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La guerra di Crimea: riassunto

Introduzione 

 
Il conflitto che, dal 1853 al 1856, oppone l’Impero russo a una coalizione formata da Francia, Inghilterra, Turchia e Regno di Sardegna è, dal punto di vista geopolitico, uno scontro regionale per il possesso di limitate porzioni di territorio. La sua importanza tuttavia dipende non solo dall’ingente tributo di sangue che, in relazione alle altre guerre dell’epoca, ha finito per esigere, ma anche dalle sue conseguenze politiche sia in generale a livello europeo sia per quanto riguarda il processo che condurrà all’Unità d’Italia 1

Gli schieramenti e la dichiarazione di guerra 

 
Il casus belli, capace di contrapporre tra loro le maggiori potenze europee (che non si affrontavano direttamente dalla fine delle guerre napoleoniche), risponde a ragioni di prestigio e, in particolare, alla necessità di Francia e Russia di mostrarsi, all’interno come all’esterno, come i campioni della difesa del cristianesimo. Lo scontro tra Napoleone III e lo zar Nicola I inizia come una disputa tra monaci cattolici da una parte e ortodossi dall’altra per il controllo e la gestione dei luoghi santi della cristianità in Palestina (quindi sul territorio dell’Impero Ottomano). Entrambi i sovrani hanno bisogno di rassicurare le rispettive opinioni pubbliche interne, in particolare le componenti religiose, ed iniziano una prova di forza destinata a concludersi nel 1852 quando una flotta francese, minacciando direttamente il Sultano, costringe quest’ultimo ad acconsentire in toto alle richieste del gabinetto di Parigi. In risposta ad un simile gesto, le truppe zariste invadono i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, sudditi della Sublime Porta, aprendo definitivamente la strada alla crisi internazionale, destinata a coinvolgere rapidamente le altre potenze del continente. Da un lato l’Inghilterra interviene subito in sostegno di Napoleone III mentre dall’altro Austria e Prussia (sul cui appoggio conta, evidentemente, Nicola I) assumono un atteggiamento ondivago e dilatorio evitando di partecipare alla disputa 2. La prima vittima del conflitto, dunque, è la Santa Alleanza e l’unione tra le forze legittimiste nata al congresso di Vienna. Francia e Inghilterra reagiscono all’invasione russa inviando le proprie flotte a Costantinopoli e il Sultano, sentendosi protetto dai due imperi occidentali, rompe gli indugi e dichiara guerra alla corte di Pietroburgo. 

Una “crociata russa” o una guerra dettata da ragioni economiche? 

 
Se le ragioni di prestigio e di difesa della fede costituiscono la ragione episodica dello scoppio delle ostilità, esse non servono tuttavia a spiegare come mai una questione tutto sommato secondaria abbia portato a un conflitto di queste dimensioni né, soprattutto, perché una potenza come l’Inghilterra - certamente non interessata alla difesa ed al controllo dei luoghi santi - abbia deciso di prendere le armi contro l’Impero Russo. Altre ragioni infatti, e ben più prosaiche della supremazia nella difesa della fede, muovono tutte le cancellerie: l’Impero Ottomano è vastissimo ma in profonda decadenza politica e militare, tanto che nelle cancellerie europee ci si riferisce a esso - con un’espressione forse esagerata - come “il grande malato”. La Russia vuole approfittare di questa situazione e, col pretesto dei luoghi santi, vuole ottenere una sorta di protettorato sul governo del Sultano, il che le garantirebbe un definitivo controllo sul Bosforo e sui Dardanelli e l’accesso al Mediterraneo, secolare ambizione dell’impero zarista 3. Per ragioni esattamente simmetriche, Francia e Inghilterra non vogliono rinunciare al controllo che già riescono a esercitare sulla Sublime Porta e, soprattutto, non vogliono un nuovo concorrente nella gestione dei traffici mediterraneiNapoleone III, d’altro canto, oltre alla necessità di garantirsi il favore dei cattolici francesi per il sistema plebiscitario che lo mantiene al potere, reputa che una breve spedizione vittoriosa in Oriente aumenterebbe il prestigio di cui gode: il ministero francese quindi non si adopera quindi particolarmente per evitare il conflitto. 

