Introduzione: Calvino e Ariosto
Nel 1970 Einaudi pubblica l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino. In quest’opera, suddivisa in ventuno capitoli, Italo Calvino parafrasa e commenta alcuni passi scelti del poema cavalleresco, che, per stessa ammissione dello scrittore, figura sempre tra le sue letture preferite. Ariosto, soprattutto nella trilogia de I nostri antenati, si presenta come modello letterario di Calvino, nella misura in cui coniuga razionalismo e libertà inventiva, ironia e rappresentazione lucida e limpida della realtà in tutte le sue sfaccettature.
Calvino lettore di Ariosto: la scacchiera, il mondo, i personaggi
L’autore contemporaneo, nel suo commento, sceglie così di seguire separatamente i molteplici intrecci che costituiscono la tecnica dell’entrelacement ariostesco , per poi mostrare come essi, abilmente maneggiati dall’autore, si ricongiungano nel finale. In tal modo le tematiche dell’Orlando furioso e le sue mille trame e sottotrame sono ricondotte ad un’unità superiore, che coincide con la prospettiva e la visione del mondo di Ariosto stesso. Calvino sceglie di leggere il poema seguendo le vicende dei protagonisti, e sottraendosi alla scansione in canti; così emergono ai suoi occhi la complessità dell’opera e suoi molti livelli di lettura. Dice Calvino:
L’Orlando Furioso è un’immensa partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita smisurata, che si dirama in tante partite simultanee. La carta del mondo è ben più vasta d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi. 1
Quella calviniana è un’immagine che esalta la natura poliedrica e con mille sfaccettature del testo di Ariosto che, dice Calvino, può essere letto come un romanzo d’inchiesta, come un libro d’avventura, come una riflessione filosofica dell’autore stesso sulla condizione dell’uomo e della sua esistenza sulla Terra. Addirittura, c’è nell’Orlando furioso una evidente componente metaromanzesca e metaletteraria, attraverso cui Ariosto ragiona sulla natura della narrazione umana, che descrive il mondo reale e gli uomini con gli strumenti dell’invenzione (e quindi, in una certa misura, dell’illusione).
In questo senso, Calvino è affascinato dalla componente avventurosa e “meravigliosa” del poema: la vastità dell’ambientazione (che comprende Occidente e Oriente, luoghi incantati e paesi reali, selve misteriose e isole lontane) è simbolo della fantasia e della creatività dell’autore. Agli spazi reali si affiancano, senza soluzione di continuità. i luoghi magici ed allegorici, come il castello di Atlante o quella “selva” in cui tutti i personaggi (come Angelica nel primo canto dell’Orlando furioso) prima o poi si incontrano, si confrontano e si scontrano.
I personaggi dell’Orlando furioso costituiscono poi un elemento fondamentale per comprendere la poetica di Ariosto; Calvino spiega che l’autore non si concentra tanto nella descrizione della loro psicologia, ma privilegia il racconto delle loro azioni. Ogni personaggio si definisce così, nella sua individualità, più per ciò che fa piuttosto che per ciò che pensa. Quelli ariosteschi non sono così personaggi completi, ma sono tutti insieme delle sfaccettature di un medesimo carattere, quello dell’autore. Così viene descritto Orlando:
Orlando continua a essere un personaggio allo stesso tempo centrale e distante; come era fuori della misura umana nella virtù, immune dalle passioni secondo i cantari popolari, innamorato che reprime ogni tentazione secondo il Boiardo, qui esce dalla misura umana per entrare nella bestialità più cieca. In questa nuova inattesa incarnazione d'ossesso ignudo che sradica le querce, Orlando diventa, se non un vero e proprio personaggio, certo un’immagine poetica vivente, quale non era mai stato nella lunga serie di poemi che lo rappresentavano con elmo ed armatura.
Ruggiero, capostipite della dinastia estense destinato a una morte prematura, appare spesso mosso da forze esterne; una su tutte Atlante che lo imprigiona per amore paterno nei suoi castelli incantati. E così lo presenta Calvino:
Duro destino è l’avere un destino. L’uomo predestinato avanza e i suoi passi non possono portarlo che là [...] come a Ruggiero, un matrimonio d’amore, una discendenza gloriosa, e pure ahimè una fine prematura. [...] Sappiamo bene che tutti gli ostacoli saranno vani […] ma ci resta il dubbio se ciò che veramente conta sia il lontano punto d’arrivo, oppure siano il labirinto interminabile, gli ostacoli, gli errori, le peripezie che danno forma all’esistenza.
Infine è interessante come Calvino trovi una correlazione tra Ariosto e uno dei suoi personaggi d'invenzione, cioè Astolfo:
l’anima ariostesca é riconoscibile soprattutto in lui, esploratore lunare che non si meraviglia mai di nulla, che vive circondato dal meraviglioso e si vale di oggetti fatati, libri magici, metamorfosi e cavalli alati con la leggerezza di una farfalla, ma sempre per raggiungere fini di pratica utilità e del tutto razionali.
Ariosto nell’opera di Calvino
Il rapporto che Calvino intesse con Ariosto non è solo quello di interpretazione del suo poema cavalleresco; infatti, si possono ritorvare nell’opera di Calvino molteplici tracce di un’ispirazione assai profonda e costante nel tempo. La più immediata è naturalmente quella che sta alla base de I nostri antenati, la trilogia di romanzi ad ambientazione cavalleresca con cui Calvino riflette sulla condizione dell’uomo contemporaneo. In particolare, è Il cavaliere inesistente del 1959 l’opera calviniana che più esplicitamente riprende alcune tematiche ed ambientazioni ariostesche: Agilulfo, il cavaliere che non c’è, è un simbolo degli astratti ideali degli eroi cavallereschi, mentre Bradamante (che ha lo stesso nome del’eroina di Ariosto) sviluppa la tematica della scrittura, in quanto è lei a narrare le vicende dietro lo pseudonimo di suor Teodora.
Ma l’influsso dell’Orlando furioso si estende anche in altre opere. Ad esempio in Marcovaldo, quasi a contrasto con l’ambientazione moderna e industriale, Calvino dice che i personaggi hanno “portano nomi altisonanti, medievali, quasi da eroi di poema cavalleresco, a cominciare dal protagonista” 2. In più, lo studio delle tecniche dell’entrelacement ha sicuramente influito sulla fase della narrativa strutturalista-combinatoria (ad esempio, su Il castello dei destini incrociati del 1973), che poi sfocia nella serie di romanzi, sempre interrotti, di Se una notte d’inverno un viaggiatore. Né si può dimenticare che la prima (e più celebre) delle Lezioni americane è dedicata proprio alla Leggerezza, una delle qualità principali dell’ironia di Ariosto.