Introduzione
Albert Camus (1913-1960) pubblica La peste nel 1947. Uscito pochi anni dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, il romanzo ottiene fin da subito grandi consensi. La peste si presenta infatti come una riflessione allegorica sul male e sul recente trauma della guerra, che ancora pesano sulle coscienze europee: come il male, la peste non viene mai debellata del tutto, ma restan latente in attesa dell’ambiente propizio a una nuova esplosione. Anche La peste, come il precedente romanzo Lo straniero (1942) è ambientato in Algeria, dove l Camus, figlio di una modesta famiglia di coloni, era nato e vissuto fino agli anni ‘40, quando, a causa di tensioni politiche, era stato costretto a trasferirsi a Parigi.
Ne La peste (e in tutta la produzione di Camus) si riflette quel clima di sofferenza indistinta e indecifrabile e quella riflessione sull’apparente assurdità della vita che avvicinano l’autore e le sue opere alla corrente filosofica dell’esistenzialismo novecentesco e a un autore come Jean-Paul Sartre.
Riassunto
Il romanzo si apre a Orano, in Algeria, negli anni ‘40. Bernard Rieux, medico francese protagonista della storia 1, un giorno di primavera trova un topo morto sulla soglia di casa, ma non ha tempo per preoccuparsene: deve accompagnare alla stazione la moglie che, molto malata, ha bisogno di una serie di cure che non può avere in città. Passano i giorni e i ratti continuano a morire; le cifre diffuse dalla stampa sono incredibili: si parla di seimila ratti al giorno. Gli abitanti di Orano non capiscono cosa stia succedendo e accusano del problema ora questo ora quell’altro ente, finché poco a poco la situazione sembra tornare alla normalità. In realtà Rieux capisce che tutti stanno correndo un gravissimo pericolo quando il portinaio del suo stabile, Michel, si ammala così gravemente che nessuna cura pare avere successo. Michel muore presto e, dopo di lui, sempre più persone di Orano cominciano a presentare gli stessi sintomi, che adesso sono più definiti: Rieux e il più anziano collega Castel capiscono che si tratta di peste.
Inizialmente nessuno vuole credere ai due medici ma alla fine la situazione diventa evidente anche alle autorità che volevano negarla. La città di Orano viene dunque messa in quarantena. Nel frattempo è stata anche data incidentalmente notizia del tentato suicidio di Cottard, un commerciante di cui Rieux è chiamato ad occuparsi. La città è bloccata, ma al suo interno la vita continua a scorrere con le sue quotidinaitò e le sue contraddizioni: c’è chi lucra sulla mancanza di viveri, come il già citato Cottard; chi scrive un libro senza riuscire ad andare oltre la prima frase, come il dipendente municipale Grand; chi è convinto che la peste sia una punizione divina, come padre Paneloux; chi si lascia cullare dall’oblio garantito dall’alcol e dal cibo, e chi, come il giornalista Raymond Rambert, cerca in tutti i modi di raggiungere in Francia la sua amante. Rieux nel frattempo cerca di combattere il morbo con tutte le sue forze, aiutato in questo dal giovane Jean Tarrou, ex studente di giurisprudenza che ha abbandonato il cinismo della sua professione per viaggiare e conoscere il mondo. Tarrou si dà da fare, si occupa dello smaltimento dei cadaveri e convince Rambert, sempre pronto a cogliere l’occasione buona per fuggire sul continente, a restare a Orano e seguire l’esempio di Rieux, che, nonostante le condizioni della moglie, dedica tutto se stesso ai suoi malati. Così, il giornalista resta in Algeria e si prodiga per combattere l’epidemia.
Dalla primavera si passa all’estate e con il caldo anche la peste si trasforma, passando dalla forma bubbonica alla più contagiosa peste polmonare. Gli abitanti di Orano continuano a morire e non c’è neanche più posto per le fosse comuni. Tuttavia, l’anziano Castel ha prodotto un nuovo siero, che potrebbe assicurare la guarigione a tutti gli appestati. Rieux per primo decide di sperimentare la cura sul figlio del giudice, ma i risultati non sono quelli sperati: il bambino infatti muore, lasciando senza speranza i protagonisti. La peste sembra ormai non avere argini, e imperversa in città per alcuni mesi. Quando, verso Natale, anche Grand si ammala, Rieux, ormai disperato, sperimenta nuovamente su di lui il siero di Castel: l’impiegato, pur essendo a uno stadio già avanzato della malattia, guarisce sorprendentemente. L’epidemia comincia poco a poco a scemare, ma fa in tempo a portarsi via con sé Tarrou, che nel frattempo ha stretto una profonda amicizia con Rieux. Il giovane Tarrou infatti ha prestato meno attenzione alle dovute precauzioni sanitarie, convinto di essere ormai fuori pericolo.
A febbraio, finalmente la quarantena viene revocata. Gli abitanti di Orano si riversano nelle strade in preda all’euforia, tranne il il commerciante Cottard che, impazzito, spara sulla folla festante e viene arrestato dalle forze dell’ordine. Rieux, raggiunto poco prima dalla notizia della morte della moglie, trova i taccuini dell’amico Tarrou in cui si invita a vigilare sempre sul possibile ritorno della peste.
1 Solo a fine della narrazione in terza persona Riuex svelerà di essere lui stesso il narratore della storia, che egli, basandosi sugli appunti di Tarrou, ha cercato di raccontare nel modo più obiettivo possibile.