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Calvino e il boom economico: "Marcovaldo", "La speculazione edilizia", "La giornata di uno scrutatore"

Analisi Calvino e il boom economico

Marcovaldo, ovvero le stagioni in città esce per Einaudi nel 1963, nella collana dei “Libri per ragazzi”, corredato dalle illustrazioni di Sergio Tofano (il creatore del signor Bonaventura, del “Corriere dei piccoli”). Visto il grande e immediato successo, dopo molte ristampe, nel 1969 il libro di Calvino viene ripubblicato nei “Coralli”, storica collana einaudiana “per grandi”. Questo percorso è esattamente l’inverso rispetto a quello realizzato dai tre romanzi dei Nostri antenati (1960), ma, allo stesso modo, dichiara come le opere più felici di Italo Calvino siano quelle che riescono a costruirsi nel tempo un pubblico di lettori sempre più ampio e variegato.


L’opera è composta di venti racconti, ognuno collocato in una delle quattro stagioni, per un totale di cinque cicli. Nate con l’intento di traghettare la scrittura di Calvino fuori dal dopoguerra (i primi racconti escono nel 1952 sulla terza pagina dell’«Unità»), queste "pseudofiabe" (Corti) si sono rivelate, negli anni, uno degli espedienti più efficaci per raccontare l’Italia del cambiamento, del passaggio dalla società agricola a quella industriale, dal rigore contadino al consumismo piccolo-borghese. Al centro di queste storielle è Marcovaldo, impiegato alla Sbav, misteriosa fabbrica di una città industriale dietro la quale si riconosce facilmente Torino. Come spiegherà lo stesso Calvino, in una Prefazione al libro del 1966, questo personaggio "è l’ultima incarnazione di una serie di candidi eroi-poveri diavoli alla Charlie Chaplin [...], un «Buon Selvaggio » esiliato nella città industriale". Marcovaldo è un personaggio emarginato dal mondo in cui vive, estraneo ai luoghi e alle abitudini della città; si sente sicuro solo nella dimensione domestica, dove moglie e figli condividono le sue stesse inquietudini. Come già sperimentato per Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959), Calvino trova ancora una volta nella chiave ludica e fiabesca l’alleato più adatto alla messa in scena delle contraddizioni del mondo contemporaneo. In Marcovaldo al centro dell’invenzione narrativa c’è un meccanismo seriale (ricerca, fraintendimento, delusione, secondo un meccanismo che deriva dalla fiaba o dalle gag comiche del film muto), che fa ricorso alla tecnica dello “straniamento”, categoria critica teorizzata nel 1929 dallo studioso russo Viktor Sklovskij. Lo “straniamento” consiste nel mostrare le cose attraverso un punto di vista insolito (come far vedere la morte di un uomo dagli occhi del cavallo che lo sta trasportando piuttosto che da quelli dell’amata che lo vede cadere): c’è in azione questo meccanismo quando Marcovaldo e i suoi figli, alla ricerca di legna per accendere la stufa e riscaldare la casa, riconoscono un bosco dove invece sono solo cartelli stradali in legno (è quanto accade in Il bosco sull’autostrada). E il fatto che questi non siano nominati in quanto tali, ma raccontati per come sono visti dagli sguardi ingenui dei protagonisti non fa che accentuare il paradosso, il suo effetto a un tempo esilarante e amaro.

