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“I demoni” di Dostoevskij: riassunto della trama

Introduzione

 

I demoni (nel titolo originale, Besy) è un romanzo di Fëdor Michajlovič Dostoevskij comparso a puntate sulla rivista «Messaggero Russo» («Russkij vestnik») nel 1872 e poi in volume l’anno successivo. Il romanzo, frutto di una lunga redazione, è ispirato ad un reale fatto di cronaca del novembre del 1869, il cosiddetto “affare Nečaev”: l’anarchico e nichilista SergejNečaev, legato a Michail Bakunin (con cui fu autore de Il catechismo del rivoluzionario) uccide lo studente Ivan Ivanov, sopettato di voler abbandora la cellula sovversiva radicale di Nečaev stesso.

Lo spunto di cronaca de I demoni e la polemica contro la crisi e la decadenza morale della società russa e, in particolar modo, delle nuove generazioni, si uniscono ai motivi autobiografici 1 e ai grandi temi degli altri romanzi dostoevskiani (Delitto e castigo del 1866, L’idiota, pubblicato pochi anni prima dei Demoni, e poi I fratelli Karamazov), come il tormento intimo dei suoi personaggi principali (qui, su tutti, Stavrogin), il peso morale della “colpa” e l’ansia di una rigenerazione etica alla luce dei valori della fede, lo stretto collegamento con le idee politiche e filosofiche del tempo, come il liberalismo, il radicalismo e il socialismo. Dostoevskij, assai vicino alle tendenze slavofile e anti-occidentali all’interno della cultura e società russa, reagisce criticamente alle tendenze atte e materialistiche diffusesi in Russia da metà Ottocento in poi (simboleggiate dal ridicolo personaggio di Karmasinov, una parodia abbastanza esplicita dello scrittore Ivan Turgenev), ma al tempo stesso contesta aspramente l’inettitudine e l’immobilismo della classe aristocratica e dirigente (tra cui anche gli intellettuali), incapace di mediare e temperare le tensioni sorte tra le nuove generazioni.

 

Riassunto

 

L’ambientazione principale del romanzo è nei pressi di San Pietroburgo e gli eventi sono narrati da un testimone oculare, un ufficiale che si assume il compito di narrare gli eventi che hanno turbato la quotidianità di una non meglio identificato città provinciale della Russia. Le due figure conosciute e introdotte dal narratore sono quella dello scrittore Stepan Trofimovič Verchovenskij e della nobildonna Varvara Petrovna Stavrogin, presso la cui villa Stepan risiede. I due sono entrambi vedovi, anche se Stepan è segretamente innamorato di Varvara Petrovna. Stepan, affascinato dalle idee liberali e laiche provenienti da Occidente, è in realtà un intellettuale piuttosto mediocre, che sopravvive ai debiti grazie al sostegno di Varvara Petrovna e che si è sostanzialmente disinteressato dell’educazione del proprio figlio, Pëtr Stepanovič Verchovenskij. La situazione è movimentata dal ritorno a casa di due giovani. Uno è proprio Pëtr, che è diventato il leader di una cellula di rivoluzionari e che vuole importare anche in provincia gli ideali libertari e nichilisti attraverso una serie di attentati tesi a minare la stabilità dell’autorità politica 2, impersonata da Varvara Petrovna e dalla sua cerchia di contatti altolocati. Il secondo personaggio che entra in scena è Nikolaj Vsevodolovič Stavrogin, il figlio di Varvara Petrovna che, dopo una brillante carriera nell’esercito condita da scandali per il suo atteggiamento da libertino, ha viaggiato a lungo all’estero. Bello e molto intelligente, sebbene mentalmente instabile, Stavrogin sembra nauseato e indifferente a tutto ciò che gli accade intorno, e suscita presto lo sdegno dell’opinione pubblica locale per l’apparente assenza in lui di qualsivoglia norma morale. Pëtr, dopo radunato attorno a sé cinque cospiratori, cerca di coinvolgere nei propri piani Stavrogin, vedendo in lui la figura-guida per la sua rivoluzione di stampo socialista. Pëtr, che è un abile ed ipocrita manipolatore, convince i suoi affiliati di essere a capo di una estesa e ramificata organizzazione segreta, che è pronta a far cadere l’intera Russia nel caos attraverso degli attentati terroristici per poi impadronirsi del potere in modo dispotico. Uno dei congiurati di Pëtr, Šigalév immagina una società totalitaria, in cui gran parte della popolazione è asservita ad una ristretta élite di dominanti, che detiene il potere assoluto per mezzo della paura e della privazione della libertà. In realtà, gli intenti rivoluzionari di Pëtr sono in larga parte determinati dal complesso rapporto con il padre Stepan e dalle sue frustrazioni personali, che secondo il rivoluzionario sono delle conseguenze negative della società e dei suoi meccanismi interni. Del gruppo fanno parte anche due personaggi particolarmente rilevanti ai fini della trama: Ivan Pavlovič Šatov, uno studente che ha maturato convinzioni sovversive ma che è intimamente combattuto 3, e Aleksej Nilič Kirillov, un nichilista che, per rivendicare la propria libertà nei confronti dello Stato e soprattutto per dimostrare l’inesistenza di Dio, teorizza la necessità del suicidio come mezzo per dimostrare di non temere la morte e il dolore e per sostituirsi di fatto a Dio stesso.

