Come in un “autoscontro” molecolare, in qualsiasi reazione chimica le molecole si urtano, si toccano, formano e rompono dei legami. In un processo come questo non tutti gli scontri che avvengono tra molecole di reagenti portano alla formazione di un prodotto. Si parla così di urti efficaci e urti non efficaci. Gli urti non efficaci sono quelli in cui i legami e la composizione originaria delle molecole interessate non cambiano: non avviene quindi alcuna reazione chimica. Un urto invece è efficace quando i legami originari si spezzano e se ne formano di nuovi, modificando la composizione delle molecole e dando quindi luogo a una reazione chimica.
Questo è il modello descritto nella teoria delle collisioni (o teoria degli urti), proposta già nel 1916 da M. Trautz e W. Lewis, secondo cui l’efficacia degli scontri dipende principalmente dall’orientamento reciproco delle molecole che si accingono all’urto. L’altro fattore influente è la quantità di energia in gioco, che deve essere sufficiente affinché nuovi legami chimici possano formarsi. Esiste quindi un minimo di energia specifico per ogni reazione che prende il nome di energia di attivazione (Eₐ).
Questa teoria spiega la relazione che esiste tra l’aumento della temperatura e la velocità di reazione: all'innalzarsi della prima, si accresce l’energia cinetica disponibile e di conseguenza aumenta la anche frequenza degli urti, tra i quali quelli efficaci. Ci saranno quindi più molecole che hanno un’energia cinetica superiore all’energia di attivazione minima, e di conseguenza la reazione avverrà più velocemente.
Chiarite le condizioni per cui le molecole possono reagire, non è ancora del tutto chiaro con quale meccanismo questo fenomeno avvenga. Per spiegarlo è stata elaborata la teoria del complesso attivato. Proviamo a spiegarla con una metafora: in tutte le più divertenti (non per tutti) montagne russe esiste un momento in cui il vagone nel quale siete seduti si trova in un punto altissimo, dopo una lunga salita e con davanti una lunga discesa. Questa fase di stallo che dura molto poco (da fiato sospeso), corrisponde a ciò che che nelle reazioni chimiche è chiamato stato di transizione: nella molecola si sono rotti i vecchi legami (la salita è terminata) e se ne stanno per formare dei nuovi (la discesa da intraprendere). Il "vagone" in questo momento corrisponde a quello che definiamo un complesso attivato. Questa espressione non indica un composto chimico, ma una situazione, appunto, di transizione, di durata infinitamente piccola, in cui vengono a trovarsi i reagenti prima di cominciare a… “rotolare veloci” per diventare prodotti. È il momento in cui l’energia cinetica che agita le particelle diventa energia potenziale che agisce a livello intermolecolare, con rottura di legami esistenti e formazione di legami nuovi. Da qui in poi la reazione corre veloce verso la formazione dei prodotti, che presentano energia inferiore (il vagone a fondo corsa) rispetto al complesso attivato.