Le operazioni militari 

 
Le primissime fasi della guerra tra le potenze si svolgono in uno scenario geograficamente lontano dalla penisola di Crimea. Infatti le forze russe entrano in Moldavia e Valacchia minacciando anche la Bulgaria settentrionale (anch’essa provincia ottomana) mentre le flotte alleate, dopo aver rassicurato il governo ottomano con la loro presenza sul Bosforo, entrano nel Mar di Marmara nel gennaio 1854. All’offensiva militare si accompagna quella politica e i gabinetti di Francia e Inghilterra intavolano trattative multilaterali con Austria, Prussia e Svezia per una coalizione in grado di limitare le pretese di espansione marittima di San Pietroburgo. La partecipazione asburgica a tali incontri è particolarmente importante poiché la pressione esercitata dall’Austria induce lo stato maggiore russo a decidere di abbandonare completamente lo scacchiere balcanico per limitare il proprio campo di operazioni alla penisola di Crimea, destinata a essere il teatro principale del conflitto che ne prenderà il nome 4
Sarebbe tuttavia un errore pensare che la ritirata russa sia determinata unicamente dal “tradimento” austriaco poiché, ancora una volta, le ragioni dell’arresto dell’iniziale aggressività zarista sono da ricercarsi nelle differenze tecnologiche e di sviluppo militare tra i due contendenti. La flotta zarista infatti, benché oggetto di gran parte del bilancio militare dell’impero, è ancora costituita di pesanti velieri in legno, mentre le flotte alleate sono quelle dei due più grandi imperi coloniali dell’epoca e possono vantare non solo navi a vapore, ma anche i primi prototipi di corazzate, con lastre di ferro a proteggere gli scafi durante i combattimenti. Anche per quanto riguarda le armi da fuoco l’esercito russo si trova in netto svantaggio, con cannoni a canna liscia e vecchi fucili ad avancarica, contro i dispositivi molto più moderni dei nemici. Sul piano logistico, infine, lo stato maggiore zarista si trova a gestire un esercito dislocato sull’enorme estensione dell’impero, senza che una rete ferroviaria efficiente possa trasportare le truppe e senza poter usare il telegrafo per le comunicazioni 5.  

Dati questi fattori, appare evidente che, dopo una prima fase “aggressiva” (durante la quale Nicola I sperava che il Sultano sarebbe giunto a più miti consigli prima dell’intervento di Londra e Parigi), la Russia possa sperare solo in una guerra di posizione, schierando le proprie forze a difesa della Crimea. Il compito è, ovviamente, reso più difficile dalle forze anglofrancesi che, sfruttando appunto la maggiore velocità delle proprie flotte, attaccano le città costiere russe sul Baltico, sul Mar Bianco e perfino sul Pacifico, impedendo allo stato maggiore nemico di concentrare tutte le proprie forze su un solo fronte. A partire dall’estate 1854, la strategia degli alleati prevede uno sbarco in Crimea per puntare ai numerosi depositi militari russi presenti nella penisola, attaccando in seguito le unità navali del Mar Nero. I primi 50.000 soldati alleati giungono in vista di Sebastopoli, la grande fortezza russa della zona, tra l’aprile e il maggio del 1854. Più che i combattimenti e le operazioni d’assedio, a falcidiare le fila degli attaccanti è un’epidemia di colera che, secondo alcuni calcoli, avrebbe ucciso circa il 30% dell’intero contingente occidentale. 

L’entrata in guerra del Regno di Sardegna 

 
L’alleanza diplomatica tra Francia e Austria, che aveva preso forma nei mesi iniziali della guerra, aveva profondamente preoccupato Camillo Benso Conte di Cavour che contava proprio sull’aiuto di Napoleone III per l’espansione del regno nella pianura padana ai danni dei possedimenti asburgici. Sia la Francia sia l’Inghilterra, inoltre, avevano rassicurato Vienna sul fatto che non avrebbero consentito alcun colpo di mano dell’esercito sardo in Lombardia mentre le truppe austriache erano occupate in Valacchia e Moldavia. Per rompere questo pericoloso asse diplomatico e per presentare la questione italiana in un consesso internazionale vantaggioso, Cavour decide di entrare direttamente in guerra al fianco degli alleati, nonostante l’opposizione di un’opinione pubblica contraria a un’avventura militare completamente estranea agli interessi sabaudi. L’intervento sardo, oltretutto, è direttamente sollecitato dal governo di Londra, segretamente preoccupato dell’impegno francese in Crimea e delle conseguenti pretese che Napoleone III avrebbe potuto accampare una volta al tavolo delle trattative di pace. Il corpo di spedizione di bersaglieri 6 inviati dal governo di Torino arriva dunque in Crimea nel maggio 1855 guidato dal generale Alfonso La Marmora. La Marmora porta con sé il fratello Alessandro, creatore del nuovo corpo mobile dell’esercito sabaudo, destinato a morire di colera appena giunto in vista di Sebastopoli. 

La fine dei combattimenti e la pace di Parigi 

 
Le truppe inglesi, francesi e sarde non riescono a fiaccare la resistenza russa nemmeno dopo la caduta di Sebastopoli, che aveva resistito all’assedio per ben trecentottantanove giorni. Si viene così a creare una situazione di stallo in cui l’esercito dello zar, pur non essendo sconfitto, non riesce a passare al contrattacco mentre i suoi nemici, pur in posizione di vantaggio, non riescono a sferrare l’attacco finale perché fiaccati dalla disorganizzazione e dalle malattie. Lo stesso sovrano russo trova la morte a seguito di una polmonite, degenerazione di un raffreddore preso e non curato mentre seguiva le operazioni delle proprie truppe in Crimea. A sbloccare la situazione facendo definitivamente crollare la resistenza russa sono due eventi concomitanti: l’ultimatum dell’Austria, che minaccia di scendere in guerra al fianco degli alleati e, contemporaneamente, una serie di rivolte contadine in tutto l’Impero russo, provocate dall’esasperazione per lo sforzo bellico e per la leva obbligatoria. 