Nel frattempo, Varvara Petrovna progetta di far sposare il figlio Stavrogin con Elizaveta Nicolajevna Tušin, detta Liza, figlia di una nobile famiglia a cui la vedova è legata da una lunga amicizia e dunque candidata perfetta per un matrimonio di interesse. Stavrogin però è già sposato in segreto con Marija Timofeevna Lebjadkin, una giovane demente e storpia, che egli ha sposato per uno scherzo sadico e perverso. Inoltre Stavrogin, donnaiolo apparentemente privo di morale, ha anche intrattenuto una relazione clandestina con l’ex moglie di Ivan, Marija Ignatijevna, e da lei, all’insaputa dello studente, aspetta anche un figlio. Stavrogin incontra Fëdor “Fëd’ka” Fëdorovič, un criminale fuggito dalla Siberia mentre stava scontando una condanna in Siberia, gli propone di eliminare Marija Timofeevna (e il fratello di lei, l’alcolizzato Ignat Lebjadkin) in modo tale che lui possa sposare la ricca Liza senza problemi. Pëtr, tramite Fëd’ka vuole convincere Stavrogin a entrare nel complotto, verso cui il protagonista si mostra sempre distaccato e indifferente. Inizialmente Stavrogin inorridisce alla proposta dell’assassino, ma poi assiste passivamente allo svolgersi degli eventi, abilmente pilotati da Pëtr Verchovenskij. Stavrogin, in modo ambiguo e inspiegabile, getta anche delle banconote ai piedi di Fedka, come pagamento per il suo compito di sicario. Le ragioni del comportamento di Stavrogin risiedono però nel suo tormento per una colpa che lo assilla e che egli non vuole ammettere: il protagonista, durante un colloquio con lo starec 4Semën Jakovlevič Tichon, confessa la propria verità. Stavrogin in passato ha violentato una bambina di dodici anni che, per l’umiliazione, si è in seguito impiccata. Stavrogin, impassibile al dolore altrui e incapace di credere in Dio e quindi di giungere ad una vera redenzione personale, ammette anche di aver aspettato e quasi desiderato le conseguenze del suo gesto abominevole 5. Stavrogin trova sostegno anche nella buona Dar'ja Šatova, sorella di Ivan, cui comunque egli non confessa pienamente il delitto di cui si è macchiato.

