La caratteristica che appare più clamorosa tra quelle che distinguono gli animali dalle piante è la capacità di spostarsi nell’ambiente in cui vivono. In realtà non tutti gli animali sono dotati di grande capacità di movimento come quelli a noi più noti, i vertebrati e buona parte degli artropodi. È evidente quindi come gli arti di animali come i mammiferi abbiano avuto un ruolo fondamentale durante il corso dell’evoluzione, per la conquista della terraferma, oltre che dell’aria e dell’acqua. Per quanto riguarda i grandi animali che camminano, spesso migratori, essi hanno sviluppato zampe forti, in grado di sostenere anche un grande peso, dotate di unghie. Queste strutture, oltre alla particolare configurazione delle ossa degli arti, permettono all’animale di avere un appoggio sicuro su terreni impervi come i rilievi montuosi, e di avere un’elevata velocità in piano. Gli animali che possiedono gli zoccoli venivano in passato definiti Ungulati, un raggruppamento che tuttavia comprendeva specie che sono risultate essere molto distanti a livello genetico fra loro, come dimostrato dal sequenziamento del genoma. Ad oggi “ungulati” non è un termine zoologicamente corretto, tuttavia viene inteso come l’insieme di due ordini distinti: gli Artiodattili e i Perissodattili. Essi si distinguono per il numero di dita sviluppate: gli Artiodattili possiedono un numero pari di dita, spesso due dita centrali più grandi e uno più piccolo per ogni lato; i Perissodattili invece presentano un numero dispari di dita. Questi animali, nonostante abbiano di frequente delle grandi dimensioni, sono in grado di convivere pacificamente con le altre specie, con le quali condividono frequentemente habitat e risorse, e con i quali spesso formano grandi mandrie miste, che hanno anche lo scopo di difesa da predatori comuni: anche in questo caso l’unione fa la forza.
Camminando, camminando…. : a sinistra la zampa a due dita dell’artiodattilo dromedario (Camelus dromedarius), al centro una mandria di gnu (Connochaetes taurinus) e a destra una giraffa (Giraffa camelopardalis) in compagnia di un rinoceronte nero (Diceros bicornis).
Pur trovando nella vita in gruppi una valida difesa, artiodattili e perissodattili hanno comunque strategie di difesa individuali, e sono in grado di allontanare i predatori e di lottare con i propri simili per la conquista del territorio e delle femmine. Gli strumenti principali sono i denti, che in alcune specie risultano evolute in zanne appuntite o dalle grandi dimensioni, e le corna, molto vistose in alcuni animali, che possono essere aguzze e diramate, costituite da materiali diversi a seconda delle specie. In molti animali le corna sono una prerogativa dei competitivi maschi, ma esistono le dovute eccezioni. I maschi, come detto, lottano anche per proteggere il proprio territorio, che spesso marcano con urina e feci o altre sostanze odorose come il secreto delle ghiandole lacrimali, segnando, inoltre, la scorza degli alberi con lo strofinio delle corna. I vegetali in generale sono il cibo principale di questi erbivori, nonostante talvolta la loro dieta comprenda anche animali dalle piccole dimensioni come alcuni artropodi. In relazione a questa dieta particolare, gli ungulati presentano una dentatura particolare con molari e premolari sviluppati, in grado di triturare l’erba,mentre meno sviluppati sono incisivi e canini, che tuttavia risultano ancora presenti. Molti perissodattili e artiodattili dispongono di un labbro superiore uncinato, in grado di afferrare più facilmente le foglie di alberi e arbusti, strappandoli con forza; molte specie dispongono anche di una lunga lingua che facilita questa operazione. Un gruppo di artiodattili è in grado di digerire in maniera specifica la cellulosa presente nei vegetali grazie a uno stomaco aggiuntivo chiamato rumine, la cui flora batterica ha proprio lo scopo di degradare le rigide strutture tipiche dei vegetali. Queste specie vengono definite ruminanti, noti per la cosiddetta "doppia masticazione" del cibo.
I Perissodattili vengono suddivisi in 3 famiglie: Equidi, Rinocerotidi e Tapiridi.
Gli Artiodattili sono divisi invece in 10 famiglie: Suidi, Taiassuidi, Ippopotamidi, Camelidi, Cervidi, Moschidi, Tragulidi, Antilocapridi, Giraffidi, Bovidi.
