Intorno agli anni Trenta e Quaranta del Cinquecento si osservano diversi importanti cambiamenti in ambito culturale: innanzitutto decade la preminenza del latino nella produzione letteraria dotta e si diffonde l'uso della lirica come forma di comunicazione tra gentiluomini. Si può inoltre osservare il tramonto progressivo del personaggio descritto dal Castiglione nel Cortegiano (pubblicato nel 1528), a favore di figure sociali emergenti più particolareggiate e meno ambiziose, come quella del funzionario o del segretario, le quali si sostituiscono a quella solenne e universale dell'uomo di corte.
Si nota dunque un allontanamento progressivo da “manuali” che mirano a formare il consigliere del principe, nobile di nascita, per avvicinarsi all'uomo comune, ovvero, “a chiunque si dispone a vivere [...] nella città e tra gli uomini”, come nel Galateo di Monsignor Della Casa, pubblicato postumo nel 1558. Redatto nell'abbazia di Sant'Eustachio a Nervesa sul Montello, tra il 1552 e il 1555, il Galateo (il cui titolo completo è Trattato di Messer Giovanni Della Casa, il quale sotto la persona d'un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de' modi che si debbono o tenere o schifare nella comune conversazione, cognominato Galateo overo de' costumi), è un breve trattato in forma di dialogo, in cui si immagina un “vecchio” (dietro il quale è celata la figura dello stesso autore) che impartisce insegnamenti ad un ipotetico giovane (presumibilmente Annibale, uno dei nipoti del Della Casa), diviso in trenta capitoli ripartiti quasi sicuramente dall'editore (il manoscritto originale infatti non riporta alcuna suddivisione), che detta le regole consone alla conversazione, all'abbigliamento e ai costumi di un gentiluomo. I precetti, che non fanno riferimento a un sistema di valori ideale o universalizzato, come può essere quello di una corte signorile, cercano di individuare dei buoni usi comuni che mirano ad arricchire gli individui medi in una collettività di tipo cittadino e mette in luce una società che tenta di allontanarsi dalle ruvide abitudini ancora in uso nelle classi dominanti del Cinquecento. L'opera del Della Casa vuole ispirare un forte conformismo e si oppone a qualsiasi forma di libertà e originalità individuale. A questo proposito, la lingua del testo si allinea a sua volta alla fiorentinità teorizzata dal Bembo: un altro segno distintivo di quel conformismo formale, che, a differenza del Castiglione, non mette in discussione la teoria linguistica dominante.