“Altissima, purissima…”. Questo è una parte dello slogan di una datata pubblicità che reclamizzava una marca di acqua minerale. Ricordarlo oggi è solo un utile pretesto per svelare uno degli errori più comuni che si possono fare quando si parla di sostanze pure: l’acqua che beviamo (qualsiasi sia la sua “altezza”) non può essere considerata una sostanza pura.
Più che un vero e proprio errore si tratta di una imprecisione, perché si definisce una sostanza pura una sostanza che presenta delle caratteristiche costanti e una composizione univoca i cui elementi si trovano in rapporti ben definiti.
L’acqua “pura” è quindi, secondo questi criteri, solo l’acqua distillata. La comune acqua di rubinetto, o quella che compriamo al supermercato già imbottigliata, non può considerarsi altrettanto pura in quanto al suo interno sono sciolte numerose sostanze (come per esempio i sali) che in realtà ne determinano anche le proprietà (quali la conducibilità elettrica, il pH, la temperatura alla sorgente e la durezza).
Più corretto (ma sicuramente meno efficace da un punto di vista commerciale) sarebbe definirla un miscuglio, perché contenente piccole quantità di altre sostanze, tra cui i sali. Esempi di sostanze pure sono il comune sale da tavola (cloruro di sodio) e lo zucchero (saccarosio), o anche il ferro, l’ossigeno e l’alcol etilico.
In realtà, a esser rigorosi, in natura le sostanze pure (in senso assoluto) non esisterebbero poiché qualsiasi sostanza contiene sempre piccole percentuali di impurezze.
I miscugli sono formati da più sostanze pure mescolate tra loro e le caratteristiche fisiche non risultano ben definite, in quanto variano a seconda della composizione. Per esempio due quantità diverse dello stesso sale mescolate nello stesso volume d’acqua produrranno due soluzioni con temperatura di ebollizione diverse. Esempi di miscugli ci appaiono sotto gli occhi quotidianamente; oltre l’acqua minerale, anche il latte, la benzina, il fumo, la schiuma, il vino e le bevande in genere, le rocce, la sabbia, le varie leghe metalliche.
Una grossa distinzione tra miscugli è quella che ci aiuta a separarli tra miscugli omogenei ed eterogenei. I miscugli omogenei sono costituiti da una sola fase (es. acqua minerale, latte, leghe metalliche). Quelli eterogenei sono costituiti da due o più fasi (es. sabbia, fumo, rocce).
Esistono delle metodologie per separare le varie componenti di un miscuglio. Tra queste tecniche di separazione, le più semplici si basano su meccanismi di tipo fisico.
Con miscugli in cui esistono fasi solide diverse si opera andando a estrarre con dei solventi una delle due fasi. I solventi devono essere capaci di agire solubilizzando in modo selettivo uno o alcune specifiche componenti del miscuglio.
L’esempio classico è il metodo con cui si può separare un sale da un miscuglio di sale e sabbia facendolo sciogliere dall'acqua (che funge da solvente). In generale questo tipo di separazione è definita estrazione e si basa proprio sulla differenti solubilità delle sostanze presenti nel miscuglio.
Un’altra tecnica per separare si avvale dell’utilizzo di filtri. La filtrazione infatti viene utilizzata per separare quei miscugli eterogenei costituiti da una fase solida e una liquida, e il filtro (scelto opportunamente) rappresenta una barriera in grado di trattenere la componente solida lasciando passare la fase liquida.
Anche la centrifugazione viene utilizzata per separare le sostanze di un miscuglio. Questa tecnica si basa sulle differenze di densità delle sostanze: poste in una centrifuga, quelle costituenti la fase più densa si depositano sul fondo di opportuni contenitori o provette, mentre la fase meno densa resta nella parte superiore, agevolando così la separazione fisica.
Anche la temperatura può essere sfruttata per separare componenti di miscugli, in particolare quelle di miscugli omogenei in soluzione. La distillazione è una di queste tecniche che si basa sulle diverse temperature di ebollizione delle varie sostanze. Facendo aumentare la temperatura, la sostanza che raggiunge per prima l'ebollizione comincia a evaporare mentre le altre rimangono liquide. Si raccolgono quindi i vapori che per condensazione producono un distillato, sostanza isolata dal resto della soluzione.
Una tecnica più complessa e versatile (e anche tra le più usate nei laboratori di tutto il mondo) è sicuramente la cromatografia. Il principio di funzionamento di questa tecnica sfrutta la diversa affinità che le componenti di un miscuglio hanno con un substrato come, per esempio, la carta.
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