"Il Principe" di Niccolò Machiavelli, analisi dei capitoli XVI-XVIII, a cura di Alessandro Mazzini.
A partire dal capitolo XV del trattato de "Il Principe" si espongono le modalità di comportamento che il principe deve adottare se vuole conservare lo stato e il potere.
Nei capitoli successivi si sviluppa un ragionamento basato sul "nondimanco" (nondimeno): Machiavelli presenta la realtà come dovrebbe essere, ma poi con un forte stacco, attraverso la congiunzione "nondimanco", rappresenta la realtà effettiva. Questo "gioco" del nondimanco segna la frattura tra mondo morale e mondo della politica. Questa presentazione dei vizi e delle virtù continua fino al capitolo XVIII, che si presenta come il più scandaloso del "Principe".
Nel capitolo XVIII Machiavelli, ricorrendo ancora al gioco del nondimanco, introduce la famosa distinzione, mutuata da Cicerone dal suo trattato "De Officiis", tra il combattere proprio dell'uomo, con la legge e la parola, e quello delle bestie. All'interno di questa l'autore evidenzia un'ulteriore distinzione tra modo di combattere secondo la volpe e secondo il leone. Immagine significativa che denota la condotta politica del principe. Il principe deve sapere tener conto a seconda delle circostanze anche di ciò che è bestiale e sapere se usare le astuzie della volpe o la forza del leone.
Il principe quindi non deve "osservare la fede", se questa gli ritorna contro. Questo precetto non sarebbe valido se tutti gli uomini fossero buoni. Tuttavia il principe non è sempre giustificato nella sua condotta politica. Il principe deve inoltre essere in grado anche di dominare e controllare le apparenze, poichè a queste "bada il volgo". Centrale è il popolo nella tutela del principe. Nel capitolo XIX infatti Machiavelli spiega come non incorrere nell'odio del popolo e come mantenere il potere, anche grazie all'approvazione del "volgo", andando incontro ai suoi bisogni.
La morale non trova spazio nell'azione politica, ma la politica non è superiore.
Nel capitolo XXIV vengono espresse le ragioni del fallimento dei principati in Italia: per il fatto che i principi si sono serviti di eserciti mercenari, che hanno reso nemico il popolo e non hanno rispettato i grandi. Per Machiavelli quindi non bisogna incolpare la fortuna, ma l'ignavia dei principi.
Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.
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