È curioso venire a sapere che I fratelli Karamazov, di gran lunga il romanzo più articolato e complesso di Dostoevskij, sia stato in realtà concepito come un’introduzione, un racconto propedeutico a un grande romanzo che solo la morte impedì a Dostoevskij di scrivere: "Il romanzo principale è il secondo (…). Il primo romanzo [è] solo un momento della prima giovinezza del mio eroe" 1. scrive infatti l’autore nella premessa a quello che è, a tutti gli effetti, il suo capolavoro. Pubblicato sul «Russkij Vestnik» (Il messaggero russo) tra il 1879 e il 1880, I fratelli Karamazov ha una trama articolata, piena di colpi di scena, di suspense e di cambiamenti repentini. È incentrato sulla vicende della famiglia Karamazov, composta dal padre Fëdor, proprietario terriero lussurioso e dissipatore la cui vita è guidata dalla smodata ricerca del piacere e del denaro, e dai figli, avuti da varie mogli e lasciati a loro stessi: Dmitrij, libertino quanto il padre ma con un fondo di moralità sconosciuto e incomprensibile al genitore: condivide inoltre con Fëdor la passione per una donna, Grušen’ka; Ivan, razionale e diviso tra la volontà di credere in Dio e il rifiuto della fede, è una figura tipicamente dostoevskiana di intellettuale tormentato, amorale per scelta; Alëša, il più giovane, novizio in monastero e puro fino all’ingenuità: è la figura di cui Dostoevskij avrebbe voluto raccontare la vita nel romanzo che non fece in tempo a scrivere. C’è poi un quarto figlio, Smerdjakov, epilettico e crudele, nato da una relazione illegittima di Fëdor con una demente e relegato al ruolo di servo. Con l’eccezione di Alëša, che in ogni caso non riesce ad amarlo, tutti odiano il padre: il romanzo si apre con una lite furibonda per questioni di eredità tra Dmitrij e Fëdor e ha il proprio epicentro nell’omicidio di quest’ultimo per mano di Smerdjakov, che ha agito incoraggiato dai discorsi parricidi di Ivan. Tutti i fratelli, in qualche modo, sono colpevoli o corresponsabili della morte del padre – e, in questo senso, ognuno di loro è un “doppio” dell’altro: Dmitrij per averla desiderata, Alëša per non aver saputo, nella sua purezza, scorgere l’incombere della tragedia, Ivan per essere stato il mandante indiretto dell’omicidio con le sue teorie sull’inesistenza di Dio e sul «tutto è permesso». I tre fratelli costituiscono dunque una sorta di “unità morale”, un personalità collettiva di cui ognuno rappresenta un aspetto: la passione, la ragione, l’amore cieco. Del delitto viene accusato Dmitrij, che la notte dell’omicidio si era introdotto in casa di Fëdor con un pestello. Mentre inizia il processo Smerdjakov, abbandonato da Ivan, si uccide.
Il processo di elaborazione della colpa – uno dei temi centrali del romanzo – è molto diverso per ognuno dei fratelli: Ivan, che finirà per ammalarsi di una specie di febbre cerebrale che ricorda quella di Raskol’nikov in Delitto e castigo, capisce presto di essere il “vero” assassino, incontra il diavolo durante un’allucinazione e, soprattutto, racconta ad Alëša, in uno dei capitoli più celebri della letteratura di tutti i tempi, una leggenda scritta di suo pugno: quella del Grande Inquisitore, dove accusa Dio di aver lasciato gli uomini in balia di quel libero arbitrio che essi, nella loro piccolezza, non sono in grado di sostenere; Alëša, il cui amore totale lo rende incapace di intervenire sul mondo, diventa amico di un gruppo di bambini e si innamora della giovane Liza – che lo accuserà di essere stato un vile nel non voler mettere un freno alla spirale di violenza in cui è piombata la sua famiglia; infine Dmitrij che, conscio del proprio desiderio omicida, si fa carico della colpa di tutti e accetta la condanna ai lavori forzati, perché "noi tutti siamo colpevoli per tutti (…). E io andrò là per tutti, perché bisogna pure che qualcuno vada là per tutti (…) noi saremo in catene, noi non avremo più la libertà, ma proprio allora, nel nostro grande dolore, rinasceremo alla gioia (…)" 2.
La colpa, l’accettazione della sofferenza, la ricerca dell’amore universale, la libertà di scelta, l’esistenza di Dio: sono questi i temi fondamentali attorno a cui si muove I fratelli Karamazov. Divisa in dodici libri e un epilogo, l’opera è dunque la summa del pensiero dostoevskiano ed è, naturalmente, un grande romanzo polifonico 3. Fondamentale per la sua comprensione è l’epigrafe tratta dal Vangelo di Giovanni: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano che cade nella terra non morrà resterà solo; ma se morrà, darà molti frutti". Con ciò si allude alla grande trasformazione spirituale e morale che accompagna i tre fratelli, i quali, percorrendo vie diverse, arrivano alla rigenerazione e si avvicinano all’idea di amore universale che è alla base dei grandi romanzi dostoevskiani. Come dice Dmitrij, infatti:
Noi siamo nature vaste, karamazoviane, […] capaci di riunire in sé tutti i contrasti possibili e di contemplare contemporaneamente tutti e due gli abissi, l’abisso che è al di sopra di noi, cioè quello dei supremi ideali, e l’abisso che è sotto di noi, cioè quello della più abietta e più fetida degradazione. […] Siamo vasti, vasti come la nostra amata madre Russia, noi mettiamo tutto insieme e conviviamo con tutto! 4