Questa canzone dedicata alla Vergine chiude il Canzoniere (“in fine libri ponatur”, ovvero: “da porre alla fine del libro”, scrisse Petrarca in una postilla ad una copia autografa). Scritta con ogni probabilità tempo prima, dovette essere inserita nel Canzoniere tra il 1369 e il 1372, in fase di sistemazione dell’intero corpus di componimenti. In questa preghiera, secondo schema tradizionale, il poeta chiede alla Madonna di "liberarlo" dall’amore terreno per Laura, per lui motivo di innumerevoli patimenti, e di intercedere presso Dio affinché sia indotto a concedergli la grazia e il perdono.
Pur acquisendo piena coscienza del proprio passato peccaminoso, la rievocazione dell’amore per Laura non è esente da trasporto emotivo, anche se in ultima istanza è il desiderio di redenzione a prevalere. Le ripetute invocazioni e richieste di soccorso sono accompagnate da lodi di diversa natura alla Vergine (la cui figura rasserenante si contrappone nettamente a quella di Laura, fonte di tormento e di sofferenze) e dall’assillante preoccupazione di una morte imminente, ribadita nel congedo: di qui, la pressante richiesta di perdono e di pace.
Metro: Canzone di dieci stanze da tredici versi (dieci endecasillabi e tre settenari), con schema rimico ABCBAC CddCEf(f)E, dove il penultimo verso è legato da una rima al mezzo al primo emistichio (sempre un quinario) dell’ultimo verso. Il congedo replica la struttura della sirma.
- Vergine bella 1, che di sol vestita,
- coronata di stelle, al sommo Sole
- piacesti sí, che ’n te Sua luce ascose,
- amor mi spinge a dir di te parole:
- ma non so ’ncominciar senza tu’ aita 2,
- et di Colui ch’amando in te si pose.
- Invoco lei che ben sempre rispose,
- chi la chiamò con fede:
- Vergine, s’a mercede
- miseria extrema de l’humane cose
- già mai ti volse, al mio prego t’inchina 3,
- soccorri a la mia guerra 4,
- bench’i’ sia terra 5, et tu del ciel regina 6.
- Vergine saggia, et del bel numero una
- de le beate vergini prudenti 7,
- anzi la prima, et con più chiara lampa;
- o saldo scudo de l’afflicte genti
- contra colpi di Morte et di Fortuna,
- sotto ’l qual si trïumpha, non pur scampa;
- o refrigerio al cieco ardor ch’avampa
- qui fra i mortali sciocchi:
- Vergine, que’ belli occhi
- che vider tristi la spietata stampa
- ne’ dolci membri del tuo caro figlio,
- volgi al mio dubbio stato,
- che sconsigliato a te vèn per consiglio.
- Vergine pura, d’ogni parte intera,
- del tuo parto gentil figliola et madre 8,
- ch’allumi questa vita, et l’altra adorni,
- per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre,
- o fenestra del ciel lucente altera,
- venne a salvarne in su li extremi giorni;
- et fra tutt’i terreni altri soggiorni
- sola tu fosti electa,
- Vergine benedetta,
- che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni 9.
- Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno,
- senza fine o beata,
- già coronata nel superno regno.
- Vergine santa d’ogni gratia piena,
- che per vera et altissima humiltate 10
- salisti al ciel onde miei preghi ascolti,
- tu partoristi il fonte di pietate,
- et di giustitia il sol 11, che rasserena
- il secol pien d’errori oscuri et folti;
- tre dolci et cari nomi ài in te raccolti,
- madre, figliuola et sposa:
- Vergina glorïosa,
- donna del Re che nostri lacci à sciolti
- et fatto ’l mondo libero et felice,
- ne le cui sante piaghe
- prego ch’appaghe il cor, vera beatrice 12.
- Vergine sola al mondo senza exempio,
- che ’l ciel di tue bellezze innamorasti,
- cui né prima fu simil né seconda,
- santi penseri, atti pietosi et casti
- al vero Dio sacrato et vivo tempio
- fecero in tua verginità feconda.
- Per te pò la mia vita esser ioconda,
- s’a’ tuoi preghi, o Maria,
- Vergine dolce et pia,
- ove ’l fallo abondò, la gratia abonda 13.
- Con le ginocchia de la mente inchine 14,
- prego che sia mia scorta,
- et la mia torta via drizzi a buon fine.