A sinistra due impala (Aepyceros melampus) lottano fra loro, al centro un francobollo del Kazakhstan del 1992 raffigurante un saiga (Saiga tatarica), dal particolare labbro superiore, e a destra la lunga lingua della giraffa (Giraffa camelopardalis).
L’uomo ha instaurato molto precocemente uno stretto rapporto con molti ungulati, soprattutto attraverso l'allevamento di specie utili per la carne, il latte, la lana e come animali da soma. La domesticazione ha permesso la selezione di razze dalle particolari caratteristiche. Alcuni vengono anche utilizzati per sport, come l’equitazione. Per questo motivo tuttavia molti di questi erbivori sono stati (e spesso lo sono ancora) oggetto di caccia da parte dell’uomo, sia per le carni, sia per le corna o le zanne, trofei che attirano molti bracconieri.
Cartelli stradali curiosi: a sinistra un cartello avvisa di fare attenzione agli ippopotami, in Sudafrica, al centro è segnalata la presenza dei facoceri in Namibia, e a destra un cartello in tre lingue (Ebraico, Arabo e Inglese) che avvisa chi attraversa il deserto del Negev, in Israele, della presenza di dromedari vicino alle strade.
- Perissodattili
Gli Equidi sono una famiglia di perissodattili che comprende specie simili al cavallo (in latino equus).L’evoluzione degli equidi si compie parte in America parte nel Vecchio Mondo (Europa, Asia, Africa), ma solo in quest’ultimo si sviluppano gli equidi attuali e si realizza l’addomesticamento da parte dell’uomo. Gli equidi verranno poi portati anche in America e in Oceania. Questi animali sono accomunati da una criniera lungo tutto il collo e un ciuffo sulla punta della coda: ogni singolo pelo di queste strutture viene chiamato crine. Fra gli equidi, le specie più curiose sono sicuramente sono le zebre, come ad esempio la zebra di Grevy (Equus grevyi), le quali possiedono un manto a strisce bianco-nere, che differisce leggermente fra le varie specie, ma anche fra i singoli individui: queste strisce sembrerebbero infatti una sorta di “impronta digitale” che permette il riconoscimento dei membri del branco. Oltre a questa funzione, il manto della zebra permette di regolare la temperatura corporea e di confondere gli eventuali predatori presenti nella savana. Un’altra specie in grado di vivere in un habitat dalla scarsa vegetazione è l’onagro (Equus hemionus), chiamato anche asino selvatico asiatico. Questa specie abita le praterie e le steppe kazake e mongole, e viene considerato la controparte selvatica dell’asino addomesticato dall’uomo: esso è un animale molto forte fisicamente, utilizzato come animale da soma per il trasporto di cose e persone su ripidi pendii. L’asino (Equus asinus) è un animale particolarmente usato in zone come la Dalmazia o le isole greche dell’Egeo, ma anche sui rilievi italiani, sui quali è stato molto utile durante le diverse guerre che hanno colpito il Paese. A fianco dell’asino viene spesso utilizzato un altro animale che deriva dal suo incrocio con il cavallo: dall’unione fra un asino e una giumenta (cavallo femmina) nasce il mulo (Equus mulus), dall’unione fra un’asina e un cavallo nasce il bardotto (Equus burdu). Il mulo e il bardotto tuttavia sono sterili, in quanto possiedono un numero dispari di cromosomi (63), derivanti dall’unione dei 31 cromosomi ottenuti dall’asino e 32 dal cavallo: di conseguenza durante la meiosi l’ibrido non riuscirà a produrre gameti validi, per la disparità nel numero di cromosomi. Il cavallo domestico (Equus caballus) è stato allevato a lungo dall’uomo, che è riuscito anche a ottenere diverse razze, come è accaduto per cani e gatti. Le varie razze si distinguono per dimensioni, colore, lunghezza del crine, temperamento, forza e velocità, caratteristiche spesso fondamentali per l’uso sportivo di questi animali: l’equitazione risulta essere infatti da oltre un secolo una disciplina olimpica, con diverse specialità e varianti. I cavalli hanno inoltre avuto un ruolo fondamentale nella conquista dell’America: dai capi portati direttamente dai Conquistadores spagnoli ai destrieri protagonisti dell’espansione verso ovest dei pionieri americani, per conquistare il Selvaggio West. Molti di questi cavalli sono tuttavia ritornati alla vita selvatica, riproducendosi velocemente e colonizzando le grandi praterie statunitensi: essi sono chiamati mustang, e in loro onore la casa automobilistica Ford ha ribattezzato l’omonima auto, divenuta simbolo degli USA. La Mustang non è tuttavia l’unica auto che porta nel proprio stemma un cavallo: la Ferrari è rappresentata dal cavallino rampante sullo sfondo giallo Maranello. Potenza, automobili e cavalli sono tuttavia un trio comune: il cavallo vapore (CV) è una unità di misura della potenza ora non più accettata dal Sistema Internazionale, ma tuttavia rimasta nel gergo comune per indicare la potenza di un motore: il corrispettivo inglese è l'horsepower. L’origine di questo nome è probabilmente legata al fatto che l’invenzione del motore ha permesso di sostituire l’uso dei cavalli come animali da traino.