 
Tocca quindi al nuovo zar, Alessandro II, chiedere la resa e partecipare ai colloqui di pace tra le potenze a Parigi nel febbraio 1856. Tanto l’Inghilterra che l’Austria chiedono delle condizioni particolarmente punitive nei confronti della Russia: la prima pretende il distacco del Caucaso dall’Impero ed il divieto di possedere una flotta militare sia nel Baltico che nel Mar Nero, la seconda domanda che le siano cedute la Valacchia, la Moldavia e la Bessarabia meridionale. A prevalere è tuttavia la linea del governo francese, portata avanti dal ministro degli affari esteri Alexandre Walewski[/fn]Figlio naturale di Napoleone Bonaparte e della nobildonna polacca Maria Walewska.[/fn], più moderata e tendente alla conciliazione: la Russia deve garantire l’integrità territoriale dell’Impero ottomano, Moldavia e Valacchia restano formalmente sotto l’autorità del Sultano ma sotto un protettorato congiunto di tutte le potenze vincitrici. La navigazione sul Danubio è resa libera e, a questo scopo, la Bessarabia viene staccata dall’Impero Russo. La questione centrale che aveva determinato il conflitto, cioè l’agibilità del Mar Nero, viene risolta rendendo lo specchio d’acqua neutrale; in tempo di pace sarà consentito di attraversare il Bosforo e i Dardanelli solo alla flotta turca. Il Regno di Sardegna, pur non guadagnando ovviamente alcun territorio, ottiene un significativo vantaggio politico e diplomatico, poiché i diciottomila bersaglieri mandati a combattere a Sebastopoli consentono a Cavour di porre su solide basi l’alleanza con la Francia imperiale, che si rivelerà poi determinante per la Seconda guerra d’indipendenza

1 Questo conflitto viene comunemente chiamato “guerra di Crimea” dalla tradizione storiografica in tutte le lingue, riferendosi alla penisola nella quale si svolse la maggior parte delle operazioni. Nei documenti dell’epoca è spesso designata come “Guerra d’Oriente”, formulazione poi caduta in disuso perché troppo vaga e non immediatamente evocativa di quel preciso conflitto.

2 Visti i legami di parentela che legavano gli Asburgo-Lorena e i Romanov, il mancato aiuto austriaco durante la guerra di Crimea aprirà una frattura personale oltre che politica tra le due dinastie. Un aneddoto non verificabile ma estremamente diffuso vuole che Nicola I, preso dall’ira per l’opportunismo e la pavidità del cugino, decidesse di togliere il ritratto di quest’ultimo dal proprio studio per regalarlo a uno dei suoi servi. A ciò si aggiunga che la Russia aveva fornito valido aiuto all’Austria nella repressione della rivolta ungherese del 1848; Nicola I si aspettava per questo un gesto di gratitudine da parte di Francesco Giuseppe.

3 Benché le vere ragioni alla base del conflitto siano quelle relative all’accesso al Mediterraneo, la propaganda zarista insiste su quelle di natura religiosa; anche per questo la sconfitta è destinata a lasciare tracce profonde nella memoria russa, che ha vissuto la guerra come un “tradimento” da parte di altri cristiani che, per opportunismo, si sono alleati con la Turchia musulmana ai danni della “Terza Roma”, malgrado la “santità” delle ragioni di questa.

4 Con un’ironia che deve essere apparsa amarissima agli occhi di Nicola I, oltretutto, sono proprio le truppe di Francesco Giuseppe, che formalmente non sono in guerra con la Russia, a occupare Moldavia e Valacchia con il consenso della Turchia.

5 Gli elementi di modernità della guerra e le nuove possibilità offerte dal giornalismo di guerra, che per la prima volta si serve massicciamente di inviati sul campo e di fotografie a corredo degli articoli, sono destinati a colpire l’immaginario del pubblico europeo e russo. In particolare, l’episodio della carica, durante la battaglia di Balaklava, di una brigata di cavalleria leggera mandata praticamente al suicidio contro le inespugnabili postazioni russe, a causa di incomprensioni e gelosie tra gli ufficiali, fornirà al poeta Alfred Tennyson la materia per il suo poema The charge of the light brigade. Sul fronte opposto, lo scrittore russo Lev Tolstoj, con la raccolta dei Racconti di Sebastopoli, analizza l’assurdità e la natura disumana e illogica di ogni guerra, ma anche il dolore di un paese sconfitto e umiliato.

6 Il contingente viene impegnato sul campo durante la battaglia della Cernaia, subendo in totale ventitré perdite durante il combattimento. Di molto maggiore è però il numero di soldati morti per il colera e la dissenteria.