- Vergine chiara et stabile in eterno,
- di questo tempestoso mare stella,
- d’ogni fedel nocchier fidata guida,
- pon’ mente in che terribile procella
- i’ mi ritrovo sol, senza governo 15,
- et ò già da vicin l’ultime strida.
- Ma pur in te l’anima mia si fida
- peccatrice, i’ no ’l nego,
- Vergine; ma ti prego
- che ’l tuo nemico 16 del mio mal non rida:
- ricorditi che fece il peccar nostro,
- prender Dio, per scamparne,
- humana carne al tuo virginal chiostro 17.
- Vergine, quante lagrime ò già sparte,
- quante lusinghe et quanti preghi indarno,
- pur per mia pena et per mio grave danno!
- Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno,
- cercando or questa et or quel’altra parte 18,
- non è stata mia vita altro ch’affanno.
- Mortal bellezza, atti et parole m’ànno
- tutta ingombrata l’alma.
- Vergine sacra et alma 19,
- non tardar, ch’i’ son forse a l’ultimo anno.
- I dí miei piú correnti che saetta
- fra miserie et peccati
- sonsen’ andati, et sol Morte n’aspetta.
- Vergine, tale è terra, et posto à in doglia
- lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne
- et de mille miei mali un non sapea:
- et per saperlo, pur quel che n’avenne
- fôra avenuto, ch’ogni altra sua voglia
- era a me morte, et a lei fama rea 20.
- Or tu donna del ciel, tu nostra dea 21
- (se dir lice, e convensi),
- Vergine d’alti sensi,
- tu vedi il tutto; e quel che non potea
- far altri, è nulla a la tua gran vertute,
- por fine al mio dolore;
- ch’a te honore, et a me fia salute 22.
- Vergine, in cui ò tutta mia speranza
- che possi et vogli al gran bisogno aitarme,
- non mi lasciare in su l’extremo passo 23.
- Non guardar me, ma Chi degnò crearme;
- no ’l mio valor, ma l’alta Sua sembianza,
- ch’è in me, ti mova a curar d’uom sí basso.
- Medusa 24 et l’error mio m’àn fatto un sasso
- d’umor vano stillante:
- Vergine, tu di sante
- lagrime et pïe adempi ’l meo cor lasso,
- ch’almen l’ultimo pianto sia devoto,
- senza terrestro limo,
- come fu ’l primo non d’insania vòto.
- Vergine humana, et nemica d’orgoglio,
- del comune principio amor t’induca:
- miserere d’un cor contrito humile 25.
- Che se poca mortal terra caduca
- amar con sí mirabil fede soglio,
- che devrò far di te, cosa gentile?
- Se dal mio stato assai misero et vile
- per le tue man’ resurgo,
- Vergine, i’ sacro et purgo
- al tuo nome et penseri e ’ngegno et stile,
- la lingua e ’l cor, le lagrime e i sospiri 26.
- Scorgimi al miglior guado,
- et prendi in grado i cangiati desiri 27.
- Il dí s’appressa, et non pòte esser lunge,
- sí corre il tempo et vola,
- Vergine unica et sola 28,
- e ’l cor or coscïentia or morte punge.
- Raccomandami al tuo figliuol, verace
- homo et verace Dio,
- ch’accolga ’l mïo spirto ultimo in pace.
- Bella Vergine, che sei vestita della luce del sole,
- coronata di stelle, piacesti a tal punto
- al sommo Sole (a Dio), che racchiuse in te la sua luce,
- amore mi spinge a parlare di te:
- ma non sono in grado di iniziare senza il tuo aiuto
- e quello di Colui che per amore si incarnò nel tuo ventre.
- Invoco colei che sempre esaudì
- le richieste di chi le si rivolse con fede:
- Vergine, se mai la misera condizione
- dell’esistenza umana ti spinse
- a pietà, porgi ascolto alla mia preghiera,
- offri aiuto ai miei affanni,
- benché io sia su questa terra, e tu regina del cielo.
- Vergine saggia, del bel numero
- delle beate vergini prudenti,
- anzi prima (tra tutte), e con luce più luminosa;
- o forte scudo degli uomini deboli
- contro i colpi della Morte e della Sorte,
- sotto il quale non solo ci si salva, ma [anzi], si trionfa;
- o refrigerio dinnanzi al cieco desiderio che brucia
- qui, tra gli stolti mortali:
- Vergine, quei begli occhi
- che sofferenti videro l’impronta crudele delle ferite
- impresse sul corpo del tuo amato figlio,
- volgili alla mia condizione incerta, poiché smarrito
- mi sono rivolto a te per cercare consiglio.
