Matteo Maria Boiardo compone il suo Canzoniere, intitolato Amorum libri tres, nel biennio compreso tra il 1469 e il 1471, presso la corte Estense. Nella scelta del titolo originale dell’opera, suddivisa al suo interno in tre libri, Boiardo si rifà evidentemente agli Amores ovidiani. Il Canzoniere boiardesco, cui centro tematico è il sentimento amoroso dell’autore nei confronti di Antonia Caprara, si compone di centottanta testi. Rispetto al Canzoniere petrarchesco, paragone immediato nell’analisi del Boiardo lirico e amoroso, notiamo una certa rigidità nella scelta strutturale dell’opera: ogni parte dell’opera è formata da 60 testi, a maggioranza sonetti. Il primo libro canta le gioie di un amore corrisposto dalla donna desiderata, di un sentimento giovanile che arriva al culmine della gioia ed esprime tutto l’attaccamento alla vita da parte del Boiardo, come si dice nel sonetto Datime a piena mano e rose e zigli:
Datime a piena mano e rose e zigli,
spargete intorno a me viole e fiori;
ciascun che meco pianse e mei dolori,
de mia leticia meco il frutto pigli.
Datime e fiori e candidi e vermigli:
confáno a questo giorno e bei colori;
spargeti intorno d'amorosi odori,
ché il loco a la mia voglia se assumigli.
Perdón m'ha dato et hami dato pace
la dolce mia nemica, e vuol ch'io campi
lei, che sol di pietà se pregia e vanta.
Non vi maravigliati per ch'io avampi,
ché maraviglia è piú che non se sface
il cor in tutto d'alegreza tanta.
Nel secondo libro la situazione si stravolge, e dalle parole di un autore innamorato e beato che esalta il proprio sentimento e la propria donna, troviamo un Boiardo amareggiato dalle pene d’amore e dal tradimento dell’amata. Così Antonia diviene solamente ragione di dolore e lamento, crudele e ingrata, che spinge il poeta ad affermare: “Odi, superba e altera, le mie pene; | Odi la mia rason sol una volta, | Prima che morte al crudo fin mi mene”. Nell’ultimo libro il Boiardo si riappacifica con sé stesso e con il ricordo della donna amata, il dolore si è lenito e lascia spazio ai ricordi della passata felicità e ad una dolce malinconia:
Ligiadro veroncello, ove è colei
che de sua luce aluminar te sòle?
Ben vedo che il tuo damno a te non dole;
ma quanto meco lamentar te dêi!
Ché, sanza sua vagheza, nulla sei;
deserti e fiori e seche le viole:
al veder nostro il giorno non ha sole,
la notte non ha stelle senza lei.
Pur me rimembra che io te vidi adorno,
tra' bianchi marmi e il colorito fiore,
de una fiorita e candida persona.
A' toi balconi allor se stava Amore,
che or te soletto e misero abandona,
perché a quella gentil dimora intorno.
Rispetto al Petrarca, Boiardo descrive un percorso interiore molto lineare e strutturato, al limite della rigidità, senza far trasparire ambiguità o tentennamenti. Il libro che esprime maggiormente l’originalità dell’autore è il primo, dove si cristallizza in toni coloriti e in atmosfere favolesche la gioia di vivere del Boiardo. Per quanto riguarda il linguaggio del Canzoniere boiardesco ritroviamo un rifiuto del toscanismo: l’attenzione è rivolta alla tradizione petrarchesca e al recupero di latinismi, che il Boiardo sa però reinterpretare in maniera originale.