Gli Equidi: a sinistra la zebra di Grevy (Equus grevyi), accanto al suo puledro, al centro l’onagro (Equus hemionus), e a destra un atleta statunitense e il suo cavallo saltano una siepe durante la prova di cross-country ai Giochi Olimpici di Londra 2012.
La famiglia dei Rinocerotidi comprende le 5 specie di rinoceronte, caratterizzate tutte dalle grandi dimensioni e da una corporatura massiccia, che le rende in grado di difendersi dai predatori. Il pericolo maggiore per i rinoceronti è purtroppo costituito dalla caccia spietata perpetrata dall’uomo, al fine di procurarsi il famoso corno, considerato avere proprietà mediche e afrodisiache inesistenti. Il rinoceronte nero (Diceros bicornis), possiede due corni sul proprio capo, al pari del rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis), mentre il rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis) e il rinoceronte di Giava (Rhinoceros sondaicus) ne hanno soltanto uno: questi corni non sono fatti di avorio, come le zanne dell’elefante, bensì di cheratina, al pari delle nostre unghie e capelli. Per questo motivo il corno del rinoceronte è un grado di ricrescere una volta asportato, e sembrerebbe che l’animale non senta particolare dolore durante il taglio: i bracconieri tuttavia uccidono l’animale nel tentativo di procurarsi il corno. Per questo motivo a volte in zone a grave rishcio di bracconaggio i rinoceronti vengono sedati e viene loro asportato il corno, al fine di proteggerli. L’unica specie di questa famiglia a non essere a rischio di estinzione è il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum). I maschi utilizzano i corni per le lotte in difesa del proprio territorio.
I Tapiridi invece sono una famiglia le cui 4 specie non hanno particolari armi di difesa: questi animali pacifici sono accomunati da una protuberanza sul labbro superiore, simile ad una piccola proboscide. Questo organo viene utilizzato dai tapiri come boccaglio quando si trovano in acqua per sfuggire dai predatori o semplicemente per rinfrescarsi. Le tre specie che vivono in America Latina, ovvero il tapiro di montagna (Tapirus pinchaque), il tapiro di Baird (Tapirus bairdii) e il tapiro americano (Tapirus terrestris), hanno colorazione bruno-marrone, mentre l’unica specie del Vecchio Mondo, l’asiatico tapiro dalla gualdrappa (Tapirus indicus), è di colore bianco-nero. I tapiri sono considerati specie antiche, in quanto si ritiene si siano evolute poco rispetto ai loro antenati. Nonostante siano perissodattili, i tapiri possiedono un ulteriore dito sulle zampe anteriori, che facilita loro la presa sul terreno.
A sinistra il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum), a destra il tapiro dalla gualdrappa (Tapirus indicus).
