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Mussolini e l'inizio del Ventennio: dalla legge Acerbo al delitto Matteotti
I provvedimenti del primo governo Mussolini (novembre 1922 – 6 aprile 1924)
Dopo la legittimazione ottenuta dalle forze parlamentari moderate e conservatrici e dall’investitura ufficiale del Re, l'esecutivo avvia l’attività legislativa. In questa prima fase il governo è composto da esponenti di diversi partiti, non solo del Partito Nazionale Fascista, e attua diverse strategie per avviare la piena fascistizzazione della società e dello Stato.
Vediamole brevemente:
Istituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), col tentativo di inquadrare le Camicie nere e lo squadrismo in un corpo ufficiale e legale, parallelo a polizia ed esercito, per favorire l’inserimento dell’estremismo fascista negli apparati di sicurezza statali, e così normalizzarlo; inoltre, inizia la sostituzione di prefetti e funzionari addetti all’ordine pubblico con elementi vicini a Mussolini (per quanto molti di loro si fossero già dimostrati tali). Provvedimenti contro la libertà di stampa: sono il preludio al futuro asservimento di giornali, cinegiornali e programmi radiofonici alla propaganda di regime; in questa prima fase il governo, tramite i prefetti, acquisisce la facoltà di controllare, ed eventualmente reprimere, gli organi di stampa critici e d’opposizione. Destituzione dei sindacati social-comunisti o vicini al Partito popolare e la loro progressiva sostituzione con il sindacalismo fascista rappresentato dalle corporazioni: a tal scopo viene firmato il patto di Palazzo Chigi (dicembre ’23), tra la Confederazione generale dell’industria italiana (ovvero l’associazione di industriali e imprenditori) e la Confederazione delle corporazioni fasciste. Questo accordo aveva il fine di privilegiare, e poi riconoscere ufficialmente, solo le organizzazioni vicine a Mussolini e al Partito Nazionale Fascista nelle trattative sui provvedimenti economici.
Un evento importante dal punto di vista ideologico è l’ingresso ufficiale delle organizzazioni e del movimento nazionalista all’interno del Partito Nazionale Fascista, con importanti effetti sul piano ideologico e dal punto di vista della legittimità culturale del fascismo (avendo i nazionalisti molti intellettuali tra le loro fila). In tutta questa fase non bisogna dimenticare che le violenze squadriste, i pestaggi degli oppositori, gli assalti alle sedi di partiti, sindacati e giornali d’opposizione sono all’ordine del giorno. E’ in questo clima di violenze che si giunge alle elezioni politiche del 6 aprile 1924.
Le elezioni del 6 aprile 1924: violenza pre elettorale, violenza post-elettorale
Uno dei primi provvedimenti presi dal governo fu l’adozione di una nuova legge elettorale, la legge Acerbo, la quale prevedeva un consistente premio di maggioranza (circa 2/3 dei seggi) alla lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti. Questa nuova legge, unita alle violenze e alla “vigilanza” armata degli squadristi ai seggi, determina una composizione fortemente falsata del parlamento. Il risultato è netto: i due “listoni nazionali” fascisti ottengono oltre il 64% dei voti, rendendo irrilevante qualsiasi altra forza politica. Può nascere quindi un governo interamente fascista. Le elezioni del 6 aprile rappresentano anche un momento importante nella diffusione del fascismo in Italia: nel Nord, dove era nato e si era sviluppato, si consolida la presenza del fascismo che però ha di fronte ancora un’opposizione combattiva; nel Sud, invece, dove il fascismo era ancora un movimento pressoché sconosciuto, l’adunata di Napoli in occasione del voto avvia una rapida diffusione del consenso nei suoi confronti.
Le violenze, nonostante le dichiarazioni di normalizzazione dell’estremismo fascista, proseguono però anche dopo il voto soprattutto nel Settentrione, a scopo punitivo e intimidatorio, nelle zone dove il risultato dei Listoni è stato più basso.
La denuncia di Matteotti e la primi crisi fascista (30 maggio 1924 – 3 gennaio 1925)
Alla riapertura del parlamento, il 30 maggio 1924, il deputato socialista Giacomo Matteotti pronuncia un duro discorso di denuncia delle violenze e dei brogli in cui si sono svolte le elezioni del 6 aprile, al termine del quale pronuncerà l'emblematica frase “Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora, a voi preparare il discorso funebre per me.” La stampa e la propaganda fascista reagiscono con minacce e intimidazioni nei confronti di Matteotti, attorno a cui nel frattempo si era schierata l’opposizione parlamentare e l’opinione pubblica di sinistra; il culmine è il rapimento e la scomparsa del deputato socialista il 10 giugno. Il caso Matteotti suscita una reazione molto forte nel paese. Mano a mano che proseguono le indagini si evidenziano le connessioni tra la scomparsa del deputato, di cui è sempre più certa la morte, e l’attività squadrista che persevera con le aggressioni agli oppositori politici. L'opinione pubblica è sdegnata: se fino a questo momento l'opposizione al fascismo è stata portata avanti in prevalenza dalle forze di sinistra, ora anche esponenti liberali e conservatori moderati avviano una campagna di denuncia nei confronti delle violenze fasciste. In ambito politico alcune di queste forze si costituiscono nella formazione “Unione nazionale delle forze liberali e democratiche” e le opposizioni si compattano temporaneamente costituendo un comitato unico che prenderà il nome di Aventino: si denuncia la protezione di polizia e magistratura nei confronti delle camicie nere, i finanziamenti degli industriali e degli agrari alla squadracce fasciste, e si apre un processo contro i responsabili del sequestro, individuati grazie ad alcuni testimoni
Contemporaneamente in parlamento i voti di fiducia al governo ottengono maggioranze sempre più ridotte, minandone la stabilità e segnalando anche la presenza di una frattura interna al movimento fascista. Il ritrovamento il 16 agosto della salma di Matteotti contribuisce a tirare un’altra spallata all'esecutivo Mussolini. Nonostante questa situazione le opposizioni non riescono a trovare una linea unitaria, tanto che i comunisti escono dall'Aventino quando il comitato unitario decide di boicottare il governo, disertando le sedute del parlamento, e falliscono anche nel tentativo di organizzare una risposta di massa nel paese. L'estendersi dell'estremismo fascista che continua a essere supportato dal re e dai vertici militari di stretta osservanza monarchica, si trova di fronte solo l'opposizione di socialisti e comunisti, dimostrando a Mussolini e ai suoi la sostanziale inconsistenza degli oppositori.
Il discorso del 3 gennaio 1925 e l’avvio del passaggio dal governo Mussolini al regime fascista (3 gennaio 1925)
Superata la crisi iniziale con una vasta manovra intimidatoria verso il parlamento, Mussolini si presenta alla Camera, il 3 gennaio 1925, assumendosi pubblicamente la responsabilità politica, morale e storica di tutto l’operato del fascismo fino a quel momento, e ammettendo quindi implicitamente anche il suo coinvolgimento nel delitto Matteotti. Il discorso resta uno spartiacque tra la prima fase del movimento fascista e la seconda: sbaragliate le opposizioni, consolidato il suo controllo nelle istituzioni e rafforzato da adunate di piazza sempre più consistenti, Mussolini può avviare la piena fascistizzazione della società e dello Stato. E’ qui che si verifica il passaggio storico dal governo del Pnf al regime fascista.