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I poeti siculo-toscani: contesto storico-culturale ed autori

Nel 1266, con la morte di Manfredi, figlio di Federico II, viene meno il potere della casa di Svevia e l'esperienza della Scuola siciliana si esaurisce. Nella seconda metà del Duecento, il primato culturale si sposta quindi a nord, nell'Italia comunale e in particolare in Toscana, nelle città di Arezzo, Lucca, Pisa, Pistoia, Firenze e in misura minore Siena (con l'eccezione extraregionale di Bologna).

 

La lirica volgare viene trapiantata in un contesto di lotte tra Guelfi e Ghibellini, in una società in rapida evoluzione, in cui le convenzioni della lirica cortese vengono sottoposte ad una profonda revisione: la selezione tematica operata dai Siciliani viene ampliata e il suo panorama allargato verso argomenti civili e morali. La lingua dei Siculo-Toscani, o “guittoniani” (così chiamati per comodità dalla critica, reticente nel definirli una “scuola” in quanto privi dello spirito programmatico che caratterizza i Siciliani), è spesso artificiosa, legata ad un idioma toscano che reinterpreta (in senso anche ironico), le formule tipiche della tradizione provenzale. Di questo gruppo di rimatori, che si collocano tra i Siciliani e gli Stilnovisti (e che con questi ultimi condividono, solo cronologicamente, un po' del percorso), va in primo luogo ricordato Guittone d'Arezzo, nato intorno al 1235 e morto nel 1294. Profondo conoscitore della lirica provenzale, Guittone è soprattutto noto per le sue canzoni civili, come il compianto per la sconfitta di Montaperti, Ahi lasso, or è stagion de doler tanto. Egli è il massimo esponente del volgare toscano del Duecento e il modello della successiva poesia morale di Dante. Per quello che riguarda la quantità di opere e la loro varietà, Chiaro Davanzati (morto probabilmente prima del 1304) segue Guittone. Egli rappresenta un modello per i successivi poeti stilnovisti: la sua conoscenza del trobar leu (che nella poesia occitanica indica uno stile aperto, semplice e fluido), del tutto opposta allo stile dell'aretino, è un punto di riferimento importante per tutti i poeti del Trecento. Il lucchese Bonagiunta Orbicciani, vissuto nella seconda metà del Duecento, va invece ricordato per la sua polemica contro “la nuova maniera” giunizzelliana, nel sonetto Voi ch'avete mutata la mainera. Altri esponenti della corrente sono Brunetto Latini, Monte Andrea, Panuccio dal Bagno, Bondie Dietaiuti, Giacomo da Lèona e tale “Compiuta Donzella", che con tre sonetti unisce al gruppo una insolita voce femminile.