Prima di mostrare un esempio articolo di giornale - che, insieme con il saggio breve su differenti argomenti, l'analisi del testo poetico o prosastico e il tema d'attualità costituisce una delle quattro tipologie di prova scritta per l'esame - bisogna trovare l'esempio adatto da cui partire. Per questo tipo di prova, rispetto alle altre, è un po' più difficile perché, se per il saggio breve o il tema di attualità spesso va bene uno qualsiasi degli ambiti proposti, per l'articolo questa regola non vale sempre, e quindi dobbiamo procedere in maniera leggermente diversa.
Prendiamo come esempio un caso concreto: le quattro tematiche proposte per la prima prova nel 2012:
1) Ambito artistico-letterario: il labirinto;
2) Ambito socio-economico: i giovani e la crisi;
3) Ambito storico-politico: bene individuale e bene comune;
4) Ambito tecnico-scientifico: le responsabilità della scienza e della tecnologia.
Per scrivere un buon articolo (sia sui banchi di scuola che nella vita reale) nella stragrande maggioranza dei casi, abbiamo bisogno di partire da una notizia. In questo senso l'ambito socio-economico è senza dubbio il più adatto per scrivere un articolo di giornale. Diamo un'occhiata al dossier (che è sempre utile consultare con attenzione prima di scegliere una traccia) e vediamo perché:
a) Mario Sensini, Crolla l'occupazione tra i 15 e i 35 anni, “Corriere della Sera” – 8/04/2012
La crisi dell'economia ha lasciato per strada, negli ultimi tre anni, più di un milione di giovani lavoratori di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. E sono stati soprattutto loro a pagare il conto della turbolenza economica e finanziaria che da anni investe l'Europa e l'Italia, fiaccandone la crescita. Tra il 2008 ed il 2011, infatti, l'occupazione complessiva in Italia è scesa di 438 mila unità, il che significa che senza il crollo dell'occupazione giovanile ci sarebbe stata addirittura una crescita dei posti di lavoro. Tra il 2008 e il 2011, secondo i dati dell'Istat sull'occupazione media, i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati da 7 milioni e 110 mila a 6 milioni e 56 mila. La diminuzione dei giovani occupati, pari a 1 milione 54 mila unità, ha riguardato sia gli uomini che le donne, più o meno nella stessa proporzione (meno 622 mila posti di lavoro tra gli uomini, meno 432 mila tra le giovani donne), ed in modo più intenso il Nord ed il Sud del Paese che non il Centro.
b) 45° Rapporto CENSIS, Lavoro, professionalità, rappresentanze, Comunicato stampa 2/12/2011
Giovani al centro della crisi. In Italia l'11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all'8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell'imprenditore. Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un'attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%). La mobilità che non c'è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 anni o più. L'Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all'estero per trovare lavoro.
c) ISTAT – Università e lavoro: orientarsi con la statistica
Il lavoro che si riesce a ottenere con un titolo di studio elevato non sempre corrisponde al percorso formativo intrapreso. La coerenza tra il titolo posseduto e quello richiesto per lavorare è, seppur in lieve misura, più elevata tra i laureati in corsi lunghi piuttosto che tra quanti hanno concluso corsi di durata triennale. Infatti, i laureati in corsi lunghi dichiarano di svolgere un lavoro per il quale era richiesto il titolo posseduto nel 69% dei casi mentre tra i laureati triennali tale percentuale scende al 65,8%. D'altra parte a valutare la formazione universitaria effettivamente necessaria all'attività lavorativa svolta è circa il 69% dei laureati sia dei corsi lunghi sia di quelli triennali. Una completa coerenza tra titolo posseduto e lavoro svolto – la laurea, cioè, come requisito di accesso ed effettiva utilizzazione delle competenze acquisite per lo svolgimento dell'attività lavorativa – è dichiarata solo dal 58,1% dei laureati nei corsi lunghi e dal 56,1% dei laureati triennali. All'opposto, affermano di essere inquadrati in posizioni che non richiedono la laurea sotto il profilo né formale, né sostanziale il 20% dei laureati in corsi lunghi e il 21,4% di quelli triennali.
