“Le stelle sono dei corpi celesti che brillano di luce propria”. Sebbene questa definizione possa sembrare più romantica che rigorosa dal punto di vista scientifico, risulta essere anche una delle più usate per descrivere che cos’è una stella. In realtà è anche una definizione molto azzeccata che rivela una delle caratteristiche fondamentali degli ammassi di materia che illuminano i nostri cieli. “La luce propria” altro non è che l’energia che le stelle sono in grado di produrre attraverso reazioni di fusione nucleare, e che viene rilasciata nello spazio sotto forma di radiazioni elettromagnetiche.
Proprio le radiazioni elettromagnetiche sono lo strumento principale per provare a misurare i parametri che le descrivono (la distanza, la grandezza, la composizione, ecc.), considerate le distanze enormi delle stelle dal Sistema Solare (e da noi, come abitanti della Terra).
Per definire le distanze tra i corpi celesti si utilizzano principalmente tre unità di misura:
1. l’unità astronomica (UA, ma anche au secondo la lettura internazionale)
2. l’anno luce (al)
3. il parsec (pc)
L’UA è la distanza media* Terra-Sole e viene utilizzata quasi sempre per le distanze all’interno del Sistema Solare. Corrisponde a 1,496 × 1011 m, cioè 149 597 870,700 chilometri.
L’anno luce è la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un anno solare. Corrisponde a 9,4605 x 1015 metri, a 6,324 x 104 UA.
Il parsec è la distanza alla quale una stella (o un qualsiasi corpo celeste) ha una parallasse p di 1” d’arco.Un pc corrisponde a 3,26155 anni-luce.
Ma che cos’è la parallasse?
La parallasse, o più precisamente parallasse trigonometrica, è lo spostamento apparente di un oggetto rispetto allo spostamento reale dell’osservatore. Si misura in unità di secondo d’arco.
Per capirlo basta avere a portata di mano una bilancia, o anche solo immaginare di utilizzarla. Se l’osservatore si pone perfettamente allineato con l’ago che sta guardando, saremo certi che quello che sta osservando è effettivamente la misura di ciò che viene pesato.
Se l’osservatore cambia l’angolo di visuale, si sposta di lato, è facile mal interpretare la posizione dell’ago e leggere una “pesata” diversa e presumibilmente sbagliata.
Lo spostamento dell’ago è solo apparente, in quando è diretta conseguenza solo dello spostamento dell’osservatore. L’effetto di parallasse è tanto più evidente quanto più sono vicini l’osservatore e l’oggetto che si sta osservando.
Anche nell’osservazione delle stelle si deve tener conto, quindi, di questo effetto di parallasse causato dal moto di rivoluzione della Terra da cui osserviamo le stelle: le stelle sono pressoché fisse, e la Terra, invece, punto di osservazione, si sposta velocemente intorno al Sole.
In particolare si parla di parallasse annua (p), che è uguale alla metà dello spostamento apparente di una stella in un anno.
Come si vede dalla figura, conoscendo l’angolo di parallasse espresso in secondi d'arco, attraverso calcoli trigonometrici, si può dedurre la distanza di una stella (d), esprimendo il risultato, per semplificare, in parsec: $d=1/p.$
Con il metodo della parallasse trigonometrica si arriva a determinare distanze fino a 300 pc: oltre questo valore l’angolo è così piccolo da non poter essere misurato.
Altri metodi più complessi, basati sulla luminosità apparente e sulla spettroscopia, possono darci misure di distanze superiori.
*essendo l’orbita della terra ellittica, la distanza terra-sole varia da un massimo (posizione di afelio) a un minimo (posizione di perielio)