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L'origine del diritto commerciale

Tradizionalmente si fa risalire l'origine del diritto commerciale al XII secolo, periodo anche meglio conosciuto come Basso Medioevo, per poi svilupparsi tra la fine dell'età feudale e l'inizio di quella comunale, grazie alla graduale affermazione di un'economia che favorisce lo sviluppo degli scambi commerciali, e quindi più aperta rispetto a quella feudale, più chiusa e basata sul mantenimento del feudo. In questo periodo la figura economica predominante è quella del mercante. I mercanti infatti, per difendere i propri interessi, iniziano ad associarsi in corporazioni, cioè gruppi o associazioni che riuniscono al loro interno coloro che condividono gli stessi interessi commerciali.

I caratteri che originariamente stanno alla base del diritto commerciale tra i mercanti sono:

  • Diritto di classe, creato dai mercanti stessi per risolvere le conflittualità nate all'interno delle corporazioni;
  • Diritto speciale, origina da una serie di regole che non hanno nulla in comune con i valori del diritto civile e, inoltre, viene amministrato dagli stessi consoli delle corporazioni senza una vera e propria formalità e secondo equità;
  • Diritto consuetudinario, cioè basato sugli usi o consuetudini, ovvero una serie di comportamenti ripetuti che possono costituire legge, ma solo se richiamati dalla legislazione stessa.

Anche in Italia, nello stesso periodo, si assiste a un'espansione dei traffici commerciali (grazie a porti di enorme importanza, quali Pisa, Amalfi, Genova e Venezia) che permette lo svilupparsi di alcuni istituti del diritto commerciale odierno: assicurazione, fallimento, società in nome collettivo e in accomandita semplice ne sono degli esempi.

Con il periodo mercantilista (XVI secolo) le vie commerciali si spostano dal Mediterraneo all'Atlantico e, quindi, la vita economica si sposta dalle città italiane alla nascenti monarchie nazionali.
Questo periodo è caratterizzato dalla statalizzazione, ovvero dall'intervento dello Stato nell'economia al fine di proteggerla.

Un secolo più tardi, in Francia, si hanno i primi tentativi di codificazione commerciale, con le due Ordonnances di Jean-Baptiste Colbert (ad esempio una di queste è l'Ordonnances sur le commerce del 1673), ministro del Re Sole, Luigi XIV. Nello stesso periodo, tra il 1600 e il 1620, in Inghilterra e Olanda sorgono le Compagnie delle Indie, simili alle attuali S.p.A. (Società per Azioni).

Le rivoluzioni liberali del XVIII secolo (vale a dire Prima Rivoluzione Industriale e Rivoluzione Francese) e le nuove scoperte tecnologiche (come ad esempio la macchina a vapore) favoriscono la diffusione, oltre alla figura del mercante già esistente, dei banchieri e degli industriali. Un altro passo importante si ha in Francia, nel 1791, con lo scioglimento delle corporazioni mercantili, momento che segna la fine del diritto di classe come caratteristica propria del diritto commerciale: da questo punto in poi si parla, quindi, di oggettivazione del diritto commerciale, cioè il commerciante diviene colui che svolge professionalmente atti di commercio. Rimane, tuttavia, la separazione tra diritto commerciale e civile, come si evince dalle codificazioni napoleoniche: il Code civil del 1804 e il Code de commerce del 1807.

Nel 1882 in Italia viene emanato un nuovo codice di commercio che, però, regola istituti sia tradizionalmente commerciali (cambiale, assegno bancario...) sia di origine civile. Un altro passo fondamentale si ha nel 1888 quando i tribunali speciali di commercio introdotti durante l'epoca mercantilista vengono sostituiti da quelli moderni.

Nel 1940 viene formulato un altro progetto di codice di commercio che, tuttavia, non entra mai in vigore a causa delle ideologie contrarie di tipo fascista. Nel 1942, finalmente, si riesce ad avere una vera e propria svolta con l'emanazione del Codice Civile attuale, che accoglie sia le norme di tipo civile sia di quelle di tipo commerciale, integrando quelle commerciali in quelle civili: si parla, quindi, di commercializzazione del diritto commerciale.