Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio di Machiavelli: analisi dei temi

"Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio" di Niccolò Machiavelli: analisi dei temi, a cura di Alessandro Mazzini.

Nei "Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio" Machiavelli legge il decadente presente politico nella prospettiva della storia romana come storia ideale eterna. Il libro primo prende in considerazione le decisioni che Roma prese all'interno della Repubblica e si focalizza su due fondamenti secondo cui Machiavelli ritiene si fondi il successo romano: la vivace dinamica sociale (lo scontro tra aristocratici e popolari furono motivo di progresso per lo stato romano) e il vincolo religioso, cioè usare la religione come strumento di potere. Questi due elementi vengono considerati nel primo libro dei Discorsi.

Per quanto riguarda il primo aspetto diventa fondamentale la figura del legislatore, soprattutto Romolo e Numa, il primo come legislatore politico e il secondo come legislatore religioso. Il legislatore, secondo Machiavelli, deve sapersi contrapporre al caos della storia con la razionalità e l'ordine della legge. In questa contrapposizione vede ogni disposizione etica e civile del popolo.

Un ulteriore tema dei Discorsi è la polemica antiaristocratica in favore del popolo, i cui desideri, secondo Machiavelli, sono sempre a tutela della libertà, mentre la nobiltà è nemica della civiltà. Tema presente anche nel "Principe", che qui trova il suo sviluppo: conviene sempre cercare l'appoggio del popolo, perchè non vuole essere oppresso. Quindi il popolo si presenta come quell'elemento che può garantire maggiormente la civiltà di uno stato, cioè ordinato su leggi tenute in vigore.

Per quanto riguarda il vincolo religioso, Machiavelli mette in luce che i romani ebbero sempre la capacità di sfruttare la religione come strumento di potere, infondendo rispetto e timore degli dei, controllando e garantendo il rispetto delle leggi e dei giuramenti. Questo tema trova poi riscontro polemico nel paragrafo XII del primo libro, dove Machiavelli addita la decadenza della dimensione religiosa in Italia, causata dai cattivi esempi della Chiesa, come motivo fondamentale della crisi politica italiana. La Chiesa si mostra non solo come responsabile del profilo religioso, ma anche come colei che ha impedito l'unificazione dell'Italia sotto un'entità statale.

Il secondo libro prende in considerazione il tema dei rapporti tra virtù e fortuna, tema fondamentale già nel Principe. Nel primo paragrafo si mostra come i romani abbiano realizzato la loro conquista grazie alla virtù e non alla fortuna, soprattutto grazie agli ordini che hanno saputo introdurre nel loro stato.

La novità di Machiavelli era l'approccio agli antichi per desumere dei principi di azione politica da applicare nella pratica, imitando, appunto gli antichi.

Il terzo libro focalizza l'attenzione sui problemi istituzionali, in particolare sull'organizzazione bellica e la milizia, e sviluppa il tema del rifiuto della via neutrale. Emerge qui l'autonomia dell'azione bellica dalla morale, ma questa autonomia, secondo Machiavelli, va integrata in un progetto politico. Machiavelli propone una conclusione operativa sulla necessità di difendere la patria e quindi anche sulla necessità di commettere un'azione immorale purchè sia riscattata della magnanimità del disegno politico.

L'utilizzo della storia liviana è da parte di Machiavelli inteso in un senso polemico rispetto al presente e in chiave operativa: bisogna imitare gli antichi, perchè l'uomo al di là dei tempi non si modifica mai.

Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L'Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.