Il ritratto di Dorian Gray non è soltanto l’unico romanzo scritto da un autore che si dilettò in diverse forme di scrittura, ma rappresenta anche una sorta di manifesto della poetica di Oscar Wilde. È, infatti, l’opera che meglio condensa le sue teorie su una vita fatta di bellezza e piacere come suprema forma d’arte.
Wilde aveva fatto sua la teoria di Théophile Gautier dell’”arte per l’arte”, che affermava che all’arte non occorressero scopi o ragioni poiché essa è sufficiente a se stessa. Secondo Wilde l’artista, in quanto individuo dotato di buon gusto, è al di sopra della moralità. Questo è ciò che viene rappresentato nel romanzo, sebbene con un epilogo drammatico, così come drammatico fu l’epilogo della vita di Wilde.
Nel Ritratto di Dorian Gray vi sono diversi elementi magici o comunque legati al mistero, a partire dal ritratto di Dorian che invecchia e imbruttisce al posto del giovane, elementi, questi, tipici delle fiabe e dei racconti del folklore. Il genio di Wilde fu quello di scrivere un romanzo di folklore inserendovi la sua dottrina estetica e la sua teoria secondo la quale il piacere, la gioventù e la bellezza sono gli unici scopi nella vita, e la vita stessa sia la più grande opera d’arte. Il finale ci mostra però, alquanto profeticamente, come una vita fatta di piaceri ed eccessi abbia sempre un prezzo da pagare.
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Wilde, "Il ritratto di Dorian Gray": riassunto e commento
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