- Artiodattili
La famiglia dei Suidi, comprende specie simili al maiale domestico, il quale non è altro che la forma addomesticata del cinghiale (Sus scrofa), animale che ha un areale molto vasto che va dall’Europa Occidentale all’estremo Oriente. I suidi hanno un corpo generalmente tozzo, con zampe corte, coda dotata di ciuffo e sono caratterizzati da una dieta onnivora, che comprende vegetali, ortaggi, frutti, funghi, insetti, piccoli rettili, uccelli e mammiferi. Questi animali ricercano cibo a terra, sfruttando il muso dotato di grande mobilità e l'ottimo olfatto: i maiali infatti vengono usati per la ricerca dei pregiati tartufi. L’azione che compie il maiale nella ricerca rumorosa del cibo viene chiamata grufolare. Specie che vivono in Africa, come l’ilocero gigante (Hylochoerus meinertzhageni) e il facocero (Phacochoerus africanus), hanno canini superiori sporgenti come zanne, incurvate verso l’alto, che hanno lo scopo di difesa nei confronti dei predatori, e di attacco durante le lotte fra maschi: anche l’asiatico babirussa (Babyrousa babyrussa) ha questa caratteristica. I Taiassuidi, invece, famiglia in passato considerata all’interno dei suidi, possiedono canini che crescono diritti e rivolti verso il basso, nonostante una evidente somiglianza fisica con i cinghiali: essi comprendono le specie di pecari, che abitano le Americhe.
Altri animali che utilizzano i denti come difesa sono le due specie appartenenti alla famiglia degli Ippopotamidi, ovvero l’ippopotamo pigmeo (Hexaprotodon liberiensis) e l’ippopotamo (Hippopotamus amphibius): il primo è molto raro e ha un areale ridotto ad alcune zone dell’Africa Occidentale, il secondo ha dimensioni cinque volte superiori ed è comune in Africa. Come suggerisce il nome scientifico, l’ippopotamo è un animale anfibio, in quanto, come gli anfibi, che però costituiscono una ben diversa classe di vertebrati, è in grado di vivere sia sulla terraferma sia in acqua: in entrambi gli ambienti, nonostante l'elevata stazza e le zampe relativamente piccole, è dotato di grande agilità. L’ippopotamo è adattato ben alla vita acquatica: ha dita palmate e orecchie, occhi e narici posizionati in alto sul cranio, in modo da permettere all’animale di stare a lungo in acqua, controllando l’ambiente circostante (in modo simile al coccodrillo, che è un rettile). L’ippopotamo necessita spesso del contatto con l’acqua, perché la sua pelle si secca facilmente sotto il cocente sole africano. Esso ha un temperamento abbastanza burrascoso, e talvolta carica senza essere provocato, ed è assai pericoloso per le sue grandi zanne, che utilizza anche per le lotte fra maschi. Le analisi del DNA hanno evidenziato come l’ippopotamo abbia un antenato comune con i cetacei, con i quali sembrerebbe quindi essere imparentato in maniera maggiore rispetto agli altri artiodattili. Le famiglie Suidi, Taiassuidi e Ippopotamidi formano il sottordine dei Suiformi.
I Suiformi: a sinistra il facocero (Phacochoerus africanus), al centro il pecari dal collare (Pecari tajacu), e a destra i grandi denti dell’ippopotamo (Hippopotamus amphibius).
Animali adattati a climi particolari sia dal punto di vista della temperatura sia della natura del terreno sono gli appartenenti alla famiglia dei Camelidi. Specie come la vigogna (Vicugna vicugna) e il guanaco (Lama guanicoe) sono in grado di sopravvivere alle altitudini degli altipiani della Cordigliera delle Ande, a una temperatura media intorno ai 10°C. Ciò è possibile grazie a una pelliccia particolare, dalla quale si può ottenere una fibra dalle proprietà simili a quelle del cashmere (che deriva da una capra), talmente pregiata da essere usata in passato per le vesti degli imperatori Incas. La vigogna è addirittura presente anche sullo stemma nazionale del Perù. Dalla domesticazione della vigogna e del guanaco derivano l’alpaca (Vicugna pacos) e il lama (Lama glama), famoso per “sputare” saliva e resti di cibo contro chi lo minaccia o lo disturba. Questi animali hanno un lungo collo ricurvo, che li accomuna ai camelidi del Vecchio Mondo, ovvero il dromedario (Camelus dromedarius), che vive nel Nord Africa e in Medio Oriente, e il cammello della Battriana (Camelus bactrianus), originario delle steppe della Mongolia. Quest’ultimo vive ancora allo stato brado, al contrario del dromedario, estinto allo stato selvatico, ed è caratterizzato da un lungo pelo, che gli permette di sopravvivere in un grande intervallo di temperatura, che va dai -29°C ai 38°C. Il dromedario ha una sola gobba, mentre il cammello ne ha due: in entrambi i casi, la gobba contiene una riserva di grassi (e non di acqua, come molti credono), che permette loro di sopravvivere in mancanza di cibo. Un dromedario può restare senza bere anche per 6 mesi: una volta trovata una riserva d’acqua, come un’oasi, il dromedario è poi in grado di bere decine di litri d’acqua in pochi minuti. Oltre a ciò il dromedario è in grado di camminare sulla sabbia senza sprofondare grazie a speciali cuscinetti posti al di sotto delle sue zampe, e di proteggersi dalle tempeste di sabbia grazie a bocca e narici che si chiudono quasi ermeticamente: per questi motivi il dromedario viene usato ancora oggi come mezzo di trasporto nel deserto, talmente prezioso da essere usato in alcune comunità come moneta di scambio.
