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“I miserabili” di Victor Hugo: riassunto e commento

Introduzione

 

Victor Hugo (1802-1885) pubblica I Miserabili, una delle sue opere più celebri, nel 1862.

Il romanzo, che ottiene fin da subito un enorme successo, diviene ben presto una delle opere letterarie piu celebri del XIX secolo, rielaborata in molte versioni cinematografiche e televisive.

Il romanzo segue le avventure di una serie di personaggi che, per nascita o per sventura, fanno parte di quella classe sociale disgraziata e oppressa che popolava la Francia, e in particolare i vincoli della capitale parigina nei primi decenni dell’Ottocento: “i miserabili”, appunto. L’affresco sociale di Hugo, già presente in Notre-Dame de Paris (1831), si unisce al quadro storico della Francia del tempo: la narrazione copre infatti un periodo che va dal 1815 al 1833: così, accanto alle vicende personali dei personaggi, che si caratterizzano per una profonda riflessione etica e morale, Hugo innalza a protagonista indiscussa del proprio libro la Storia. Alle vicende personali di Jean Valjean, Javert e Colette si intersecano così i grandi eventi che scuotono la Francia dopo la Rivoluzione francese: dalla celeberrima battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) all’instaurazione della Monarchia di Luglio, fino ai moti del 1832.

L’opera, davvero monumentale, è divisa in cinque tomi (Fantine, Cosette, Marius, L’idillio di Rue Plumet e l’epopea di Rue St. Denis, Jean Valjean).

 

Riassunto

 

Il romanzo si apre con il vescovo di Digne 1, Monsignor Myriel, che dopo una serie di sventure patite durante la Rivoluzione francese, si è rivolto completamente alle opere di carità. Da lui giunge Jean Valjean, un galeotto di circa quarantasei anni appena uscito dal bagno penale di Tolone, dove ha subito una durissima condanna per aver rubato un tozzo di pane per sfamare la sorella e i nipoti, pena poi resa più lunga e più aspra da una serie di tentativi di evasione andati a male.

Jean Valjean, disprezzato da tutti in quanto ex carcerato, inizialmente approfitta dell’ospitalità del vescovo e ruba alcune posate d’argento dalla casa dell’uomo. Quando due poliziotti lo trovano e riportano dal vescovo, questi, dall’alto del suo spirito caritatevole e cristiano, finge di essere stato lui stesso a dargli in dono gli oggetti di cui si era impadronito e, anzi, aggiunge al bottino due candelabri, che diventeranno un simbolo per tutta l’esistenza di Valjean. Il protagonista è fortemente turbato dal gesto del vescovo: quando, nella medesima notte, ruba una moneta a un bambino, il senso di colpa per il suo gesto meschino e la carità ricevuta da Myriel innescano una profonda crisi di coscienza, in seguito della quale Jean Valjean decide di impiegare in maniera utile tanta fortuna, diventando una persona rispettabile. Jean Valjean si stabilisce così a Montreuil-sur-mer 2, dove, assumendo l’identità di Monsieur Madeleine, fonda un’industria di bigiotteria e diventa sempre più popolare grazie alla sua attenzione per i poveri e alla saggezza con cui amministra i propri affari, fino a venir eletto sindaco di Montreuil. L’unico a non avere in simpatia Monsieur Madeleine è l’ispettore di polizia Javert, in precedenza in servizio al carcere di Tolone, a cui la faccia del sindaco non è nuova, sebbene non sappia ancora collegarla al suo passato.

La narrazione degli eventi si sposta al 1823, quando entra in scena Fantine, una giovane operaia delle fabbriche di Madeleine, licenziata dai suoi superiori in seguito alla scoperta di una figlia avuta fuori dal matrimonio e affidata ai Thénardier, famiglia di locandieri di Montfermeil 3 a cui, da cinque anni, la donna manda i soldi per il mantenimento della piccola. Fantine, disperata e senza soldi, si dà alla prostituzione, ma viene arrestata e imprigionata da Javert per aver aggredito un aristocratico che voleva approfittarsi di lei. Venuto a conoscenza della vicenda, Jean libera Fantine, gravemente malata, e la affida a buone cure in attesa di riportare a casa anche la figlia, di nome Cosette.

