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"Il Principe" di Machiavelli, capitolo 6: analisi di alcuni estratti

Nel sesto capitolo del Principe, (intitolato: De’ Principati nuovi, che con le proprie armi e virtù si acquistano), Machiavelli si addentra nella tematica a lui più cara di tutta l‘opera, quella riguardante il principato nuovo. Questo tipo di governo innovativo può essere fondato e mantenuto solo da un principe che sia in grado di esercitare sia la virtù che la forza; Machiavelli sviscera l’argomento presentandoci alcuni esempi illustri:

 

Non si maravigli alcuno se nel parlare che io farò de’ Principati al tutto nuovi, e di Principe e di Stato, io addurrò grandissimi esempi; perchè, camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri, e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni, nè si potendo le vie d’altri al tutto tenere, nè alla virtù di quelli che tu imiti, aggiugnere, debbe un uomo prudente entrare sempre per vie battute da uomini grandi, e quelli che sono stati eccellentissimi, imitare, acciochè se la sua virtù non v’arriva, almeno ne renda qualche odore; e fare come gli arcieri prudenti, ai quali parendo il luogo, dove disegnano ferire, troppo lontano, e cognoscendo fino a quanto arriva la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta, che il luogo destinato, non per aggiugnere con la loro forza o freccia a tanta altezza, ma per potere con lo aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.

In questo capitolo giocano un ruolo determinante i concetti di Virtù e Fortuna, cui si aggiunge quello di "occasione", che è il momento ideale per esercitare la virtù. A questa scissione tra virtù e Fortuna segue quella tra i principi che si fondano e si basano sull’una o sull’altra:

 

Dico adunque, che ne’ Principati in tutto nuovi, dove sia un nuovo Principe, si trova più o meno difficultà a mantenergli, secondo che più o meno virtuoso è colui che gli acquista. E perchè questo evento di diventare di privato Principe presuppone o virtù o fortuna, pare che l’una o l’altra di queste due cose mitighino in parte molte difficultà. Nondimeno colui che è stato manco in su la fortuna, si è mantenuto più. [...] Queste occasioni pertanto feciono questi uomini felici, e l’eccellente virtù loro fece quella occasione esser cognosciuta: donde la loro patria ne fu nobilitata, e diventò felicissima. Quelli i quali per vie virtuose simili a costoro diventano Principi, acquistano il Principato con difficultà, ma con facilità lo tengono. [...] Ed esaminando le azioni, e vita loro, non si vedrà che quelli avessino altro dalla fortuna, che l’occasione, la quale dette loro materia di potervi introdurre quella forma che a lor parse; e senza quella occasione la virtù dell’animo loro si saria spenta, e senza quella virtù l’occasione sarebbe venuta invano.

Il principe nuovo, nel suo esercizio di virtù e forza, deve anche essere armato ed essere in grado di esercitare il suo potere; dice Machiavelli: “Moisè, Ciro, Teseo, e Romulo non arebbono potuto fare osservare lungamente le loro costituzioni, se fussero stati disarmati, come ne’ nostri tempi intervenne a Frate Girolamo Savonarola, il quale rovinò ne’ suoi ordini nuovi, come la moltitudine cominciò a non credergli, e lui non aveva il modo da tenere fermi quelli, che avevano creduto, nè a far credere i discredenti”.