I Camelidi: a sinistra il guanaco (Lama guanicoe), al centro una foto storica del 1866 raffigurante un dromedario (Camelus dromedarius) facente parte dell’artiglieria egiziana, e a destra il cammello della Battriana (Camelus bactrianus).
Gli appartenenti alla famiglia dei Cervidi abitano quasi esclusivamente l’emisfero boreale, in particolare le foreste e le praterie dell’Europa e del Nord America e la fredda taiga canadese e russa. I maschi di queste specie possiedono un palco osseo molto grande ed evidente, con diverse diramazioni appuntite, che vengono utilizzate per le lotte fra maschi: un palco grande è simbolo di forza e potenza. Queste escrescenze vengono comunemente definite come corna, nonostante siano diverse da quelle dei rinoceronti, per la composizione, e dei bovidi, per la capacità di ricrescita. I palchi dei cervidi vengono infatti ciclicamente cambiati, e risultano ricoperti da una leggera peluria chiamata velluto. Il palco è una prerogativa del maschio, tranne per la renna (Rangifer tarandus), la cui femmina li possiede, e li utilizza per lottare con i maschi per accaparrarsi il cibo quando è gravida. Palchi importanti sono quelli del daino (Dama dama), del cervo nobile (Cervus elephus) e dell’alce (Alces alces), mentre il capriolo (Capreolus capreolus) possiede un tipico palco a tre punte, dalle piccole dimensioni. I cervidi sono fra i più grandi erbivori insieme ai bovidi, e sono molto apprezzati per la carne, per i quali sono spesso cacciati. Dalla famiglia dei cervidi sono stati estrapolate due nuove famiglie, ovvero quella dei Moschidi e dei Tragulidi. Entrambe comprendono specie che mancano di palchi e presentano lunghi canini simili a zanne, che spuntano minacciose al di fuori della bocca: fra i tragulidi ricordiamo il tragulo meminna (Tragulus meminna), che vive in India, e il mosco siberiano (Moschus moschiferus), noto per produrre da una ghiandola una sostanza odorosa chiamata muschio, utilizzata dall’industria profumiera.
A sinistra una coppia di daini (Dama dama), al centro l’imponente palco dell’alce (Alces alces), e a destra i canini del mosco siberiano (Moschus moschiferus).
Gli Antilocapridi annoverano un’unica specie: l’antilocapra (Antilocapra americana). Questo animale vive esclusivamente nelle praterie del Nord America, e possiede corna particolari. Dal punto di vista della struttura sono abbastanza simili a quelle dei bovidi, ma hanno una diramazione rivolta in avanti, tipica dei cervidi. Le corna dell’antilocapra sono ricurve verso il retro della testa, e sono presenti anche nella femmina, nonostante raggiungano dimensioni minori. L’antilocapra è considerata l’animale terrestre più veloce sulla lunga distanza: è in grado di mantenere una media di 56 km/h per alcuni chilometri, e una velocità massima sul breve percorso di 90 km/h. La famiglia dei Giraffidi comprende due specie, l’okapi (Okapia johnstoni) e la giraffa (Giraffa camelopardalis), accumunate da piccole corna e da una lunga lingua scura che usano per strappare le foglie dagli alberi. L’okapi, assai raro, vive nelle foreste del Centro Africa, risulta essere schivo e solitario, ed è caratterizzato da una striatura zebrata sulle cosce. La giraffa invece abita le savane africane, spesso in branchi, ed è nota per il suo lungo collo, che permette alla piccola testa di scrutare l’orizzonte alla ricerca di predatori, e di accaparrarsi le foglie che si trovato nelle parti più alte degli alberi. Nonostante la lunghezza del collo, le vertebre cervicali della giraffa sono 7 come quelle degli altri mammiferi, con l’eccezione di alcuni Sdentati. Questa caratteristica anatomica risulta tuttavia problematica quando l’animale deve dissetarsi: per farlo si china in pose bizzarre, che lo rendono vulnerabile agli attacchi da parte di predatori acquatici come i coccodrilli. Esistono più sottospecie di giraffe che si differenziano per il diverso motivo del loro mantello a macchie.
