Nella storia della vita, presumibilmente circa 3,5 miliardi di anni fa, avvenne qualcosa di fondamentale per lo sviluppo delle piante e della vita stessa: alcuni organismi unicellulari cominciarono a fare fotosintesi, cioè ad assorbire l’energia proveniente dal Sole per trasformarla in energia chimica.
L’atmosfera primordiale iniziò ad arricchirsi di ossigeno gassoso, cosa che favorì successivamente l’evoluzione di tutti gli esseri viventi.
I primi organismi a svilupparsi furono alcune forme unicellulari eucariote, circa 1,5 miliardi di anni fa. A partire da esse si differenziarono le prime alghe pluricellulari (700 milioni di anni fa) e pian piano queste forme di vita autotrofe diedero origine a una grande varietà di esseri viventi. Tra di essi, quasi 300 milioni di anni dopo, comparvero semplici piante peduncolate capaci di crescere anche fuori dagli ambienti acquatici. La vera e propria colonizzazione delle terre emerse avvenne quindi circa 450 milioni di anni fa ed è riconosciuto il legame evolutivo tra le alghe verdi pluricellulari e le piante che ancora oggi ricoprono tutta la superficie terrestre.
A dimostrazione di ciò ci sono numerosi fatti: i pigmenti fotosintetici di alghe e piante sono gli stessi (clorofille e carotenoidi), la presenza della cellulosa nelle pareti cellulari, somiglianze tra alcuni passaggi dei cicli biologici e altre ancora.
Ovviamente la prima grande sfida da affrontare per quegli organismi che facevano la loro comparsa sulla terraferma fu quella di riuscire a sviluppare dei sistemi per assorbire una quantità sufficiente di acqua e di sostanze nutritive in essa disciolte. Circa 430 milioni di anni fa, da un gruppo di briofite (a cui appartengono i muschi) dirette discendenti delle alghe ancestrali, si staccarono le prime piante dotate di un sistema vascolare (tracheofite). In queste alcuni tessuti si specializzarono per dare origine ai vari organi che assolvevano al compito di ancorare la pianta al substrato (radici) e di sfruttare al meglio l’energia derivante dalla luce solare (fusti).
Tra questi, lo xilema è un tessuto specializzato che nasce dall’esigenza di trasportare attraverso la pianta l’acqua e gli ioni minerali disciolti in essa. Il floema, un altro tessuto specializzato, ovviava all’altra necessità di trasporto, quella legata ai prodotti della fotosintesi.
Come già anticipato le piante svilupparono anche altre strutture e tessuti per rendere più agevole la vita sulla terraferma, come ad esempio un rivestimento ceroso delle foglie chiamato cuticola, o la presenza di stomi, piccolissime aperture su foglie e fusti che permettono gli scambi gassosi con l’ambiente.
A questi adattamenti legati principalmente alle funzioni fisiologiche e strutturali delle nascenti nuove famiglie di piante, si aggiunsero altre modificazioni che riguardavano anche la riproduzione. Se per le piante evolutivamente più antiche la fecondazione richiedeva (e questo discorso è valido ancora oggi per le briofite) la presenza di acqua, le piante appartenenti ai nuovi “rami evolutivi” svilupparono degli organi riproduttivi pluricellulari, gametangi e sporangi, dove le cellule riproduttive, ovvero i gameti e le spore, sono protette dalla disidratazione da uno strato di cellule che le riveste. Un’ultima grande innovazione fu lo sviluppo del seme, una struttura di resistenza capace di garantire la dispersione e la protezione della pianta in diversi ambienti. Un grosso vantaggio evolutivo, comparso intorno alla fine del Paleozoico, che permise alle piante che lo utilizzarono, chiamate spermatofite, di diventare nel tempo la divisione di piante più diffuse sulla terra. Le piante che dotate di seme sono definite, e la loro origine evolutiva è datata intorno alla fine del Paleozoico.
3'
L'evoluzione delle piante sulla Terra
Domande
0 Risposte