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Boccaccio, "Griselda": riassunto e commento della novella

Introduzione

 

Griselda è l’ultima novella del Decameron, il capolavoro letterario di Giovanni Boccaccio. La vicenda narrativa vede protagonisti il marchese di Saluzzo, tale Gualtieri, e una giovane e bella popolana di nome Griselda, che il marchese ha preso come sposa. Il tema, in accordo con quello della giornata, è quello della cortesia e della magnanimità nelle vicende amorose, ma la novella porta con sé una serie di letture ed interpretazioni che investono tutta l’opera e il sistema di valori su cui essa si regge. Petrarca stesso trasse da questa novella - che per lungo tempo circolerà anche separata dal Decameron - una versione in latino, anch’essa famosissima.

 

Riassunto

 

Gualtieri, marchese di Saluzzo dedica tutta la sua esistenza alla caccia, “né di prender moglie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea”; tuttavia, quando i sudditi dei suoi territori (che temono di restare senza un signore) lo invitano a trovare una compagna, egli decide di secgliere da sé la donna giusta, tra le tante di cui potrebbe disporre data la sua posizione. Gualtieri decide così di sposare una modestissima guardiana di pecore, Griselda. Poco dopo le nozze la ragazza, che grazie al suo carattere dolce e accomodante e alla sua gentilezza d’animo si è subito conquistata l’amore della corte e di tutti i sudditi, vincendo i pregiudizi legati alla sua estrazione sociale, rimane incinta e dà alla luce una bambina. La notizia riempie di gioia tutti quanti, fino a che Gualtieri, “entratogli un nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili provare la pazienzia di lei”, decide di testare la fedeltà della moglie, e inizia a tormentarla senza alcuna pietà né rispetto. Dapprima le racconta che il popolo critica la sua provenienza popolare e il fatto che un nobile come lui abbia scelto proprio una semplice popolana come sposa, poi aggiunge che anche la bambina è mal vista in quanto figlia sua. La reazione della giovane, fedele e sottomessa alla figura del marito, stupisce moltissimo il marchese, che intravede in questo atteggiamento una grande saggezza e una notevole forza d'animo. Non pago tuttavia, Gualtieri manda un parente a strappare la bambina a Griselda, dicendole che sarà messa a morte. La madre, straziata dal dolore, ubbidisce tuttavia all’ordine del coniuge, e consegna la bambina. In realtà la piccola non viene uccisa, ma affidata alle cure e all’educazione di un parente di Bologna.

Lo stesso meccanismo perverso si ripete tempo dopo, quando Griselda partorisce un maschietto, ovvero l’erede tanto desiderato da Gualtieri. Quest’ultimo replica la sua abietta condotta 1, sempre convinto di testare così la fedeltà della moglie, e anche il secondogenito viene dato per morto e spedito a Bologna. Il marchese non è ancora soddisfatto e, nonostante la moglie non si sia ribellata neanche alla presunta uccisione dei suoi stessi figli per rispetto e venerazione del marito, le annuncia di aver domandato la dispensa papale per potersi risposare con una donna socialmente degna di lui. Gualtieri ordina a Griselda di tornarsene da dove è venuta, restituendo la dote ed ogni altro bene materiale acquisito col matrimonio. L’unica richiesta di Griselda, dettata peraltro dall’attenzione per il ruolo sociale del marito, è quella di poter portare via una camicia con cui coprirsi, per non disonorare marchese e figli: 

Signor mio, io conobbi sempre la mia bassa condizione alla vostra nobilità in alcun modo non convenirsi 2, e quello che io stata son con voi, da Dio e da voi il riconoscea, né mai, come donatolmi, mio il feci o tenni, ma sempre l’ebbi come prestatomi; piacevi di rivolerlo, e a me dee piacere e piace di renderlovi; ecco il vostro anello col quale voi mi sposaste, prendetelo. Comandatemi che io quella dote me ne porti che io ci recai, alla qual cosa fare, né a voi pagator né a me borsa bisognerà né somiere, per ciò che di mente uscito non m’è che ignuda m’aveste 3: e se voi giudicate onesto che quel corpo, nel qual io ho portati figliuoli da voi generati, sia da tutti veduto, io me n’andrò ignuda; ma io vi priego, in premio della mia verginità, che io ci recai e non ne la porto, che almeno una sola camicia sopra la dote mia vi piaccia che io portar ne possa. 

Gualtieri richiama quindi la prole da Bologna, e spaccia la figlia, ora dodicenne, per la sua futura sposa. Inoltre ordina a Griselda di preparare tutto l’occorrente per le nozze e, mostrandole la ragazzina, le chiede cosa ne pensa, aspettandosi a questo punto un cedimento da parte della donna. Anche questa volta Griselda resta impassibile, e afferma che la futura sposa è bellissima. Gualtieri a questo punto, commosso dalla fedeltà della moglie, le rivela la verità: i figli non sono mai stati uccisi e sono lì davanti ai suoi occhi, lui la ama moltissimo e d’ora in poi vivranno tutti insieme felici e contenti:

E quivi fattasi co’ figliuoli maravigliosa festa, essendo ogni uomo lietissimo di questa cosa, il sollazzo e ’l festeggiare multiplicarono e in più giorni tirarono; e savissimo reputaron Gualtieri, come che troppo reputassero agre e intollerabili l’esperienze prese della sua donna; e sopra tutti savissima tenner Griselda.

