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Sequenziamento del genoma: concetti fondamentali

Le cellule si sono evolute nel corso di milioni di anni migliorando e affinando le proprie caratteristiche in modo da sopravvivere ai diversi ambienti. Ciò è stato possibile soprattutto grazie alle modificazioni del DNA, cioè alcune mutazioni che ne hanno cambiato la composizione, inserendo "novità genetica". Poichè il DNA è un polimero informazionale, la disposizione dei monomeri che lo compongono (i nucleotidi) è fondamentale per il suo significato biologico: una sua mutazione, anche singola, può causare un cambiamento radicale nell’organizzazione e nella funzionalità della cellula. Questo accade perchè il genoma di un organismo, ovvero l’insieme di tutto il suo materiale genetico, può essere considerato come il “libretto delle istruzioni” a partire dal quale assemblare tutte le componenti biologiche di una cellula.

Se fossimo in grado di “leggere” il genoma di una cellula, saremmo in grado di prevederne, almeno il via teorica, il comportamento e i meccanismi biologici.

L’idea principale è quindi quella di avere a disposizione la sequenza con cui le basi azotate del DNA (adenina, citosina, guanina e timina) si alternano all’interno di una molecola come un cromosoma: questa operazione prende appunto il nome di sequenziamento. In realtà avere a disposizione il genoma di una cellula non ci permette di avere pieno controllo riguardo la sua completa composizione biologica. Se paragonassimo questo concetto a un gioco come un puzzle, quello che abbiamo a disposizione grazie al sequenziamento sono i pezzi. Per ottenere l'immagine bisogna finemente incastrarli e conoscere anche bene l'immagine da ricreare impressa sulla scatola. 

Questo vuol dire che è necessario identificare la funzione delle singole sequenze scoperte (annotazione), cioè capire per esempio quali di esse codificano per proteine o quali siano porzioni strutturali non codificanti, per poi inserirle all’interno di un contesto più ampio, interconnettendo i vari elementi genici e i loro eventuali prodotti. Per capire la funzione di un gene, per esempio, è possibile eliminarlo, mediante delezione, per vedere l’effetto della sua mancanza: un processo di ingegneria inversa. Se pensiamo che in un organismo relativamente “semplice” come il lievito sono presenti oltre 5000 geni codificanti possiamo comprendere come il provare a descrivere il funzionamento globale di una cellula, anche avendo in mano il suo “libretto di istruzioni”, è una faccenda complicata. Il sequenziamento, di certo, resta il primo e fondamentale passo da compiere se si vuole proseguire in questa direzione.

Il sequenziamento del genoma è un’applicazione delle tecniche biotecnologiche di sintesi di DNA in provetta (in vitro), che, utilizzando una DNA polimerasi adeguata e nucleotidi modificati, è in grado di fornirci la serie di nucleotidi che compongono una stringa di DNA, riducendo drasticamente le tempistiche ma soprattutto i costi del sequenziamento.

Conoscere la sequenza di un filamento di DNA porta automaticamente a sapere la sequenza del suo complementare, con il quale costituisce la tipica doppia elica. Ovviamente il sequenziamento può essere applicato anche a porzioni di DNA brevi che non costituiscano un genoma intero.

Un ambizioso lavoro di ricerca, chiamato Progetto Genoma Umano, terminato nel 2003 e durato 13 anni, è stato coordinato dal Dipartimento di Energia e dall'Istituto Nazionale della Sanità degli Stati Uniti, ha coinvolto moltissimi Paesi e ha permesso di identificare i circa 25mila geni umani, dopo aver sequenziato gli oltre 3 miliardi di basi costituenti del nostro genoma. Durante questo progetto internazionale sono stati sequenziati i genomi anche di altri organismi, come il topo e il batterio E. coli.

Diversamente da come si potrebbe pensare, ben il 98-99% circa del DNA umano non contiene geni codificanti, di conseguenza fu chiamato junk DNA, ovvero “DNA spazzatura”. A dispetto del nome, queste porzioni sono tutt’altro che inutili, in quanto hanno spesso funzione strutturale, come nel caso dei centromeri, fondamentali per la corretta segregazione dei cromatidi durante la divisione cellullare.

Il genoma studiato dal Progetto viene utilizzato come modello di riferimento con il quale confrontare la diversità genetica (polimorfismo) che caratterizza ogni singolo individuo. Conoscere il genoma di una persona può essere utile per applicazioni mediche, come prevedere l’insorgenza futura di una malattia o la predisposizione ad essa, per prevenirne gli effetti, oppure simulare l’effetto di un determinato farmaco sul paziente e le sue caratteristiche biologiche, in modo da personalizzare al massimo la medicina del futuro. Questa branca scientifica prende il nome di farmacogenomica.

Logo del Progetto Genoma Umano (HGP).