A partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento nasce in Italia, in particolare a Milano, un movimento artistico e letterario contraddistinto dal nome di Scapigliatura. Gli autori di questo movimento si caratterizzano per una reazione al Romanticismo italiano (individuato nelle opere di Leopardi e Manzoni), e una ribellione contro la cultura risorgimental-borghese, e, più in generale, contro i conformismi e le ipocrisie della società ufficiale. Questo rifiuto si concretizza per gli "scapigliati" - termine che designa appunto il loro aspetto trasandato e ribelle - nella scelta di un'esistenza ai margini della società, che si nutre del disprezzo per il quieto vivere borghese e coltiva il "maledettismo" come stile di vita alternativo e anticonformistico.
Così Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti, 1830-1906), autore del romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862), descrive il movimento; esso raccoglie “individui di ambo i sessi fra i venti e i trentacinque anni non più; pieni d'ingegno quasi sempre, più avanzati del loro secolo; indipendenti come l'aquila delle Alpi, pronti al bene quanto al male, inquieti, travagliati, turbolenti”. Il modello esistenziale ed estetico di riferimento diventa quello del termine francese “bohème”, cioè di una vita disordinata e sregolata, tipica degli artisti francesi dell’epoca, descritti da Henri Murger nel romanzo Scènes de la vie de bohème (1848) e poi concretizzatisi nelle figure dei "poeti maledetti", come Charles Baudelaire (1821-1867) prima ed Arthur Rimbaud (1854 - 1891) poi. Ai modelli romantico-decadenti francesi, si aggiunge la poesia di Heinrich Heine (1797-1856).
In Italia, la Scapiglaitura si connota anche come spinta al cambiamento e alla modernizzazione della letteratura post-unitaria, in direzione delle punte del Romanticismo europeo; non manca tuttavia a questi poeti e narratori l'accusa al clima di moderatismo dell'Italia unita, e la sfiducia per l'esito mediocre e deludente delle aspettative risorgimentali. Centrale, nell’ottica scapigliata, diventa così l’opposizione tra artista e società, con le conseguenze che essa comporta: dallo scetticismo per il progresso tecnologico alla critica allo sviluppo industrial-capitalistico, fino all'emarginazione e al disadattamento sociale di molti scapigliati, le cui esistenze tormentate si concludono spesso in giovane età. In quest'ottica, nel 1864 sulla rivista “Figaro” due autori scapigliati, Emilio Praga (1839-1875) e Arrigo Boito (1842-1918), espongono, per la prima volta, il loro programma e la loro visione artistica, criticando duramente le tendenze letterarie italiane dell’epoca: “un beato branco di pecore risuscitava il poema epico, l’idillio degli arcadi e l’inno dei profeti, galvanizzandosi il cuore, adulterando la storia e brutalizzando il vangelo”. In opposizione a questo tipo di letteratura gli scapigliati si propongono di rappresentare “un’arte malata, vaneggiante, al dire di molti, un’arte di decadenza, di barocchismo, di razionalismo, di realismo”. Questo proposito tuttavia viene inteso dagli autori medesimi come una lotta fallimentare contro gli ideali della cultura borghese, che, mercificando l'arte e l'espressione intellettuale, condanna automaticamente i contestatori all'esclusione e alla marginalizzazione esistenziale e culturale. Prende così corpo il tema e la rappresentazione della dura realtà urbana, in tutta la sua crudezza, senza tralasciare gli aspetti deformi e macabri della società umana; così, alla rappresentazione realistica subentra spesso in queste pagine la deformazione del "fantastico", con i suoi toni allucinati e misteriosi (qui i modelli di riferimento saranno E. T. A. Hoffman ed Edgar Allan Poe).
Esponenti principali del gruppo sono i già citati Arrighi e Praga, autore della raccolta Penombre del 1864 e dell'incompiuto Memorie del presbiterio (uno dei primi "gialli" italiani, completato postumamente da Roberto Sacchetti), e i fratelli Boito (Arrigo e Camillo, il primo autore di racconti e poi noto librettista verdiano e il secondo autore della novella Senso, da cui Luchino Visconti trarrà una celebre pellicola), Carlo Dossi (1849-1910), tra le personalità più sperimentali e bizzarre del movimento (come traspare dall'Altrieri, dalla Vita di Alberto Pisani o dalle Note azzurre) e Iginio Ugo Tarchetti (1839-1869), autore del romanzo "nero" Fosca (1869) e del pamphlet antimilitarista Una nobile follia, Vittorio Imbriani (1840-1886) con Dio ne scampi dagli Orsenigo (1876). Questi autori ruotano intorno ad alcune riviste come “Rivista minima”, “Cronaca grigia”, “Figaro” e “Lo Scapigliato”. Il movimento della Scapigliatura si sviluppa anche in altri campi artistici con lo scultore Giuseppe Grandi (1843-1894), i pittori Mosè Bianchi (1840-1904) e Tranquillo Cremona (1837-1878), e in campo musicale con Giacomo Puccini (1858-1924) il cui libretto d'opera della Bohème è tratto appunto dal romanzo di Henri Murger.