Angelo Poliziano (o meglio, Angelo Ambrogini prima che l’autore scegliesse il suo pseudonimo umanista, ispirandosi al “mons Politianus”, l’attuale Montepulciano, dov’egli nasce nel 1454) è uno dei principali esponenti dell’Umanesimo quattrocentesco. La sua ricca e dottissima formazione ha però origine da una circostanza tragica: il padre, giurista, viene ucciso per vendetta quando Poliziano ha circa dieci anni, così che il futuro autore delle Stanze per la giostra è costretto a trasferirsi a Firenze. Qui Angelo, frequentando le lezioni di maestri quali il Landino o Marsilio Ficino, matura presto forti interessi per le lettere (giovanissimo, traduce dal greco in latino il secondo libro dell’Iliade, dedicandolo al Magnifico) e in particolare per le problematiche filologiche, al centro del nuovo atteggiamento “umanistico” verso i libri e la cultura in generale.
Nel 1473, la “promozione” presso lo stimolante ambiente della corte medicea (e l’accesso alla ricchissima biblioteca di Lorenzo) costituiscono l’innesco per l’attività letteraria vera e propria; a ciò s’aggiunga (secondo una costante ricerca della pace e dell’ordine, tipica del Poliziano) che l’assegnazione da parte di Lorenzo medesimo della carica ecclesiastica di priore (e poi sacerdote) garantisce anche una certa stabilità economica. Cancelliere del Magnifico e poi precettore dei figli Piero e Giovanni, Poliziano cura la compilazione della celebre Raccolta Aragonese (un’antologia di testi poetici in volgare inviati nel 1477 da Lorenzo a Federico d’Aragona, per sancire il primato cultural-letterario della Firenze delle “tre corone”) e redige pure l’epistola d’introduzione, poi firmato dal signore mediceo. Ma la riflessione teorica sui modi e le forme della poesia della tradizione si intreccia con la propria produzione personale: dal 1475, infatti, Poliziano lavora alle Stanze per la giostra, poemetto encomiastico in ottave (poi incompiuto) per celebrare la pace (e l’annesso torneo, la “giostra” appunto) del 1474 tra Milano, Venezia e Firenze; e nel frattempo, continua la stesura delle Rime.
Eppure, gli eventi politici alterano questa situazione idillica: la congiura dei Pazzi del 1478 (in cui Giuliano de’ Medici perde la vita) e la sotterranea ostilità verso il Poliziano da parte della moglie di Lorenzo inducono l’autore ad abbandonare la corte, iniziando un “tour” tra varie città italiane. Dopo Bologna, Padova, Verona e Venezia Poliziano approda verso il 1480 presso i Gonzaga di Mantova, anche se a giugno riesce a rientrare nella città toscana, ottenendo anche la cattedra di Eloquenza latina presso lo Studio mediceo. Poliziano può così dar libero campo agli interessi umanistici, soprattutto sulle lingue classiche, ma aprendosi anche a filosofia e discipline giuridiche. Frutto di quest’ultima fase della formazione sono i Miscellanea (“Cose varie”), duecento capitoli di prose dotte, che sviluppano in ogni direzione gli interessi filologici e la curiosità intellettuale dell’autore. Le Epistolae, in latino, si affiancano alle Sylvae, in esametri latini, che raccolgono le prolusioni accademiche del Poliziano sugli autori classici prediletti. La morte di Lorenzo de’ Medici (1492) e la calata in Italia di Carlo VIII nel 1494 sono gli eventi che funestano gli ultimi anni dell’intellettuale, che si spegne nel settembre di quell’anno. L’ultimo tributo alla figura dell’umanista sarà la pubblicazione, da parte di Aldo Manuzio, dell’Omnia opera nel 1498.