Jorge Luis Borges nasce a Buenos Aires nel 1899 da padre argentino e madre inglese. La sua vocazione letteraria si manifesta quando ancora è giovanissimo: e si narra che il suo primo testo scritto, redatto a sette anni, sia stato un riassunto di argomenti di mitologia greca. L’ambiente europeo che respira fin da piccolo lo mette in contatto tanto con la lingua inglese (che domina perfettamente) come con il tedesco e, soprattutto, gli permette di leggere tutta la letteratura europea dell’epoca in lingua originale. Anche se nel corso degli anni subirà il contatto e l’influenza con correnti e movimenti letterari centro-europei, Borges è molto legatoall’Argentina e a Buenos Aires, che descrive e usa come sfondo soprattutto nella sua opera poetica. Nel corso della vita sarà colpito da una cecità progressiva ed ereditaria che lo porterà a non poter più leggere autonomamente 1.
La produzione letteraria di Jorge Luis Borges è piuttosto vasta e copre diversi generi - la poesia, la prosa, il saggio, la traduzione soprattutto dall’inglese - ma, che visto lo stile bibliografico e citazionale dell’autore, sembrano spesso fondersi all’interno di un genere in prosa ibrido, creando una particolare destabilizzazione dell’ordine prestabilito delle cose. Una visione d’insieme dei significati delle opere dello scrittore argentino è quindi possibile soltanto inquadrando tutta la sua produzione artistica nel complesso; in questo modo è possibile tracciare una continuità dei contenuti che rafforza e approfondisce il significato dei simboli presenti all’interno di ciascuna opera.
Come affermato dallo scrittore Juan Manuel García Ramos, il valore della letteratura per Borges, non sta nella perfetta corrispondenza del reale, bensì nella possibilità di creare e inventare un numero “x” di mondi possibili che il lettore ha il dovere e la possibilità di indagare. In questo senso la letteratura è pressoché identificabile con un labirinto, nel quale l’uomo ricostruisce la realtà per sfuggire ad un altro labirinto: quello personale e interiore. Il testo letterario non è altro, allora, che una continua e interminabile rilettura del mondo, che porta a infinite ricostruzioni, tante quanti sono i lettori di un libro e le interpretazioni che questi ne vogliono o riescono a dare. Il nucleo dell’idea borgesiana è rappresentato dall’uomo che, impegnato nel costruire una realtà fittizia che lo aiuti a evadere dal mondo, finisce per creare una realtà più vera di quella contingente, stimolando nuove e continue interpretazioni di sé e della realtà che è o può essere.
Questa ricerca del metafisico e dell’irreale è delineata dall’uso di simboli, quali lo specchio, il doppio, il sogno o il labirinto, che rappresentano il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Tali simboli aiutano l’autore a costruire un discorso nel quale l’irreale e il transitorio rappresentano una soglia che porta alla riflessione personale: sull’uomo, sulla realtà e sulla percezione che si ha di essa. Nello specifico, lo specchio è lo strumento che permette alla realtà di riflettersi per un innumerevole numero di volte: ricrea la realtà medesima e la approfondisce cambiandone la prospettiva. Il doppio, allo stesso modo, replica la realtà aumentandola e sdoppiandola; ma nel duplicarla crea anche una copia che introduce un elemento di diversità e di mistero. Il sogno e il labirinto si inseriscono nell’opera di Borges come richiami al subconscio e alla possibilità che esistano e possano essere “vissute” altre realtà all’interno del nostro animo.
Dal punto di vista formale, la letteratura borgesiana si caratterizza anche per una continua ricerca formale. Tale volontà è evidente nel manifesto del 1921 dell’Ultraísmo, corrente poetica di cui Borges fu capostipite, nel quale l’autore argentino si prefigge 2:
- la riduzione della lirica al suo elemento primordiale, cioè la metafora;
- l’eliminazione delle frasi di raccordo, dei nessi e degli aggettivi inutili;
- l’abolizione dei lavori ornamentali, il confessionalismo, la circonstanzialità, le prediche e la nebulosità ricercata;
- la sintesi di due o più immagini in una, che si ampliano in quel modo la loro capacità di suggestione. Borges in particolare si dedica con attenzione alla ricerca di aggettivi e all’uso di metafora per farne specchio della realtà. Infatti, secondo l’autore argentino la metafora racchiude il messaggio stesso della letteratura, ovvero la capacità implicita di trasformare una realtà in un’altra. In questo senso la metafora smette di essere un semplice paragone di opposti per diventare una figura retorica a livello cognitivo, acquisendo attraverso l’opposizione di termini la capacità di unire una realtà concreta a una percezione.