- Vergine pura, immacolata in ogni tua parte,
- al contempo figliola e madre del tuo nobile parto,
- che illumini questa vita e abbellisci l’altra,
- per mezzo di te e del Padre supremo, tuo figlio,
- o finestra del cielo luminosa e altera,
- venne a salvarci nell’ultima epoca del mondo;
- e fra tutte le altre donne
- tu sola fosti prescelta,
- Vergine benedetta,
- che tramuti in allegria il pianto di Eva.
- Rendimi, giacché tu puoi, degno della Sua grazia,
- o infinitamente beata,
- già coronata in Paradiso.
- Vergine santa piena di ogni grazia,
- che grazie alla tua sincera e nobilissima umiltà salisti
- al cielo, da dove ascolti le mie preghiere,
- tu partoristi la fonte di pietà
- e il lume di giustizia, che rasserena
- l’epoca piena di errori, oscuri e numerosi;
- tre dolci qualità unisci in te, [quelle di]
- madre, figliola e sposa:
- Vergine gloriosa,
- signora del Re [dei cieli] che ha sciolto i nostri vincoli
- e reso il mondo libero e felice,
- ti prego, vera beatrice, di calmare
- il mio cuore nelle sue [= di Cristo] sante ferite.
- Vergine unica al mondo senza uguali,
- che facesti innamorare il cielo delle tue bellezze,
- rispetto a cui non vi fu donna uguale né degna di paragone,
- santi pensieri, atti pietosi e casti
- prepararono nella tua verginità feconda
- un tempio consacrato al vero Dio.
- La mia vita può essere serena,
- o Maria, Vergine dolce e pietosa,
- se grazie alle tue preghiere,
- dove l’errore abbondò, abbonda [anche] la grazia divina.
- Con le ginocchia della mente inchinate
- ti prego di volermi fare da guida,
- e indirizzare la mia vita peccaminosa a buon fine.
- Vergine luminosa e stabile in eterno,
- stella per questo mare tempestoso,
- guida affidabile di ogni navigatore,
- rivolgi il pensiero alla terribile tempesta
- nella quale io mi ritrovo, solo, senza nocchiero,
- e ho già vicine le ultime grida [della mia fine].
- Cionostante la mia anima peccatrice
- si affida a te, io non lo nego,
- o Vergine; ma ti prego di fare in modo
- che il tuo nemico non si rallegri della mia dannazione:
- ricordati che i nostri peccati
- fecero sì che Dio decidesse di incarnarsi
- nel tuo grembo virginale per salvarci.
- Vergine, quante lacrime inutilmente ho già versato,
- quante lodi e quante preghiere,
- solamente per accrescere la mia pena e il mio grave tormento!
- Da quando io nacqui sulla riva dell’Arno,
- percorrendo ora questa, ora quell’altra regione del mondo,
- la mia vita non è stata altro che affanno.
- Bellezza, atti e parole mortali mi hanno
- ingombrato l’animo per intero.
- Vergine sacra e divina,
- non ti attardare, dal momento in cui io forse sono alla fine della mia vita.
- I giorni se ne sono andati più velocemente che una freccia,
- tra miserie e peccati,
- e mi resta soltanto la morte.
- Vergine, una donna che [ora] è polvere, e che ha posto
- il mio cuore nel dolore, lei che in vita lo tenne nel pianto
- e non sapeva affatto dei miei mille affanni:
- e se lo avesse saputo, sarebbe tuttavia accaduto
- quello che poi è avvenuto, perché ogni suo desiderio diverso
- sarebbe stato per me motivo di morte, per le di infamia.
- Ebbene ora tu, che sei signora del cielo, tu nostra dea
- (se è lecito e se ti si può chiamar così),
- Vergine di doti eccelse,
- tu vedi tutto questo; e (vedi) quello che Laura
- non poteva fare, cioè porre fine al mio tormento terreno,
- è nulla dinnanzi per le tue sconfinate capacità,
- e ciò per te sarà motivo di onore, e per me di salvezza.
