Dagli anni Settanta si riflette su come fare partecipazione politica, cioè su come dare la possibilità ai cittadini di contare davvero. Rodolfo Lewanski propone la sua visione: in una "scala della partecipazione" dove idealmente i gradini sono costituiti dai diversi livelli di influenza del cittadino, dobbiamo pensare di muoverci dal primo gradino (purtroppo molto frequentato...), dove la partecipazione è intesa meramente come informazione, al quarto o al quinto gradino, dove incontriamo un'idea di condivisione del potere se non addirittura di affidamento diretto delle decisioni ai cittadini. In quest'ottica è importante focalizzare l'attenzione su quella che si chiama "democrazia deliberativa". Deliberativa non nell'accezione corrente di "decisione/delibera comunale" ma di "deliberare" come sinonimo per soppesare le varie opzioni e implicazioni.
Tratti caratterizzanti di questo modo di declinare la partecipazione sono:
- Il principio di inclusione: concentrarsi su chi partecipa e dare voce alla comunità, non solo attraverso assemblee ma con un metodo più innovativo, ovvero il campionamento, in base a cui si consulta un gruppo di cittadini rappresentativo sotto un profilo sociale e demografico.
- L'obiettivo di un'opinione informata: un'opinione cioè non grezza e basata esclusivamente dai sondaggi ma consapevole e appropriata, anche grazie a metodi di facilitazione che costruiscano "ponti" tra i saperi degli esperti e dei cittadini comuni.
- La creazione del dialogo: non una conversazione qualunque, ma un ascolto attivo che rispetti diversità e posizioni.
Lewanski ci presenta due esperienze che mostrano la concreta fattibilità di questa visione:
- La Legge regionale numero 69 della Regione Toscana (www.consiglio.regione.toscana.it/partecipazione/). Grazie a questa legge, che è fortemente ispirata dai principi deliberativi di cui sopra, la Regione Toscana ha finanziato in totale 116 processi partecipativi sui temi più diversi: alcuni sul bilancio partecipato, che hanno come oggetto la decisione da parte dei cittadini sulla destinazione delle risorse, alcuni sul "siting", ovvero la localizzazione delle infrastrutture, altri infine su progetti che riguardano la riqualificazione di porzioni di territorio comunale.
- Il caso dell'Irlanda e della revisione partecipata della Costituzione, come consultabile all'indirizzo www.constitution.ie
Un esempio di processo partecipativo a livello nazionale lo fornisce appunto la Repubblica di Irlanda che ha avviato un processo di tipo deliberativo in cui discute la revisione della propria Costituzione. Questo percorso partecipativo durerà un anno e prevedrà incontri periodici in un forum con sessantasei cittadini comuni e trentatrè parlamentari. Le conclusioni del forum saranno poi mandate al Parlamento e infine verrà proposto un referendum in cui tutti i cittadini potranno votare sulle modifiche deliberate. Il Consiglio finale di Lewanski è pensare che parlare di partecipazione non significa per forza parlare di fantapolitica: ci sono molti esempi virtuosi e per poterli replicare con successo serve più visione e coraggio.
Professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali della Facoltà di Scienze Politiche di Bologna, dove insegna il corso di Analisi delle Politiche Pubbliche, Rodolfo Lewanski nell'ottobre 2008 è stato nominato Autorità garante per la Partecipazione della Toscana dal Consiglio regionale. Si occupa prevalentemente di politiche ambientali, gestione dei conflitti ambientali, democrazia deliberativa e sviluppo sostenibile, pubblica amministrazione, politica della sicurezza stradale, temi sui quali ha pubblicato numerosi lavori.