L’entrata dell’Italia nella Seconda guerra mondiale è una diretta conseguenza del Ventennio fascista. Prendendo spunto da una politica populista per la quale sono necessarie una “battaglia del grano” e un “posto al sole” per la Penisola, Mussolini si avventura nell’impresa coloniale della Campagna d’Africa e della Campagna di Grecia (ottobre 1940 - aprile 1941).
La scelta dell’Italia è anacronistica: con l’unica eccezione del Portogallo di Salazar - che vantava una storia coloniale secolare - il fascismo italiano è l’unico a lanciarsi in un’avventura più ideologica che proficua sul piano economico. La Germania di Hitler, a causa delle clausole del Trattato di Versailles è costretta a lasciare le sue colonie. La Gran Bretagna, nonostante sia forte del suo impero coloniale su scala mondiale ed avvertendo il cambiamento che precorre al più vasto movimento di decolonizzazione, favorisce un’uscita conveniente sul piano economico e sociale con la creazione del Commonwealth of Nations, che vede anche un rafforzamento dell’area di scambio della sterlina. L’Italia fascista è invece determinata ad entrare nel novero delle grandi potenze europee ma non sa e non può pianificare la colonizzazione di Etiopia e Grecia. La profusione di mezzi e il costo generale delle due campagne mostrano quanto fosse determinante per la propaganda fascista il successo coloniale. Nonostante il parere negativo del suo Stato maggiore Mussolini si lancia in due imprese che colgono impreparata l’Italia che desidera vendicare Adua. Se la colonizzazione dell'Etiopia vede anche l’uso di armamenti proibiti dalle convenzioni internazionali, anche la campagna greca si mostra fallimentare.
Mussolini non avvisa gli alleati bulgari e tedeschi temendo la loro concorrenza nella penisola balcanica, ma è costretto ad accettare l’aiuto dell’esercito tedesco in Grecia e in Africa per non soccombere dietro la resistenza greca e l’avanzata inglese in Africa. Le imprese coloniali italiane contribuiscono a destabilizzare lo scacchiere internazionale già provato dagli effetti della crisi economica del ’29, determinando una mondializzazione della guerra con l’apertura del nuovo fronte africano. La guerra parallela vede l’Italia passare dal rango di grande potenza europea a quello di stato subalterno al Terzo Reich.