d) Giovanna Favro, Steve Jobs, un folle geniale, “La Stampa” – 6/10/2011
Che storia, e che vita incredibile, quella di Steve Jobs. […] Mollò gli studi pagati dai genitori adottivi al college di Portland, in Oregon, dopo pochissimi mesi di frequenza. Se ne partì per un viaggio in India, tornò, e si mise a frequentare soltanto le lezioni che gli interessavano. Ovvero, pensate un po', i corsi di calligrafia. […] Era fuori dagli standard in ogni dettaglio, dalla scelta di presentare personalmente i suoi prodotti da palchi teatrali, al look ultra minimal, con i suoi jeans e i suoi girocollo neri alla Jean Paul Sartre. “Il vostro tempo è limitato – disse l'inventore dell'iPod, l'iPhone e l'iPad agli studenti di Stanford nel 2005 – Non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. E non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario”.
Intuiamo subito che da questi documenti si può trarre un articolo di giornale: l'indizio più evidente è che il primo di essi è già un articolo, mentre il secondo un comunicato stampa. Il terzo, che arriva dall'ISTAT, è ricco di numeri e statistiche, e potremmo usarlo come fonte di dati per il nostro pezzo. L'ultimo brano può invece servire come arricchimento, mostrando un caso famoso come quello di Steve Jobs. Un dossier di questo tipo è esattamente ciò che serve per scrivere un articolo. Negli altri ambiti, invece, i documenti proposti erano molto meno legati all'attualità, più astratti. Non è certo impossibile creare un articolo partendo da questi tipo di fonti, però è senza dubbio molto più difficile. Semplifichiamoci dunque la vita e vediamo come trasformare questo dossier in un articolo. La prima cosa da fare è trovare la notizia. Quando si parla di economia i numeri non mancano, e questo ci facilita il lavoro: sta però a noi scegliere i più interessanti (non per noi, ma per chi legge). Il giornalista Mario Sensini ha scelto di partire descrivendo quanti sono i giovani in più senza lavoro a causa della crisi. È un'immagine efficace, che potremmo usare anche noi. Questo però potrebbe rendere i due articoli un po' troppo simili. Proviamo invece a cercare un punto di vista diverso: per esempio scrivendo di come i giovani siano spesso i primi a essere licenziati. Ora possiamo cominciare con quello che viene chiamato “attacco”, cioè la prima o le prime righe del nostro articolo, e poi comunicare la notizia vera e propria:
La chiamano crisi economica, ma somiglia più a una guerra. Una guerra civile, in realtà, fatta di padri che lottano contro i figli, con i ragazzi in prima file fra le vittime. E i numeri appena divulgati dal CENSIS lo confermano: quasi il 40% dei licenziamenti, nel 2010, ha riguardato persone con meno di 35 anni [...]
Conclusa la prima parte, possiamo espandere il contenuto della notizia ampliando man mano la prospettiva, per esempio così:
Non sorprende allora che fra i giovani, negli ultimi tre anni, sia andato perso oltre un milione di posti di lavoro, e che soltanto due laureati su tre trovino lavoro in un campo che corrisponde al loro percorso di studi. Sono loro e le donne a pagare il costo più alto della crisi, mentre [...]
Prendiamo dai vari documenti tutte le informazioni più rilevanti per quello che vogliamo raccontare e riportiamole, cercando per quanto possibile di mantenere uno stile semplice, asciutto e senza svolazzi retorici. Nella parte finale dell'articolo potremmo invece dedicare un po' di spazio a un caso specifico, come quello di Steve Jobs:
È anche una storia di opportunità, anzi di mancanza di opportunità. Tutta un'altra cosa rispetto a quello che fu in grado di fare Steve Jobs, per esempio, che abbandonò gli studi per andarsene in India, per poi fondare la Apple qualche anno più tardi: con tutto quello che ne è seguito. Un percorso difficile da immaginare oggi, in Italia, per qualsiasi [...]
Ricordiamo però che si tratta soltanto di un esempio, una storia interessante per chi legge, ma comunque secondaria rispetto alla notizia vera e propria. Non dedichiamogli troppo spazio: rischieremmo di andare fuori tema. Per concludere il lavoro, a questo punto, mancano solo titolo e occhiello. Potremmo scegliere qualcosa del genere:
Titolo: Licenziamenti, giovani in prima fila.
Occhiello: Tre licenziati su cinque sono ragazzi, in tre anni perso un milione di posti di lavoro.