Il disagio sociale nei protagonisti di Italo Svevo.
Per la complessità che ci cela dietro i rapporti umani concordo sul fatto che siamo spesso incapaci di rapportarci in modo sano. Questa tendenza ci porta ad assumere comportamenti menzogneri, ingannatori, con gli altri e con noi stessi. L'inettitudine nel rapportarsi, nel vivere il sociale in modo spontaneo, è regolamentata implicitamente se si vuole essere accettati. La "malattia" va accolta per amalgamarsi nel sociale. In merito a questa riflessione mi ponevo in esame se c'era una correlazione tra il disagio dei protagonisti di Svevo e quello di un Serial Killer.Scrutando i profili psicologici noto che nella figura dell'inetto vi è lo stesso disprezzo per la società, la difficoltà ad avere rapporti interpersonali e l'ostilità verso la figura genitoriale. La mente dell'inetto di Svevo, soprattutto con Zeno, rasenta una sorta di "scena del crimine". Il serial killer diluisce la sua follia, la sua malattia, compiendo brutali omicidi meticolosamente programmati. L'inetto accoglie la sua malattia esternandola in una emblematica inettitudine e, nel caso di Zeno, orchestrando meticolosamente e più volte dei piani per smettere di fumare. Considerato il disprezzo per la società, l'incapacità di rapportarsi in modo sano con gli altri, la meticolosità con cui entrambi si accingono per portare a termine un loro obiettivo, è plausibile definire l'inetto un serial killer mancato? Egli è tenuto a freno esclusivamente dalla sua inettitudine, altrimenti per disagio sociale e "modus operandi" menzognero e camaleontico avrebbe potuto reagire in modo differente alla vita. Se, come il serial killer, non avesse accettato la sua condizione disagiata.
il 03 Luglio 2017, da Jey Lock
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