Secondo Platone la deduzione è il modo in cui conosciamo gli enti matematici ed è, dunque, propriamente conoscenza scientifica; la dialettica invece, che si riferisce alle idee come essenze eterne, è propriamente conoscenza filosofica. In questo senso la filosofia fonda le scienze, interrogandosi sulla correttezza e sulla tenuta dei loro principi, e detiene la posizione più elevata sulla scala della conoscenza, dovuta alla posizione più elevata dei suoi oggetti – le essenze eterne, le idee – sulla scala dell’essere. Il vertice di questa scala è l’idea del Bene, in cui si uniscono l’essere – perchè è un’idea – e il valore – perchè è il Bene.
In Platone la conoscenza dell’idea del Bene guida la prassi etico-politica e garantisce la desiderabilità della conoscenza. Il Bene viene paragonato al Sole: come il Sole è causa sia del vedere sia della visibilità di ciò che il vedere vede, il Bene è causa del pensiero e della pensabilità dei suoi oggetti. Il Bene, garantendo valore agli oggetti della conoscenza, è dunque anche la causa della desiderabilità della conoscenza: il Bene rende le idee utili, vantaggiose. Come vertice, il Bene è ulteriore rispetto alle Idee, dunque non se ne può dare una definizione esaustiva, ma questa ulteriorità è anche ciò che permette all’uomo platonico di non rimanere prigioniero dell’esistente, del contingente, di mantenere una progettualità.
Le nozioni di Bene, di dialettica, di mondo delle idee, di Essere e verità, mutano nel procedere della riflessione platonica posteriore alla Repubblica. Il Fedro offre una definizione della dialettica che mette direttamente in gioco la questione del vero e del falso, che Platone affronta nel Sofista: in questo dialogo, prendendo le distanze da Parmenide, sostiene la possibilità del non-Essere come differenza, non essere diventa essere diverso da altro: si può dire che X è, e che anche Y è, e poi vedere se X è o non è Y. Qui l’Essere diventa possibilità, e il mondo delle idee si trasforma in un reticolo. Il Bene, poi, nelle dottrine non scritte e nella speculazione neoplatonica, verrà a identificarsi con l’Uno, l’unità da cui tutte le cose sono generate, per emanazione, nella loro determinatezza singolare.
Jacopo Nacci, classe 1975, si è laureato in filosofia a Bologna con una tesi dal titolo Il codice della perplessità: pudore e vergogna nell’etica socratica; a Urbino ha poi conseguito il master "Redattori per l’informazione culturale nei media". Ha pubblicato due libri: Tutti carini (Donzelli, 1997) e Dreadlock (Zona, 2011). Attualmente insegna italiano per stranieri a Pesaro, dove risiede.