Il Prologo della Mandragola è essenziale per capire l’intento programmatico del Machiavelli nella stesura di quest’opera teatrale. Qui infatti il narratore, il Machiavelli stesso, si rivolge direttamente e in prima persona ai “benigni uditori”, con particolare attenzione alle spettatrici di sesso femminile. Riprendendo quindi un atteggiamento tipico della tradizione del teatro antico e della commedia latina (da cui il Machiavelli attinge costantemente), l’autore cerca di creare un contatto diretto col pubblico. Inizia così illustrando e spiegando la scenografia agli uditori, funzione che nella commedia latina era svolta dall’attore del prologo: “Vedete l’apparato, | qual or vi si dimostra: | quest’è Firenze vostra, | un’altra volta sarà Roma o Pisa, | cosa da smascellarsi delle risa”. L’apparato è la scenografia: Machiavelli esplicita al pubblico lo spazio in cui si svolgerà lo spettacolo: ci troviamo a Firenze, la loro città. L’autore continua indicando gli spazi interni in cui prenderanno forma le scene, la casa di messer Nicia, quella di Callimaco e il luogo dove Fra' Timoteo svolge la sua attività di confessore, la chiesa: presenta così una porta che si trova alla sua destra, e cioè l’uscio della casa del dottore in legge, uno dei protagonisti principali della Mandragola, messer Nicia. L’autore introduce poi l’argomento amoroso, tema preminente nell’opera, e continua ad anticipare al pubblico i protagonisti delle vicende che si stanno per compiere sul palco. Incontriamo così “un giovane, Callimaco Guadagno, venuto or da Parigi [...]”, protagonista della commedia e definito dal Machiavelli un “buon compagno” (ma solo ad una prima impressione). Viene poi citata Lucrezia, e l’inganno erotico cui verrà sottoposta:
Una giovane accorta
fu da lui molto amata,
e per questo ingannata
fu, come intenderete, ed io vorrei
che voi fussi ingannate come lei.
Qui Machiavelli si rivolge ancora alle spettatrici femminili, alludendo sarcasticamente all’inganno di tipo sessuale di cui sarà vittima la protagonista femminile della Mandragola.
Nel Prologo l’autore ci fornisce anche la propria definizione del suo testo, dichiarando metatestualmente che “la favola Mandragola si chiama”. L’autore attribuisce quindi al proprio lavoro teatrale la connotazione di "favola", cui potremmo aggiungere l'accezione di "amara". La Mandragola infatti, seppur sotto le sembianze di un’ilare commedia, svolge un ruolo di denuncia nei confronti della perdita totale di morale della società del tempo, e mette in discussione i valori familiari, inducendo nello spettatore un riso serio e quasi acre, che fa assai riflettere. Ed ecco che in quest’ottica si capisce la doppia natura dei personaggi di questa tragedia travestita da commedia, e tutta la loro meschinità (“Uno amante meschino, | un dottor poco astuto, | un frate mal vissuto, | un parassito, di malizia el cucco, | fien questo giorno el vostro badalucco”; il parassita cocco della malizia è Ligurio, e il badalucco è lo svago che si recherà al pubblico). Machiavelli si scaglia quindi contro coloro che sanno solo dire maldicenze, per tornar poi alla nostra vicenda:
Ma lasciàn pur dir male a chiunque vuole.
Torniamo al caso nostro
acciò che non trapassi troppo l’ora.
Far conto non si de’ delle parole,
né stimar qualche mostro,
che non sa forse s’ e’ si è vivo ancora.
Callimaco esce fuora
e Siro con seco ha,
suo famiglio, e dirà
l’ordin di tutto. Stia ciascuno attento,
né per ora aspettate altro argumento.
Il periodo in cui è ambientata la Mandragola è il primissimo Cinquecento. L’attenzione alla psicologia e alla coerenza delle azioni dei personaggi da parte del Machiavelli è molto rilevante: pur essendo protagonistii di una commedia non sono figure buffonesche, ma mantengono una certa complessità e serietà.