La produzione di Borges, sia in poesia che in prosa, si conforma quindi come un’opera complessa, nella quale il pensiero dell’autore ruota attorno ad alcuni temi cardine (l’irreale, il tempo, l’esistenza di molteplici realtà, l’infinito, il subconscio) che sono di volta in volta rielaborati e approfonditi in testi diversi e il cui fine ultimo è la meditazione interiore dell’autore e dei lettori. Nella prosa quest’aspetto è individuabile anche nell’inserimento, all’interno del testo, di elementi fantastici che coinvolgono il lettore nella ricerca di una soluzione logica mai realmente possibile. Spesso nei racconti borgesiani oggetti comuni o situazioni prosaiche e quotidiane diventano il mezzo per entrare in contatto con una realtà “altra” e parallela, nella quale il lettore deve per forza perdere coscienza dei punti di riferimento abituali e interpretare la realtà che lo circonda con nuovi strumenti e da nuovi punti di vista 3. Tra le opere più importanti per spiegare questa caratteristica della scrittura di Borges, ricordiamo le raccolte El Aleph e El libro de arena (in italiano, Il libro di sabbia), pubblicate rispettivamente nel 1949 e nel 1977, e nelle quali sono presenti i racconti in cui la presenza dell’irreale e del metafisico è più accentuata.
El Aleph, cioè “el lugar donde están, sin confundirse, todos los lugares del orbe, vistos desde todos los ángulos” 4, nasconde tutte le prospettive possibili sulla realtà in un unico luogo ed è scoperto in modo fortuito mentre il protagonista cerca, in realtà, di scoprire la vera identità della donna che ha amato, ormai morta. La scoperta dell’aleph porterà il protagonista a vivere un’esperienza mistica, durante la quale potrà vedere tutto l’universo, compresa la sua amata, in un unico colpo d’occhio. L’Aleph rappresenta la possibilità di conoscere tutto, di possedere tutte le chiavi dell’Universo; tuttavia il protagonista si rende presto conto del peso che ciò comporta quando, dopo la sua esperienza mistica, non riesce più a vivere come prima poiché nulla lo sorprende più e tutto gli sembra già conosciuto. L’equilibrio ritornerà quando l’oblio inizierà a eliminare i ricordi dell’aleph:
En la calle, en las escaleras de Constitución, en el subterráneo, me parecieron familiares todas las caras. Temí que no quedara una sola capaz de sorprenderme, temí que no me abandonara jamás la impresión de volver. Felizmente, al cabo de unas noches de insomnio, me trabajó otra vez el olvido 5.
La scoperta dell’aleph mette poi in guardia nei confronti di un altro problema: è possibile enumerare a parole il tutto? Secondo Borges no, e infatti il protagonista del racconto si chiede:
¿cómo transmitir a los otros el infinito aleph, que mi temerosa memoria apenas abarca? […] Lo que vieron mis ojos fue simultáneo: lo que transcribiré, sucesivo, porque el lenguaje lo es 6.
L’accento è posto sulle possibilità irrisorie che il linguaggio ha di tradurre in parole l’infinito e di farlo secondo una stessa consequenzialità logica, che è impossibile perché l’infinito esiste su uno stesso piano e tutto allo stesso tempo, mentre il linguaggio è parziale e legato a una successione cronologica. Il libro di sabbia riprende, in parte, l’idea dell’infinito, ma lo fa da un diverso punto di vista. Il protagonista del racconto riceve la visita di un uomo sconosciuto che gli vendeun libro senza inizio né fine. Presto il protagonista si ritroverà succube del Libro de Arena e dovrà disfarsene, o la sua sete di conoscenza dell’infinito lo porterà alla pazzia. Il “Libro di Sabbia”, che si chiama così perché “ni el libro ni la arena tienen principio ni fin”: esso racchiude l’infinito e lo rappresenta, insieme alla dimostrazione di quanto all’uomo sia concesso di conoscere solo una parte, infinitesimale, di quell’infinito. Come spiega Borges:
Examiné con una lupa el gastado lomo y las tapas, y rechacé la posibilidad de algún artificio. Comprobé que las pequeñas ilustraciones distaban dos mil páginas una de otra. Las fui anotando en una libreta alfabética, que no tardé en llenar. Nunca se repitieron 7.
