Tra i primi testimoni di poesia religiosa in volgare troviamo il testo anonimo intitolato Ritmo su sant'Alessio, appartenente al repertorio arcaico della fine del XII secolo. Proveniente dall'abbazia benedettina di Santa Vittoria in Mateano (nelle Marche meridionali), possiede un precedente in francese (Vie de saint Alexis), della metà del XI secolo. Entrambi i testi si ispirano a una fonte latina del X secolo che traduce un originale siriaco.
L'area linguistica di riferimento di questa produzione delle origini è l'Italia centrale (soprattutto Umbria, Toscana e Marche meridionali), a cui fanno capo le sedi monastiche benedettine e gli ordini mendicanti: i principali punti di fruizione e di elaborazione dei modelli salmistici, liturgici e soprattutto della predicazione dei secoli XII e XIII. Le Laudes Creaturarum o Canticum fratris solis di Francesco d'Assisi, (meglio conosciuto come Cantico delle creature, datato tra il 1224 e il 1226), è scritto in un volgare umbro epurato dai tratti dialettali più marcati. Per questo e per l'alto valore poetico, è considerato il testo di avvio della nostra lirica in volgare. Concepito per essere accompagnato da musica (in conformità alla tradizione liturgica, ma anche giullaresca, alla quale Francesco si ispira per lo stile delle predicazioni), si rivolge a un vasto pubblico e presenta lo schema di un salmo: è suddiviso in versetti di lunghezza variabile, caratterizzati dalla presenza dell'assonanza e in quantità minore dalla rima finale. Il Cantico delle creature rappresenta un modello arcaico della “lauda”, assieme ai canti biblici liturgici (laudes matutinae e ad omnes horas dicendae), la Passione cassinese, la Lamentatio abruzzese e il Pianto delle Marie marchigiano. Originaria dell'area umbro-toscana e introdotta dalle Compagnie di Disciplinati o Flagellanti (i quali raccolgono i propri canti in appositi “laudari”), la lauda in lingua volgare è una ballata d'argomento sacro, in cui si alternano voci soliste e cori.
Jacopone da Todi, attivo nella seconda metà del XIII secolo, scrive le sue composizioni in forma di laude. Molte di esse hanno la struttura del “contrasto” e alternano voci diverse all'interno di un dialogo (il componimento intitolato Donna de Paradiso ne rappresenta l'esempio più famoso). Le laude di Jacopone presentano un arcaico dialetto umbro, arricchito di latinismi e di deformazioni lessicali: al loro interno sono spesso presenti i temi della polemica pauperistica francescana del XIII secolo.