Intanto Pëtr ha finalmente trovato l’obiettivo per il proprio atto terroristico: si tratta del governatore von Lembke e della moglie Julia, che egli progetta di uccidere con un assalto con delle bombe a mano alla sua diligenza. Solo Ivan, tormentato da un nascente sentimento religioso che egli identifica con la “missione” del popolo russo, manifesta i propri dubbi sull’azione, suscitando i timori di Pëtr, che programma di eliminarlo diffondendo la notizia che è un informatore della polizia e facendo ricadere la colpa su Kirillov, che prima di uccidersi ha firmato una falsa confessione. Pëtr coglie l’occasione di una festa organizzata da Varvara Petrovna per far appiccare il fuoco a parte della città: nella confusione che ne scaturisce, Marija Timofeevna e il fratello Lebjadkin vengono assassinati da Fëd’ka. Liza, che ha appena rifiutato di fuggire con Stavrogin sapendo che egli avrebbe potuto impedire il delitto, giunge sul luogo dell’omicidio ma, scambiata dalla folla per l’amante del protagonista e mandante dell’assassinio, viene linciata a morte. Il gruppo dei cospiratori è ormai terrorizzato, dato che teme che la polizia sia sulle loro tracce. Pëtr, che ha da tempo denunciato anonimamente il gruppo alle forze dell’ordine facendo ricadere le responsabilità sul padre Stepan, li convince della necessità di eliminare lo scomodo Ivan, che si è da poco ricongiunto con l’ex moglie Marija, giunta in provincia col figlio neonato di Stavrogin. Il cadavere dello studento è gettato nei pressi di un lago e Pëtr fa ricadere la colpa su Kirillov, prima di mettere in pratica i propri propositi suicidandosi con un colpo di pistola alla testa, firma una confessione completa. Mentre il gruppo si sfalda per il terrore e il senso di colpa, Pëtr va in cerca di Stavrogin a San Pietroburgo. Stepan Trofimovič, sconvolto dagli avvenimento recenti e dal probabile coinvolgimento del figlio nei delitti, decide di abbandonare la provincia e l’amata Varvara, ma cade malato sulla strada e trova rifugio nella baracca di Sofja Mateevna. Qui Stepan si converte al cristianesimo, e muore serenamente dopo esser stato raggiunto da Varvara, che confessa all’uomo di averlo sempre amato in silenzio. Uno dei congiurati, Liamšin, non regge ai delitti commessi e confessa tutto alla polizia, che procede all’arresto di tutti i complottisti, tra cui anche Pëtr Verchovenskij. Stavrogin, che è rimasto estraneo agli eventi, chiede a Dar'ja di fuggire con lui in Svizzera. Tuttavia, tormentato da allucinazioni sul delitto commesso, Stavrogin si impicca.

1 Dostoevskij nel 1849 viene arrestato proprio per l’appartenenza ad una società segreta e condannato prima a morte e poi ai lavori forzati in Siberia. L’esperienza traumatica segna in maniera decisiva lo scrittore, che ne I demoni prende decisamente le distanze dalle posizioni nichiliste di gioventù.

2 Nella figura di Pëtr Stepanovič Verchovenskij Dostoevskij ha voluto rappresentare la figura dell’anarchico Sergej Nečaev.

3 In Ivan Pavlovič lo scrittore ha invece rappresentato la figura di Ivan Ivanov, di cui subirà lo stesso drammatico destino.

4 Con il termine starec si intende un mistico ortodosso dedito all’eremitaggio e alla cura dei malati a cui, nella società russa, vengono attribuite capacità curative miracolose.

5 La confessione allo starec Tichon, collocata in appendice alla fine del romanzo e in passato anche oggetto di censure, è una sfida alla morale da parte di Stavrogin e al tempo stesso la denuncia implicita del protagonista stesso della propria incapacità di un autentico pentimento. Stavrogin, che per sua stessa ammissione ha sempre vissuto negando la propria coscienza morale, alla fine è spinto al suicidio dal peso da un senso di colpa che egli non sa e non può accettare. Da qui deriva il suo atteggiamento astioso e ribelle nei confronti dello starec; vergognandosi di un possibile pentimento, Stavrogin sfida il suo “giudice”, che gli preannuncia un nuovo e più grave delitto (ovvero, il duplice omicidio della moglie e del suocero). Il “demone”, insomma, vuole quindi porsi al di sopra del giudizio di un altro di cui finisce però col ricercare l’approvazione. Come scrive Michail Bachtin, quella di Stavrogin “è una confessione con un’intensissima impostazione sull’altro, del quale non può fare a meno, ma che al tempo stesso egli odia e il cui giudizio non accetta” (M. Bachtin, Dostoevskij. Poetica e stilistica, Einaudi, Torino 2011, pag. 321). Quello di Stavrogin, allora, è un soliloquio, che si nutre della “parola altrui”, la prevede e la anticipa, rivelando così a un orecchio attento il profondo dissidio che cerca di dissimulare.