 

Eppure questa prospettiva, disarmante ed ingenua (e proprio per questo assai limpida e penetrante), del Marcovaldo inurbato nella civiltà del boom e delle sue fugaci illusioni di modernità non è l’unica strada battuta dal Calvino narratore. A fianco di questa “fiaba” moderna e metropolitana, lo scrittore si dedica negli stessi anni a due altre opere: La speculazione edilizia (pubblicato prima sulla rivista “Botteghe oscure” nel 1957, poi in volume nel 1963) o La giornata di uno scrutatore (che esce nello stesso 1963 per Einaudi). Nel primo, come per Marcovaldo, l’ambientazione è contemporanea e del tutto realistica: il protagonista, Quinto Anfossi, è un giovane intellettuale residente al Nord, che torna nel paese d’origine, sulla costa ligure, già incisa dal pullulare di case ed abitazioni, richieste in maniera pressante da un ceto medio-borghese che al mare cerca agi e comodità. Quinto, personaggio irrisolto e perennemente indeciso, sceglie di getto di lanciarsi nel mercato edile, coinvolgendo l’anziana madre e il giovane fratello Ampelio (ricercatore universitario) in una società con il volgare e disonesto Pietro Caisotti. Sotto la spinta di quest’ultimo Quinto sacrifica parte del giardino della villa di famiglia per la costruzione di un fantomatico condominio che, una volta completato, dovrebbe assicurare a tutti la prosperità economica. Ma l’affare si complica da subito, mentre vengono alla luce le colpe e le responsabilità di Caisotti; i due fratelli, poco a loro agio con le questioni pratiche, vengono costantemente ingannati dalle promesse dell’avido socio e alla fine, mentre i loro rapporti sono sensibilmente peggiorati, sono costretti a cedere a un accomodamento legale con lui, con notevoli perdite personali. Quinto, figura emblematica del disorientamento etico della classe intellettuale uscita dalla guerra e dalla Resistenza di fronte al rampante consumismo del boom economico, può solo constatare che “sono sempre i peggiori che vincono” (con le parole dell’autore stesso, a commento del proprio romanzo).


Una prospettiva non dissimile è quella de La giornata di uno scrutatore, racconto pubblicato nel 1963 dopo ben dieci anni di complessa elaborazione. Anche qui, è un intellettuale la figura al centro della narrazione: Amerigo Ormea, militante comunista che fa da scrutatore per le elezioni politiche del 1953 (quelle della “legge truffa”) presso l’Istituto Cottolengo di Torino, che ospita malati fisici e mentali di ogni tipo e genere. Se Amerigo deve inizialmente vigilare sui possibili brogli a favore della DC (che indurrebbe persone non in grado di intendere e volere ad apporre una croce sul nome dei propri candidati), la scoperta di una realtà sconosciuta e spiazzante porta il protagonista ad interrogarsi su questioni universali (la natura dell’uomo, la solidarietà tra simili, il valore dell’agire e il senso della felicità) che tracimano dall’alveo chiuso di un’ideologia di partito. La giornata di uno scrutatore, opera autobiografica tanto quanto La speculazione edilizia, diventa allora metafora di un complesso passaggio umano ed esistenziale di Italo Calvino, condotto su una strada, quella realistica e riflessiva, che corre parallela all’invenzione fantastica e fiabesca de I nostri antenati o del lavoro editoriale per le Fiabe italiane. Una parabola che, in un decennio decisivo per la storia letteraria di Calvino (non si dimentichino La formica argentina o La nuvola di smog) ma soprattutto per la vicenda sociale ed economica dell’Italia, che passa “dagli ultimi stenti della ricostruzione all’opulenza precaria del boom economico” (T. Scarpa, Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999, p. 154), indaga i limiti, le possibilità e le utopie dell’uomo contemporaneo, e rappresenta anche un sentito congedo dell’autore dalla stagione del Dopoguerra (e, implicitamente, dalla narrativa del Neorealismo).

 

Bibliografia essenziale:

 

Italo Calvino, Presentazione all’edizione scolastica di Marcovaldo, Torino, Einaudi, 1966.

Maria Corti, Il viaggio testuale, Torino, Einaudi, 1978.

Domenico Scarpa, Calvino, Milano, Bruno Mondadori, 1999.

Viktor Sklovskij, L’arte come procedimento, in T. Todorov, I formalisti russi, Torino, Einaudi, 2003, pp. 73-94.