Gita al Faro (1927) è considerato uno dei migliori romanzi modernisti. Come nella Signora Dalloway anche qui la trama non è importante, ciò che conta è l’introspezione psicologica e filosofica. È il più autobiografico dei romanzi della Woolf e descrive la famiglia Ramsay ricalcando i personaggi della famiglia Stephen che, come i Ramsay del romanzo, era solita trascorrere le vacanze estive in una grande casa sul mare.
Il romanzo è diviso in tre capitoli: La finestra, Il tempo passa e Il faro. Il primo e il terzo capitolo sono i più lunghi e descrivono un lasso di tempo di meno di 24 ore. Il tempo è quindi molto dilatato e rispecchia più un tempo psicologico che non uno reale. Nel primo capitolo la famiglia intera è riunita nella casa dell’Isola di Skye e il figlio James chiede di poter andare in gita al faro il giorno successivo. La madre gli dice che se il tempo sarà bello andranno mentre il padre risponde bruscamente che non si farà alcuna gita perché il tempo sarà brutto. Questo episodio è una scusa per ritrarre personaggi e dinamiche famigliari che somigliano molto a quelli della famiglia Stephen, con un padre severo e autoritario e una madre più dolce e accondiscendente. Nel secondo capitolo il tempo passa velocemente: dieci anni trascorrono nello spazio di poche pagine nelle quali scopriamo che la signora Ramsay è morta improvvisamente così come sono morti il figlio maggiore Adrian durante la Prima Guerra Mondiale e la figlia Prue per complicanze dopo il parto.
Nel terzo capitolo chi resta della famiglia torna nella casa sul mare, i figli James e Cam faranno finalmente la famosa gita al faro col vecchio padre in un impeto di emozioni contrastanti mentre la pittrice Lily Briscoe, che era ospite anche nel primo capitolo, quando aveva iniziato un ritratto della Sig.ra Ramsay, completa l’opera, a simboleggiare l’avvenuto ritratto, da parte di Virginia Woolf, della propria famiglia.