 

L’ambiguità di Griselda

 

Inutile dire che Griselda è una novella che si presta ad una molteplicità di interpretazioni, buona parte delle quali assai problematiche da conciliare tra di loro. Una prima possibilità è che Boccaccio voglia qui esaltare la mitezza e la fedeltà della ragazza e denunciare la follia del marito Gualtieri e del suo uso spregiudicato del potere. La figura di Griselda avrebbe insomma una rilevantissima funzione morale e strutturale, in quanto farebbe da contraltare alla comica e dissacrante figura di Ser Ciappelletto, su cui il Decameron si apriva con la prima novella della prima giornata. La straordinaria moralità di Griselda, la sua indistruttibile capacità di sopportazione sarebbero il compimento di un percorso di “redenzione” rispetto alla licenziosità di Ciappelletto, che si guadagnava il regno dei cieli con l’inganno.

Secondo un’altra interpretazione, Griselda è un “esempio” di resistenza alle avversità della Fortuna, una delle grandi forze in gioco in tutto il Decameron 4. Addirittura nelle “prove” 5 cui Griselda viene sottoposta si potrebbe intravedere un rimando intertestuale alle grandi figure bibliche (come Abramo, cui Dio chiede il sacrificio del figlioletto Isacco, oppure Giobbe, l’uomo “giusto” di cui sempre Dio vuole mettere alla prova la fede e la costanza 6) ed evangeliche (la Madonna, intesa come prototipo della donna che accetta la legge divina, o Cristo stesso).

Ma non bisogna dimenticare che la narrazione è affidata a Dioneo, il più irriverente e lascivo dei narratori della “brigata”, che sembra divertirsi molto a scompigliare le carte in tavola. Innanzitutto, liberandosi dal tema della cortesia e della liberalità dell’ultima giornata di narrazioni, egli può contestare dall’interno quel mondo aristocratico che in altre novelle sembrava un mondo perfetto ed ideale: Dioneo ritiene “molto savio” il nobile Gualtieri nel suo proposito di non prendere moglie, ma poi ne stigmatizza la “matta bestialità” nel trattare Griselda, spiegando che in pochi potrebbero aspettarsi il lieto fine che a lui è toccato. Ma più spiazzante ancora è l’allusione erotica che egli riserva come commento alla vicenda dell’eroina della virtù Griselda: 

Che si potrà dir qui, se non che anche nelle povere case piovono dal cielo de’ divini spiriti, come nelle reali di quegli che sarien più degni di guardar porci che d’avere soprauomini signoria 7? Chi avrebbe, altri che Griselda, potuto col viso, non solamente asciutto ma lieto, sofferire le rigide e mai più non udite prove da Gualtieri fatte? Al quale non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto a una, che quando fuor di casa l’avesse in camicia cacciata, s’avesse sì ad un altro fatto scuotere il pelliccione, che riuscita ne fosse una bella roba 8.

E forse proprio le molte letture possibili dell’ultima novella del Decameron contribuiscono al suo fascino e al suo gran successo narrativo.

 

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1 ”Dopo non molti dì Gualtieri, in quella medesima maniera che mandato avea per la figliuola, mandò per lo figliuolo, e similmente dimostrato d’averlo fatto uccidere, a nutricar nel mandò a Bologna, come la fanciulla aveva mandata”.

2 io conobbi sempre la mia bassa condizione alla vostra nobilità in alcun modo non convenirsi: cioè “io seppi sempre che la mia bassa condizione sociale non si conveniva in alcun modo alla vostra nobiltà”.

3 Griselda ribadisce quanto detto: non pretende niente da Gualtieri, a cui non occorrerà un “pagatore”, cioè un contabile, per restituirle la sua dote; né lei, che era poverissima, dovrà ricorrere a una “borsa” o a un “somiere”, cioè a un animale da carico, per restituire i suoi miseri averi al marito.

4 Le risposte della donna sarebbero da interpretare insomma come l’accettazione impassibile delle sventure umane: “Signor mio, fa di me quello che tu credi che più tuo onore e consolazion sia, che io sarò di tutto contenta, sì come colei che conosco che io sono da men di loro, e che io non era degna di questo onore al quale tu per tua cortesia mi recasti”.

5 Queste prova assomigliano poi molto a quelle delle fiabe o dei racconti folklorici, in cui un eroe o un’eroina devono dimostrare il loro valore.

6 Si vedano a proposito, nell’Antico Testamento, Genesi, 22 e il Libro di Giobbe.

7 se non che anche nelle povere case piovono dal cielo de’ divini spiriti, come nelle reali di quegli che sarien più degni di guardar porci che d’avere soprauomini signoria: cioè, “come a volte nelle dimore più umili scendono dal cielo spiriti nobilissimi, così nelle regge dei re si trova gente che dovrebbe solo far da guardiano ai porci, anziché governare gli uomini”.

8 Al quale non sarebbe forse stato male investito d’essersi abbattuto a una, che quando fuor di casa l’avesse in camicia cacciata, s’avesse sì ad un altro fatto scuotere il pelliccione, che riuscita ne fosse una bella roba: ovvero, “A Gualtieri sarebbe stato bene se avesse trovato una donna che, cacciata di casa solo in camicia, si fosse imbattuta in uno che le avrebbe donato un bell’abito in cambio di un favore sessuale”. “Scuotere il pelliccione” è allusione erotica frequente nel Decameron.