Introduzione
L’Ars amatoria è un poema didascalico in tre libri composto da Ovidio (43 a.C. - 8 d.C.) tra il I a.C. e il I d.C. in distici elegiaci. Il primi due libri sono rivolti a un pubblico maschile, e trattano il tema della conquista della donna amata e le metodologie per mantenerne vivo l’amore; il terzo libro invece, di stesura successiva, è rivolto a un pubblico femminile, sviluppando i medesimi argomenti a parti ribaltate.
L’Ars amatoria si collega ai Remedia amores, un trattatello sempre in distici sui rimedi per guarire dall’amore, e ai Medicamina faciei feminae, un’elegia sull’appropriato uso dei cosmetici, con i quali forma un ideale trittico di poesia didascalica sulle arti amorose. Al tempo stesso, in maniera ironica e giocosa, l’Ars ovidiana si riallaccia alla tradizione elegiaca romana (da Tibullo a Properzio e Catullo), come già fatto con gli Amores, editi tra il 20 a.C. e il 1 d.C.
Riassunto
Libro I: Rivolto ai giovani uomini, il libro insegna come conquistare la fanciulla desiderata. Ovidio, che assume il ruolo di praeceptor o magister amoris, sviluppa una dettagliata precettistica erotica, come se stesse redigendo un trattato tecnico di tono serio e formale. Con l’aiuto di Venere e Cupido e attraverso alcuni exempla mitologici 1, egli tratteggia un catalogo delle situazioni in cui può doversi districare un giovane amante. Il poeta si concentra sui luoghi (il Foro, il teatro, i banchetti, i punti d’incontro alla moda come le corse di cavalli) e sulle circostanze in cui è più facile e opportuno incontrare una giovane fanciulla, come gestire l’approccio amoroso e come e con che tecniche portare a termine proficuamente la seduzione. A questo proposito Ovidio consiglia al giovane discepolo di mantenere salda la fiducia in sé e di curare il proprio aspetto esteriore, prodigandosi - com’è opportuno - in regali (munera) e lettere d’amore. Strategico è saper mantener viva la conversazione, se necessario ricorrendo anche a invenzioni o piccole bugie. Il tutto entra in uno scaltrito gioco delle parti: il predatore deve promettere senza regalare troppo, la preda non concedere molto finché non avrà ottenuto i doni che desidera.
Libro II: Ovidio prosegue la trattazione con il pubblico maschile, trattando le tecniche per mantenere l’amore che con tanta fatica si è conquistato. Fondamentale in questo caso sarà per il giovane innamorato l’essere in possesso di una buona cultura e dimestichezza con i discorsi. Come per la disciplina militare, anche il rapporto amoroso esige infatti continua attenzione ed obbedienza da parte dei propri adepti, che abilmente dovranno tenere sulla corda l’attenzione dell’amata, tra momenti di appassionata condivisione e strategici allontanamenti, per suscitare la giusta dose di gelosia. Il tutto va ovviamente temperato con la capacità di accettare i difetti reciproci, intendendoli come piacevoli virtù. Tra i consigli più ricorrenti, quelli di soddisfare l’amata nella sua vanità, concedendole di vincere al gioco dei dadi o lodando di frequente la sua bellezza, con apprezzamenti più o meno sinceri. È utile anche comporre poesie per la propria donna, che sicuramente gradirà il dono letterario.
Ogni legame descritto nell’Ars amatoria - va da sé, nella visione del mondo ovidiana - è inteso come estraneo alla sfera del matrimonio, che porta solo problemi (tra cui quello dei frequenti litigi). Contemplato invece è il tradimento, di cui Ovidio fornisce una tipologia e una casistica assai precise: da un lato non bisogna farsi scoprire, dall’altro occorre far credere di avere un’altra relazione, per stimolare una sana gelosia nel partner. Il libro si chiude con dei consigli pratici sul rapporto sessuale.
