“Mangia le carote che ti fanno bene alla vista!”
Quante volte abbiamo sentito i nostri genitori o i nostri nonni dirci questa frase quando eravamo bambini, pensando che fosse soltanto una scusa per obbligarci a mangiare le tanto "odiate" verdure? Se siete stati bambini “quattrocchi” (come chi vi scrive) mangiare tante carote è stata l’abitudine, nonostante la vostra vista non sia migliorata nel tempo. Non sentitevi però in credito nei confronti di chi vi ha costretto a mangiare l’ortaggio arancione poichè, come a volte accade, la “credenza popolare” contiene un fondo di verità. Le carote, o meglio i nutrienti che contengono, infatti sono molto legate al meccanismo con cui opera la vista, il senso che forse fra tutti è il più importante in quanto ci permette di esplorare al meglio il mondo che ci circonda.
Le carote, e altri vegetali come albicocche, pomodori, spinaci e rape, sono ricchi di β carotene, una lunga molecola di 40 atomi di carbonio, alcuni dei quali organizzati a formare due cicli a sei. Ha la caratteristica di possedere molti legami insaturi (doppi legami), tutti in conformazione trans, intervallati fra loro da 1 solo atomo di carbonio: questo rende la molecola capace di assorbire parte dello spettro visibile della luce, risultando in un colore arancio acceso, tipico appunto della carota, che porta il β carotene ad essere utilizzato anche come colorante alimentare naturale.
A partire dal β carotene il nostro organismo sintetizza la vitamina A, la quale ha un ruolo fondamentale per la vista in condizioni di scarsa luce: una sua carenza infatti causa anche cecità notturna. Il β carotene subisce l’aggiunta di una molecola di O2, catalizzata dall’enzima mono-ossigenasi, che porta alla scissione in due molecole di retinale, forma aldeidica della vitamina A.
La vitamina A può trovarsi anche nella forma alcolica (retinolo), che viene ossidata a retinale nei bastoncelli oculari, cellule che fanno parte della retina, la quale a sua volta è una parte dell’occhio umano. In queste cellule il doppio legame trans che si trova fra il carbonio 11 e il carbonio 12 viene trasformato, o meglio isomerizzato, ad un legame cis, formando l’11-cis-retinale. In questa forma viene legato da una proteina, la opsina, mediante il gruppo -NH2 di una lisina presente nel "cuore" della proteina stessa, formando una immina (una specie in cui un atomo di carbonio lega un atomo di azoto con un doppio legame) che prende il nome di rodopsina. Quando l’occhio viene colpito dalla luce, la rodopsina cambia la sua conformazione facendo ritornare il doppio legame fra C11 e C12 nella forma trans, grazie all’energia fornita dalla radiazione luminosa. Il cambio conformazionale permette di attivare la rodopsina che verrà poi idrolizzata, mediante l’aggiunta di acqua, per distaccare l’11-trans-retinale, pronto per essere nuovamente isomerizzato.
Questo procedimento permette di trasformare l’impulso luminoso in un impulso meccanico, cioè nel cambio conformazionale della rodopsina con la sua conseguente attivazione. Tutto ciò deve però essere trasformato in un impulso nervoso, in modo da permettere al nervo ottico di trasmettere al cervello le informazioni con le quali sarà in grado di ricostruire l’immagine che stiamo guardando. Proprio per questo motivo la rodopsina è una proteina integrale di membrana in grado di attivare un segnale intracellulare che permetta, dopo alcuni passaggi, di chiudere i canali del calcio presenti sulla membrana plasmatica. Questa operazione non permette più agli ioni Na+ che si trovano all’esterno della cellula, a causa del trasporto attivo mediato dalla pompa sodio-potassio, di entrare all’interno seguendo il proprio gradiente di concentrazione. Ciò causa una variazione del grado di polarizzazione della membrana che porta all’avvio dell’impulso nervoso.
L’apporto di β carotene e di vitamina A è quindi importante per mantenere in salute la nostra vista, in particolare in condizioni di poca luce. Il difetto di questa vitamina può causare problemi così come può farlo un suo eccesso: è utile, quindi, consumare fonti naturali di questa molecola, come appunto le carote.
Credits: Wikimedia Commons Sergiy O. Bukreyev.