmente riunita.

1 In realtà la presenza di aerei spia americani era già nota da tempo ai sovietici, ma l’abbattimento fortuito di uno di questi si rivelò un’ottima arma propagandistica, anche per far tacere il dissenso interno contro i negoziati pacifici.