Al protagonista giunge poi una notizia che potrebbe cambiare la sua vita, ovvero quella dell’arresto del presunto ricercato Jean Valjean per i furti di cui si era macchiato uscito dal carcere. Pur sapendo che ciò potrebbe garantirgli la libertà e la tranquillità per il resto dei suoi giorni, Valjean non può accettare che un innocente vada incontro a un’ingiusta pena (nella fattispecie, il carcere a vita), e quindi si reca ad Arras, sede del processo, e si autodenuncia al giudice.

Jean Valjean torna quindi da Fantine, ormai in punto di morte, e le promette di trovare sua figlia. Viene quindi arrestato da Javert ma evade e riesce a far credere di essere morto. Una volta a Montfermeil, Jean Valjean si reca alla locanda dei Thénadier, per scoprire che la bambina vive come una serva, sfruttata ed umiliata quotidianamente dai malvagi coniugi. Valjean paga quindi i locandieri per poter prendere con sé la bambina e crescerla come sua figlia vicino a Parigi. Per i due però non c’è pace: infatti Javert è nuovamente alle calcagna di Jean Valjean, che è costretto a trovare riparo per sé e per Cosette in un convento di Parigi, a cui può accedere grazie al giardiniere Fauchelevent, cittadino di Montreuil che gli doveva la vita. Qui Jean Valjean assume i panni del fratello di questo, chiamandosi Ultime Fauchelevent, e cresce Cosette così come aveva promesso alla madre.

Passano altri sei anni; nel 1829 Cosette ha ormai quattordici anni  e Jean pensa di essere abbastanza sicuro per poter vivere nuovamente all’esterno del convento. I due si trasferiscono così in Rue Plumet, dove vivono grazie alle ricchezze accumulate da Valjean a Montreuil e nascoste sotto un albero del bosco di Montfermeil. Cosette, durante una delle molte gite con Valjen ai Giardini del Lussemburgo 4, nota - e viene notata a sua volta - un giovane, Marius Pontmercy, figlio di un ufficiale di Napoleone che in letto di morte gli ha chiesto di trovare un uomo di nome Thénardier che gli aveva salvato la vita a Waterloo 5. Marius, all’ignaro della vera indole di Thénardier, dopo una vita trascorsa con un nonno monarchico che lo ha poi diseredato, ha abbracciato gli ideali paterni proclamandosi fervente repubblicano. Marius e Cosette cominciano così uno scambio di sguardi e lettere e si amano profondamente a distanza. Nel frattempo, i Thénardier, dopo il fallimento della locanda, si trovano anch’essi a Parigi a capo di un gruppo di banditi. Thénardier, riconoscendo Valjean, prova a derubarlo, ma Marius sventa il piano criminale e, mentre sopraggiunge lo spietato Javert, Jean riesce a fuggire nuovamente. Inoltre Marius frequenta la figlia di Thénardier, Éponine; a insaputa di Jean Valjean è proprio Éponine a sventare la trappola ordita dal padre, dato che la ragazza, innamorata di Marius e pur sapendo che il suo amore non è corrisposto,è pronta a tutto per salvare il giovane, che in quel momento abita nella stanza accanto ai Thénardier. Con Éponine, Marius fa inoltre parte di un gruppo di repubblicani rivoluzionari capeggiati dal bellissimo e carismatico Enjolras.

Intanto Valjean, resosi conto del pericolo che incombe su di lui e soprattutto su Cosette, decide di partire per l’Inghilterra; Marius, distrutto dal dolore, è determinato a suicidarsi per soffocare il dolore del proprio amore infelice, e si lancia con i compagni sulle barricate degli scontri scoppiati nel giugno del 1832 tra gli insorti e le truppe del re Luigi Filippo durante i funerali del generale bonapartista Jean Maxilien Lamarque (1770-1832). Tra questi c’è anche il piccolo Gavroche, figlio disprezzato dei Thénardier che vive come un monello di strada nei vicoli di Parigi, che combatte al fianco dei compagni più adulti. A lui Marius affida un messaggio da recapitare a Cosette, ma la lettera viene intercettata da Jean, che scopre così la relazione clandestina tra la figlia adottiva e il giovane Marius.

