Introduzione
Quella di Andreuccio da Perugia è la quinta novella della seconda giornata del Decameron, dove i dieci giovani della "allegra brigata" hanno stabilito di raccontare le avventure a lieto fine (qui la narratrice è Fiammetta); protagonista è un giovane mercante che giunge dalla sua città natale - Perugia appunto - a Napoli, portando con sé cinquecento fiorini per acquistare cavalli. L’esperienza di una notte turbolenta lo farà maturare e gli insegnerà come stare al mondo.
Riassunto
Andreuccio, che non si è mai allontanato da Perugia, è un “cozzone” (cioè, un mercante) di cavalli assai giovane ed ingenuo, che, giunto a Napoli per concludere qualche buon affare, fa sfoggio della sua ricchezza sulla piazza del Mercato:
[...] la seguente mattina fu in sul Mercato, e molti ne vide e assai ne gli piacquero e di più e più mercato tenne, né di niuno potendosi accordare, per mostrare che per comperare fosse 1, sì come rozzo e poco cauto più volte in presenza di chi andava e di chi veniva trasse fuori questa sua borsa de' fiorini che aveva.
Andreuccio viene così notato da una prostituta siciliana ("una giovane ciciliana bellissima, ma disposta per piccol pregio a compiacere a qualunque uomo", spiega Boccaccio), che cerca di derubarlo: dopo aver visto il giovane salutare con trasporto un'anziana donna, anch'essa siciliana, chiede a quest'ultima notizie sul giovane, per poi fingersi sua sorella, figlia di un’amante conosciuta dal padre durante un viaggio nell'isola 2. Il ragazzo viene invitato dalla donna nella sua casa, nella contrada Malpertugio, un quartiere malfamato di Napoli. Il giovane è commosso dalla rivelazione della donna ("questa favola, così ordinatamente, così compostamente detta da costei"), al punto da fermarsi a cena e poi, su insistenza della presunta sorella, a dormire lì. Spogliatosi dei suoi vestiti e della bisaccia con i denari così ambiti, Andreuccio si reca nella latrina (il "chiassetto"), dove c'è un'asse schiodata che funge all'uso. Il protagonista vi scivola dentro, senza tuttavia subire danni fisici dalla caduta nella fogna; mentre la donna s'impossessa dei denari, il giovane inizia così a gridare e a richiamare l’attenzione del quartiere. Interviene il ruffiano della prostituta, che invita il ragazzo ad andarsene per evitare problemi più gravi. Direttosi verso il proprio albergo, Andreuccio incontra poi due ladri, che lo scovano nonostante egli si sia rifugiato in un casolare: i due gli spiegano che è stato fortunato ad essere caduto fuori dalla casa della prostituta, perché se fosse rimasto là sarebbe stato senza dubbio ucciso.
I due delinquenti raccontano poi al giovane che hanno intenzione di derubare il cadavere dell’arcivescovo Filippo Minutolo, gran dignitario del Regno napoletano, che, morto da poco, è stato seppellito con ornamenti e oggetti preziosi nel duomo partenopeo. Andreuccio (nuovamente ingannato da chi è più esperto di lui della vita ma soprattutto desideroso di recuperare la fortuna perduta) decide di partecipare al furto. I due ladri, però, obbligano il giovane a lavarsi, data la puzza che emana. Viene calato così in un pozzo vicino alla chiesa, ma viene subito abbandonato dai due, a causa dell’arrivo di alcune guardie di giustiza. Queste, assetate, tirano su la corda a cui era appeso il giovane e alla sua vista, colti dal terrore, fuggono. Andreuccio incontra nuovamente i ladri, cui racconta il proprio rocambolesco "salvataggio" e con cui attua finalmente il furto. Scoperchiata la tomba in marmo dell’arcivescovo i due criminali obbligano il ragazzo a introdursi nel sepolcro e a consegnare loro gli oggetti preziosi. Andreuccio, capendo che i ladri vogliono nuovamente abbandonarlo, una volta ottenute tutte le reliquie, tiene per sé un anello. I due chiudono poi nella tomba il giovane, che sviene per il terrore della morte e il puzzo del cadavere. Mentre Andreuccio si tormenta sul proprio destino sciagurato, sopraggiungono altri due ladri che aprono l'arca. Un prete prova a calarsi all'interno, ma Andreuccio, cogliendo l'occasione favorevole, gli afferra la gamba, terrorizzando lui e i due malfattori, che fuggono immediatamente. Finalmente libero, il protagonista esce dalla cripta e torna a Perugia, con l’anello dell’arcivescovo.
Andreuccio, la Fortuna e le prove iniziatiche
Boccaccio attraverso Andreuccio ritrae il mondo dei commerci e la nuova classe sociale dei mercanti: astuti, scaltri, e sempre pronti a cogliere l'occasione per coronare i loro interessi. Questa è la classe emergente del XIV secolo, di cui l'autore sintetizza il dinamismo e la vitalità: Andreuccio, nella sua evoluzione, diventa parte di questa nuova forza, incarnandone consapevolmente i valori. Inoltre ciò che l’autore descrive con perizia è anche la realtà urbana napoletana del Trecento, che Boccaccio stesso aveva conosciuto direttamente: il caotico mercato, i quartieri popolari e malfamati, i vicoletti e i suoi abitanti. La Fortuna e il Caso dominano questa novella cittadina, tipica dello spirito del Decameron: Andreuccio dopo diverse disavventure riesce a tornare al punto di partenza, Perugia, arricchito sia materialmente sia interiormente. Da giovane ingenuo che era, Andreuccio diventa un furbo mercante, che usa l’astuzia per sfuggire a situazioni pericolose. Benedetto Croce osserva in proposito come l’intervento della Fortuna renda Andreuccio “un ingannato e un ingannatore, un derubato e un derubante, un mercante che va a comperare cavalli, e un ladro che invece s'arricchisce di gemme; e, col condurlo a un precipizio, gli salva la vita; col metterlo a rischio di morte imminente, gli ridà il danaro perduto”.
In tal senso, quello di Andreuccio è un percorso di formazione e di maturazione che, sulle onde della Fortuna, permette al giovane protagonista di acquisire una nuova consapevolezza della vita: il suo rito di iniziazione (cioè uno schema di origine mitica che allude al passaggio dall'età dell'adolescenza a quella adulta, e che si rintraccia in molte culture diverse) prevede appunto una morte simbolica, corrispondente alle tre cadute nel "chiassetto", nel pozzo e nel sepolcro, e poi il ritorno alla vita, con il "premio" finale al suo coraggio e alla sua intraprendenza.
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