Libro III: il libro, pubblicato sulla scia del successo dei primi due, viene ora indirizzato alle giovani donne. È una metafora bellica a spiegare il passaggio di campo del poeta dall’uno all’altro schieramento della contesa amorosa: come egli ha fornito ai Danai le armi contro le Amazzoni, ora deve istuire Pentesilea 2 - e con lei tutto il genere femminile - nelle stesse arti, per poter combattere alla pari. Ovidio si serve di due figure mitologiche - Elena di Troia e Penelope, moglie di Ulisse - per esemplificare l’atteggiamento delle donne: capaci di ingannare e di fuggire con un amante, oppure sofferenti e in attesa del proprio uomo. In entrambi i casi, l’invito è alla furbizia e soprattutto alla partecipazione al “gioco” sociale dell’amore nella consapevolezza delle smaliziate regole che lo gestiscono, su un piano di parità con i “rivali” uomini. Una donna, naturalmente non sposata, deve frequentare i luoghi giusti, indirizzarsi ai piaceri della vita e soprattutto curare minuziosamente il proprio aspetto e la propria immagine: per Ovidio, una donna dev’essere attenta alla cosmesi e culturalmente preparata, per tener testa ai corteggiamenti maschili. Il tutto sarà equilibrato da un sottile e compiaciuto gioco di ritrosia e cedimento. Chiude anche qui una parentesi sulle tecniche erotiche.
Commento
L’Ars Amatoria si fonda sul principio che il sentimento amoroso sia un’ars - cioè, in latino, una disciplina fondata su una prassi ben definita e codificabile - e come tale vada trattato, ovverossia che debba essere trasmesso mediante un insieme di regole e precetti; non è quindi un caso che Ovidio, nel primo libro, rifiuti i favori di Apollo attraverso la tradizionale invocazione alle Muse: all’aiuto divino, egli preferisce fare riferimento solo alla propria esperienza pratica, che in qualità di “maestro” egli dovrà trasmettere ai suoi scolari d’amore. Si tratta di una precettistica amorosa che rimanda al modello espositivo della retorica e che si ispira, principalmente nel secondo libro, ai precetti dell’arte militare.
I modelli e i moduli compositivi, almeno apparentemente, sono così quelli della letteratura didascalica, genere di particolare successo nella Roma augustea; Ovidio recupera così le tecniche argomentative dei trattati dell’arte retorica, suddividendo la sua casistica amorosa in regole generali seguite da puntuali digressioni, interrogazioni ed esemplificazioni specifiche. I modelli d’ispirazione sono quindi quelli delle Georgiche virgiliane e del De rerum natura lucreziano, anche se non può sfuggire la vena ironica e ludica dell’operazione ovidiana: tutti i modelli sono rpresi per essere capovolti in una rigorosa ma leggera trattatistica erotica, in cui, in linea con lo stile di vita delle classi agiate del tempo, giovani uomini e giovani donne sono guidati da un principio di piacere libero ma razionalmente accorto, utilitaristico ma non volgare.
Sintomatico in tal senso anche il recupero e insieme l’esaurimento dell’esperienza elegiaca: benché voglia scirvere un trattato didascalico, il cui metro di riferimento è l’esametro dattilico, Ovidio per l’Ars amatoria scegli il distico degli elegiaci; in lui e nella sua concezione d’amore non v’è però nulla della lacerante passione dei poetae novi (quali Catullo nella celeberrima Odi et amo) né il loro trasporto per le gioie dell’amore totale (sempre il Catullo di Vivamus, mea Lesbia, atque amemus). Piuttosto, a dominare è l’idea di un gioco sociale e intellettuale, cui conviene partecipare per piacere e godimento personale, immersi in un’atmosfera - quella delle élites aristocratiche del primo secolo - di raffinato lusso e moderna visione del mondo, ormai del tutto aliena dalla rigida morale del mos maiorum.