A sinistra l’antilocapra (Antilocapra americana), al centro l’okapi (Okapi johnstoni), e a destra un piccolo di giraffa (Giraffa camelopardalis) intento a dissetarsi.
La famiglia più numerosa degli artiodattili è tuttavia quella dei Bovidi, i quali comprendono una grande varietà di specie, categorizzate in ulteriori sottofamiglie. I bovidi sono accumunati dalla presenza di vistose corna, spesso presenti anche nella femmina: l’esempio più noto è quello del bue domestico (Bos taurus), la cui femmina viene comunemente chiamata mucca. Tuttavia questo termine non è zoologicamente corretto in quanto la femmina di questa specie, al pari del maschio, viene chiamata con diversi nomi a seconda dell’età, dell’essere o meno in gravidanza o dell'essere castrato. Vitello, manzo, bue e toro sono alcuni dei nomi dati al maschio; vitella, giovenca e vacca alla femmina. Le corna dei bovidi sono differenti da quelli dei cervidi e dei rinocerotidi: esse sono costituite da una base ossea con un astuccio corneo, e crescono senza diramazioni, spesso incurvandosi verso l’interno: queste corna inoltre non possono ricrescere una volta danneggiate. Nella sottofamiglia dei Bovini, oltre al bue domestico, sono comprese specie come lo yak (Bos grunniens), il cui lungo pelo lo protegge dal rigido ambiente himalayano, il bisonte americano (Bison bison), in passato padrone incontrastato delle praterie nordamericane, e il bisonte europeo,(Bison bonasus) anticamente diffuso nelle selve dell’Europa centro settentrionale e della Russia asiatica. Piccole popolazioni di questo animale, ritenuto pressoché estinto, sono state ricostruite: la popolazione oggi più consistente si trova, assai protetta, nella foresta di Bialovieza, in Polonia. Specie interessante e importante è il bufalo d’acqua indiano (Bubalus bubalus), diretto progenitore della specie addomesticata diffusa anche in Italia, dove il suo latte viene utilizzato per la produzione della Mozzarella di Bufala Campana D.O.P. (Di Origine Protetta), famosa in tutto il mondo. Altre specie allevate dall’uomo per la carne, il latte e la lana appartengono alla sottofamiglia dei Caprini, come la capra domestica (Capra hircus) e la pecora domestica (Ovis aries): essi si ritengono derivare rispettivamente dalla capra selvatica (Capra aegagrus), originaria del Medio Oriente, e dal muflone (Ovis orientalis), presente ancora oggi sulle montagne italiane, nonostante sia poco diffuso. Quest’ultimo animale possiede corna molto particolari, che si arrotolano all’indietro, come le corna di altri caprini: il bue muschiato (Ovibos moschatus), che vive nelle zone artiche del Nord America e ha corna larghe e ricurve verso l’esterno, lo stambecco (Capra ibex), che presenta lunghe corna ricurve all’indietro, e il markor (Capra falconeri), animale pakistano famoso per le caratteristiche corna “a cavatappi”. I caprini si sono adattati all’ambiente di montagna, grazie allo sviluppo di zampe forti che permettono loro di avere grande presa sui terreni rocciosi e impervi. Altre specie provviste di corna facilmente riconoscibili sono gli appartenenti alla sottofamiglia degli Alcelafini, come lo gnu (Connochaetes taurinus), degli Ippotragini, come l’antilope nera (Hippotragus niger), e degli Antilopini, come la gazzella di Thompson (Gazella thomsonii). Quest’ultima specie è nota per la sua grande velocità, con la quale è in grado di competere con i carnivori che li cacciano, come il ghepardo.
I Bovidi: a sinistra il bisonte americano (Bison bison), al centro le corna “a cavatappi” del markor (Capra falconeri), e a destra la gazzella di Thomson (Gazella thomsonii), pronta a scattare al minimo pericolo.
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