In entrambe le raccolte, Borges è in grado di costruire un percorso per immagini che accompagna il lettore all’interno dell’idea di letteratura come specchio della realtà e labirinto. Tali percorsi, spesso accompagnati da note bibliografiche reali e da citazioni e riferimenti alla letteratura e alla filosofia che il lettore può reperire autonomamente, conferiscono ai testi borgesiani un’aura di legittimità che predispone il lettore alla messa in discussione della realtà come proiezione soggettiva e incompleta, che necessita di una rilettura attenta e mai definitiva di ciò che è o può essere.
La figura di Borges si impone al panorama letterario come quella di uno scrittore complesso, filosofico e meditativo, capace di scrivere opere letterarie che si svincolano dal contesto argentino e parlano all’uomo e al mondo attraverso temi universali, come il contatto tra l’essere e la realtà che lo circonda, che ne rinnovano il contenuto nel corso dei decenni.
Bibliografia
Opere di Borges:
- J.L. Borges, L'Aleph, traduzione italiana di F. Tentori Montalto, Milano, Feltrinelli, 1959.
- J.L. Borges, Il libro di sabbia, traduzione italiana di I. Carmignani, Milano, Adelphi, 2004.
Studi critici:
- G. Bellini, Nueva historia de la literatura hispanoamericana, Editorial Castalia, Madrid 1997.
- G. Bellini, Borges, nuestro «fortuito» intérprete, Cultura Latinoamericana. Estratto, 1-2, 1999-2000, pp. 25-36, adesso in Biblioteca virtual Miguel de Cervantes, 2008.
- J. L. Borges, Narraciones, ed. M. R. Barnatán, Cátedra, Madrid, 2002.
- J. M. García Ramos, La metáfora de Borges, Fondo de cultura económica de España, Madrid, 2003.
C. Pérez Gallego, Descubrimiento de la realidad en «El Aleph» de Jorge Luis Borges, Cuadernos Hispanoamericanos, 214, 1967, pp. 186-195, ora in Biblioteca virtual Miguel de Cervantes, 2011.
- F. Savater, Jorge Luis Borges, Ediciones Ómega, Barcelona, 2002.
- L. Sáinz de Medrano Arce, “«El Aleph». Paradigma del vanguardismo narrativo borgeano”, in Sonia Mattalia (coord.), Borges, entre la tradición y la vanguardia, Valencia, Generalitat Valenciana, 1990, pp. 137-150, ora inBiblioteca virtual Miguel de Cervantes, 2013.
1 Proprio per questo tratto si fa allusione alla figura di Borges è nel romanzo di Umberto EcoIl nome della rosa attraverso il personaggio di Jorge da Burgos.
2 L’elenco è tratto da G. Bellini, Nueva historia de la literatura hispanoamericana, p. 310, traduzione mia.
3 Il tema ritorna ad esempio nella raccolta Finzioni (Ficciones in spagnolo), il cui titolo è decisamente significativo per la poetica e la visione del mondo dello scrittore argentino.
4 Traduzione: “Il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli” (J. L. Borges, L'Aleph, traduzione italiana di F. Tentori Montalto, Milano, Feltrinelli 1959).
5 Traduzione: “Per strada, per le scale di Costituzione, nella metro, tutti i volti mi sembrarono familiari. Temetti che non ne rimanesse una capace di sorprendermi, temetti che non mi abbandonasse mai più l’impressione di ritornare. Felicemente, al termine di un paio di notti di insonnia, mi colse nuovamente l’oblio”.
6 Traduzione: “Come trasmettere agli altri l'infinito aleph che la mia timorosa memoria a stento abbraccia? Quello che hanno visto i miei occhi è stato simultaneo, quello che trascriverò, successivo, perché il linguaggio lo è”. p. 188.
7 Traduzione: “Esaminai con una lente d’ingrandimento il dorso consumato e la copertina, e respinsi la possibilità di un qualche artificio. Verificai come le piccole illustrazioni distassero due mila pagine l’una dall’altra. Le annotai in una rubrica, che non tardai a riempire. Non si ripeterono mai” (J.L. Borges, Il libro di sabbia, traduzione italiana di I. Carmignani, Milano, Adelphi, 2004).