Quello di evoluzione degli esseri viventi è un concetto molto antico. Il primo a parlarne fu il filosofo Anassimandro da Mileto nel V secolo a.C. ma per lungo tempo la teoria dominante fu quella del fissismo, secondo la quale le specie animali e vegetali sono immutabili. La prima teoria evoluzionistica moderna fu proposta nel 1809 da Jean-Baptiste de Lamarck ed era basata sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Cinquant’anni dopo, Charles Darwin propose la sua teoria dell’evoluzione, che introduceva l’idea di una selezione naturale operata dall’ambiente sull’ampia varietà di caratteristiche fisiche e funzionali degli esseri viventi. Quelli che meglio riuscivano ad adattarsi, potevano così riprodursi e trasmettere in eredità ai propri discendenti i tratti vantaggiosi. La nascita della genetica a fine ‘900 diede ulteriore slancio alla teoria, che si evolvette in quella che venne chiamata Sintesi Moderna, o Neodarwinismo, secondo la quale l’evoluzione avviene dunque grazie a una combinazione di caso – mutazioni e ricombinazioni che generano la varietà genetica – e necessità – le condizioni ambientali e la selezione naturale.