Il protagonista, seppur sconvolto, fa prevalere ancora una volta il proprio spirito altruista; egli si reca alle barricate per scongiurare il gesto estremo del ragazzo. Nel grande caos della battaglia, Valjean scopre che Javert è stato catturati dai rivoluzionari ed è stato condannato a morte; avendo compassione per suo vecchio persecutore, Jean si fa assegnare l’incarico dell’esecuzione e, con un abile trucco, simula l’esecuzione e dà la liberta a Javert. Nel frattempo le truppe reali stanno avendo la meglio sui rivoltosi: il piccolo Gavroche viene ucciso sulle barricate e Éponine sacrifica la propria vita per salvare Marius, che rimane solo ferito negli scontri. Valjean lo salva pochi attimi prima che i soldati prendano le barricate e massacrino gli ultimi rivoltosi, tra cui Enjolras, che si immola in nome della repubblica. Valjean si lancia in una rocambolesca fuga attraverso le fogne di Parigi trascinando con sé il giovane svenuto. Jean viene fatto uscire da una grata da Thénardier, che non lo riconosce e lo scambia per un assassino. In superficie, sopraggiunge però Javert , che arresta Thénardier. Javert e Valjean portano poi Marius a casa del nonno affinché il giovane riceva tempestive cure. Poi il poliziotto conduce Jean Valjean a casa sua e qui, riconoscendogli il debito della propria vita, lo libera. L’incorruttibile Javert, combattuto tra il senso di dovere dell’uomo di legge e la voce della coscienza, si suicida gettandosi nella Senna.

Un anno dopo, nel 1833, Marius e Cosette si sposano. Marius è stato nuovamente accolto dal nonno e Jean Valjean ha acconsentito all’unione. I due giovani offrono asilo a Jean Valjean ma l’uomo, sempre timoroso del proprio passato, non vuole mettere a rischio la giovane coppia e decide di sparire per sempre, dopo aver raccontato a Marius tutta la sua storia (di cui Cosette è ancora all’oscuro), tacendogli però la parte della fuga attraverso le fogne. Jean Valjean, lontano dall’amatissima Cosette, si ammala e indebolisce irrimediabilmente. L’uomo è prossimo alla morte quando Marius, contattato dal perfido Thénardier, gli racconta la fuga attraverso le fogne in cui Jean gli ha salvato la vita. Marius e COlettesi recano allora al capezzale devecchio Valjean, che rivede per l’ultima volta Cosette. Jean Valjean muore così in pace; accanto a lui, i candelabri che tanti anni prima gli aveva donato il Vescovo di Digne.

 

Commento

 

La gestazione dei Miserabili è lunga e complessa e si protrae nell’arco di dieci anni: se infatti il romanzo viene pubblicato nel 1862, la prima bozza di cui abbiamo notizia risale al 1843. La stesura dell’opera è tuttavia interrotta con la rivoluzione del 1848 e ripresa e ultimata solo dal 1860. D’altronde i temi della sua opera più impegnativa si ritrovano anche in altre opere di Hugo, a testimonianza della loro fondamentale importanza. Basti pensare a L’ultimo giorno di un condannato a morte (1829), incentrato sul dramma di un uomo destinato alla pena capitale, e più avanti Novantatré (1874), dove viene descritta la guerra di Vandea, durante il periodo rivoluzionario del Terrore; ancora, in Notre-Dame de Paris, le figure dei protagonisti della zingara Esmeralda e del deforme campanaro Quasimodo sono di estrazione popolare.

Per dichiarazione dello stesso Hugo, che dopo il colpo di stato di Luigi Napoleone Bonaparte del 1851 è esule politico per scelta volontaria, I miserabili sono un romanzo storico e sociale al tempo stesso, che si pone come obiettivo programmatico quello di dipingere l’intera società del tempo, denunciando i soprusi e le ingiustizie che il potere commette nei confronti degli strati più deboli della popolazione. A ciò s’aggiunge il ricco quadro storico in cui Hugo immerge le proprie vicende, collocandole in un periodo - quello che va dal 1815 al 1833 - di densissime rivendicazioni sociali e rivolgimenti politici, che vedono la Francia passare dai postumi della Rivoluzione e dell’esperienza napoleonica alla Restaurazione e poi alla “monarchia borghese” (1830-1848) di Luigi Filippo (1773-1850). La denuncia delle contraddizioni della società si traduce così nell’epopea di un “miserabile” - Jean Valjean, appunto - che, in una serie di rocambolesche vicende, costruisce una fortuna, si prende amorevolmente cura degli altri, partecipa alle lotte per la libertà e la democrazia del proprio paese.