- Vergine, in cui io depongo tutta la mia speranza
- che tu possa e voglia aiutarmi in questa grande necessità,
- non mi abbandonare nel passaggio estremo.
- Non guardare me, ma Chi si degnò di crearmi;
- non il mio valore, ma la Sua grandiosa immagine
- che è presente in me, ti spinga ad aver cura di un uomo così misero.
- Il potere pietrificante [dell’amore] e la mia colpa mi hanno reso un sasso
- che versa un inutile pianto:
- Vergine, tu riempi il mio cuore stanco
- di lacrime sante e pietose,
- cosi che almeno l’ultimo piano sia devoto,
- privo del fango [delle inquietudini] della Terra,
- come il primo non fu privo di follia.
- Vergine benevola e nemica dell’orgoglio,
- ti convica l’amore della comune origine (umana):
- abbi pietà di un cuore pentito, umile.
- Che se sono solito amare con così mirabile fedeltà
- un po’ di corruttibile terra mortale,
- che cosa dovrò fare nei tuoi confronti, che sei creatura così nobile?
- Vergine, se mi risollevo dalla mia condizione assai misera e vile
- grazie al tuo aiuto,
- io consacrerò al tuo nome
- e purificherò pensieri, ingegno e stile,
- lingua, cuore, lacrime e sospiri.
- Guidami al passaggio migliore
- e prendi a cuore i miei desideri, così mutati nel tempo.
- Il giorno ultimo si avvicina, e non può essere lontano,
- tanto corre e vola il tempo,
- Vergine unica e sola,
- e ora il rimorso, ora l’idea della morte tormentano
- il mio cuore. Raccomandami al tuo figliolo,
- vero uomo e vero Dio,
- affinché accolga nella pace la mia anima dopo la morte.
1 Vergine bella: il primo di una lunga serie di vocativi, presenti sempre a inizio e al nono verso di ogni strofe (secondo la tecnica provenzale delle coblas rentronchadas); secondo una numerologia di matrice biblica. In tutta la canzone il termine “Vergine” compare ventuno volte (possibile allusione al numero di anni durante i quali Laura rifiuta l’amore del poeta), mentre le dieci stanze del componimento sarebbe un rimando simbolico al numero di parole, secondo il Vangelo di Luca, proferite dall’angelo a Maria nella scena dell’Annunciazione. La raffigurazione di Maria è un esplicito recupero dell’Apocalisse (12, 1), ma in tutto il testo abbondano i riferimenti alle Sacre Scritture; e si noti che al termine “donna”, tipico dalla tradizione lirica cortese, Petrarca sostituisce “Vergine”, con specifico riferimento alla realtà trascendente della fede e al suo itinerario di peccatore redento.
2 senza tu’ aita: La prima richiesta di aiuto alla Vergine riguarda proprio la capacità di innalzare una preghiera e un canto degni di un così nobile soggetto (così Dante, nella Vita Nova, XVIII-XIX: “pareami avere impresa troppo alta matera quanto a me, sì che non ardia di cominciare”).
3 al mio prego t’inchina: la formula con cui Petrarca si rivolge alla Madonna è modellata sulla sintassi dei Salmi.
4 la mia guerra: la metafora bellica è tradizionalmente impiegata nel Canzoniere (si pensi a Pace non trovo, te non ò da far guerra) e in tanta letteratura amorosa per la designazione del tormento amoroso.
5 Prima delle rime al mezzo ("guerra - terra") che legano il penultimo verso con il primo emistichio quinario dell'ultimo verso di ciascuna stanza.
6 tu del ciel regina: qui la citazione intertestuale è all’antifona, recitata da Pasqua fino a Pentecoste, del Regina coeli.
7 le beate vergini prudenti: riferimento alla parabola evangelica (Matteo, 25, 1-13) delle dieci vergini in attesa dello sposo che, mantendendo accesa la lampada dello Spirito Santo poterono essere ammesse a celebrare le nozze. Maria è, nella fantasia di Petrarca, la prima tra queste, e la sua "lampa" è la più luminosa.
8 figliuola e madre: dittologia tradizionale nelle lodi alla Vergine, al contempo madre di Cristo (in quanto generato dal suo grembo virginale) e figlia (come tutti gli uomini).
9 il pianto di Eva: La Madonna ha cioè tramutato il “pianto d’Eva” in “allegrezza” perché generando Cristo ha redento il mondo dal peccato originale.