A tutto ciò, Hugo unisce lo scavo psicologico e morale nei suoi personaggi; al centro, l’idea della redenzione che smuove l’anima umano, la miseria che mette a dura prova le nostre convinzioni etiche, l’ingiustizia che colpisce i più deboli ma che non riesce sempre a vincerli. Così, alle figure maligne e perverse dei coniugi Thénardier si oppone Jean Valjean, che ha imparato sulla propria pelle la lezione della carità e si prodiga non solo per sé ma anche per la piccola Cosette, di cui si è fatto tutore e padre. Non è un caso allora che il romanzo si apra con l’incontro tra Jean Valjean e il vescovo di Digne, che gli regala quei candelabri simbolo e veicolo della succitata redenzione, e si chiuda con l’immagine di quegli stessi candelabri che, a monito della grazia che si può ricevere col perdono, illuminano il vecchio Jean Valjean al momento della sua morte dopo aver attraversato con lui vent’anni di storia nazionale.

Un altro fil rouge di tutto il romanzo è il confronto tra Jean Valjean e l’ispettore Javert, integerrimo tutore della legge. Le due figure si incontrano, separano, scontrano, come in una danza ideale; Jean Valjean fugge per tutta la sua vita per assicurare un futuro a Cosette e per dimostrare a se stesso di essere un uomo migliore, degno della gran verità svelatagli dal vescovo di Digne. Per contro Javert gli dà ossessivamente la caccia in nome di un simile imperativo morale, che lo rende cieco davanti alla realtà e che, negli ultimi capitoli, lo costringe a riconoscere la superiorità di Valjean e soprattutto a rendersi amaramente conto delle conseguenze talvolta nefaste di un’applicazione troppo rigida dei propri principi ed ideali.

A livello stilistico, il romanzo presenta una compenetrazione di elementi romantici e di elementi realistici; spesso infatti ne I miserabili si mescolano dettagliati resoconti sul periodo storico degli eventi (come nelle minuziose descrizioni di Parigi o nelle digressioni sulle cause dei fatti storici sullo sfondo della vita di Valjean) e squarci introspettivi sulle riflessioni dei protagonisti, sui loro tentennamenti morali o i loro atti di eroismo, sulle loro commoventi confessioni di stampo lirico 6. A livello strutturale, la tecnica privilegiata dall’autore è quello di inserire lunghe digressioni all’interno della propria trama, che viene spezzata o interrotta per ospitare ricostruzioni storiche (come la sconfitta di Waterloo, che si distende per ben diciannove capitoli del secondo tomo), riflessioni filosofiche e considerazioni di tipo morale (in cui l’autore ha modo di spiegare la sua sterminata cultura), reminiscienze quasi autobiografiche 7. A queste digressioni si alternano frequenti dialogati, che portano in scena direttamente le passioni e le pulsioni dei personaggi principali degli eventi.

1 Digne è un paese della regione francese dell’Alta Provenza; il personaggio di Hugo è ispirato alla figura reale del vescovo dell’epoca.

2 Montreuil-sur-mer si trova nel nord della Francia, non molto distante da Calais.

3 Il paese di Montfermeil si trova nella regione dell’Île-de-France, quasi alle porte di Parigi.

4 I Giardini del Lussemburgo sono uno dei parchi più famosi della capitale francese.

5 In realtà Thénardier, lo stesso locandiere che ha schiavizzato la piccola Cosette, aveva tratto il corpo del padre di Marius da sotto un mucchio di cadaveri solamente per derubarlo.

6 A questo proposito possiamo portare ad esempio la quinta parte del romanzo, in cui viene descritta la fine delle insurrezioni del giugno 1832: in essa assistiamo da un lato al resoconto  dei combattimenti sulle barricate, dall’altro all’apologia del sacrificio dei rivoluzionari, attraverso le figure di alcuni protagonisti. In particolare nell’episodio della morte di Enjolras, il fiero condottiero della barricata, il narratore esalta in particolare la bellezza e il valore del giovane e a lui affianca la figura di Grantaire, un personaggio secondario che, scettico sulle sorti dell’insurrezione, s’è ubriacato per tutta la durata degli scontri ma che, al momento fatidico, non si sottrae al suo destino di morte proclamando la propria fede negli ideali della repubblica e della libertà.

7 In particolare, nella vicenda di Marius è stato notato un parallelo con l’esperienza giovanile repubblicana di Hugo stesso.

Testo su Victor Hugo

Relatori