10 altissima humiltate: l’umiltà che le è valsa la beatitudine celeste è designata con efficace ossimoro. Anche Dante, nel XXXIII del Paradiso, definisce Maria, attraverso le parole di S. Bernardo, “umile e alta più che creatura” (v. 2).
11 fonte di pietate e sol di giustizia: tradizionali designazioni di Cristo.
12 vera beatrice: unica vera fonte di beatitudine, in contrapposizione alle altre donne terrene. Duplice qui il rinvio, sia alla Laura che è fonte di tormento e di sofferta autoanalisi (e quindi antitetica alla Grazia che si spera di ottenere dalla Madonna) sia alla Beatrice di Dante, che rimane un termine di confronto, letterario ed ideologico, imprescindibile per Petrarca
13 L’intero verso è una ripresa dalla lettera di San Paolo ai Romani (5, 20), nella quale si esplicita che la grazia divina è tanto più grande quanto più grande è il peccato da cui trae origine (“la grazia misericordiosa sarà abbondante dove abbondò il peccato”).
14 Con le ginocchia de la mente inchine: mantenendo un atteggiamento umile, determinato dal pentimento. Perifrasi per indicare la contrizione di chi ha acquisito piena coscienza dei peccati commessi e si rimette a Dio.
15 Tradizionale immagine della navigazione per indicare i pericoli delle seduzioni terrene.
16 ‘l tuo nemico: è chiaramente il demonio, come già preannunciato nella Genesi (3, 15).
17 chiostro: metafora per indicare il grembo materno.
18 L’andirivieni tormentoso del poeta suggerisce, con efficace immagine, il tentativo - ancorché vano - di trovare la pace sulla terra.
19 alma: latinismo che significa “che dai vita”. È in rima equivoca con “l’alma” ("anima") del verso che precede.
20 a me morte, et a lei fama rea: ecco il paradosso che ha sorretto la relazione del poeta con Laura: lei non è mai stata a conoscenza delle sue pene d’amore e, se anche avesse saputo, l’avrebbe rifiutato - oppure - accettando di dare seguito alla relazione, avrebbe condannato lui alla dannazione e se stessa al disonore dell’ignominia.
21 dea: Petrarca si riferisce a Maria con un attributo pagano e per questo si scusa subito nel verso seguente.
22 et a me fia salute: in ogni caso Laura non avrebbe potuto porre fine al dolore del poeta: la spiegazione di queste affermazioni è già stata data, attraverso le contraddizioni messe in evidenza a vv. 94-97. Può invece riuscirvi, in un contesto ultraterreno, la Vergine, grazie alla sua “gran vertute” (v. 102).
23 l’extremo passo: è quello della morte (In Chiare, fresce et dolci acque era il “dubbioso passo”, v. 22).
24 Medusa: la passione amorosa per Laura è indicata con il nome dell’orrenda figura della mitologia classica, che aveva il potere di trasformare in sasso chiunque la guardasse.
25 La Madonna potrà essere indotta ad assumere un atteggiamento pietoso nei confronti del poeta in virtù della comune appartenenza al genere umano. Qui un altro rimando salmodiale (Salmi, 50: “cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies”).
26 In questi versi è stata individuata da alcuni la dedica di tutto il Canzoniere alla Vergine Maria: Petrarca affida simbolicamente alla madre di Cristo, chiedendo la sua grazia, la propria attività intellettuale (i "penseri"), la sua creazione letteraria ("'ngegno et stil"), il mondo intimo dei sentimenti e delle sofferenze sottoposte nei Rerum vulgarium fragmenta ad attentissima analisi ("la lingua e 'l cor, le lagrime ei sospiri").
27 I desideri sono cangiati perché il poeta ha preso atto, con pentimento, della propria condizione d'errore: in tal senso, può dirsi concluso quel percorso di formazione e di spiritualizzazione delle pulsioni terrene cui Petrarca stesso, come in una confessione, alludeva nel sonetto incipitario Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono, vv. 2-4: "di quei sospiri ond'io nudriva 'l core | in sul mio giovenile errore | quand'era in aprte altr'uom da quel ch'i' sono".
unica et sola: così il poeta aveva designato Laura in Questa fenice de l’aurata piuma (in numero centottantacinque della raccolta).
L’amore terreno è stato definitivamente abbandonato per una condizione “altra” e superiore.