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"Gerusalemme Liberata": Erminia

 

Erminia, figlia del re Cassano d'Antiochia, compare nella Gerusalemme Liberata nel III canto, intenta ad illustrare al tiranno Aladino gli eroi cristiani e le loro doti. Attraverso un elegante gioco di allusioni e di teneri doppi sensi, dissimulando l'amore sotto la maschera dell'odio, Erminia indica Tancredi, del quale è segretamente innamorata: «Egli è il prence Tancredi: oh prigioniero | mio fosse un giorno!...» (20, vv.1-2). La narrazione della sua vicenda riprende poi al canto VI con un breve antefatto: caduta la sua città e fatta prigioniera da Tancredi, la giovane s'innamora della generosità del nobile cavaliere. L'amore di Erminia si mostra per lo più inconfessato, nutrito di paure per l'incolumità dell'amato, di esitazioni. Quella di Erminia, al contrario di quella di Armida, è una bellezza raccolta in se stessa, chiusa nei suoi sogni e nelle sue contemplazioni, ben testimoniata dal contrasto tra Onore e Amore nel VI canto: in un dialogo serrato tra le ragioni del sentimento e quelle dell'onore, generato dal desiderio di raggiungere l'amato al campo cristiano per risanargli le ferite, esito del primo confronto con Argante (al quale Erminia assiste dalla torre dalle mura di Gerusalemme, ottave 62-77), la giovane decide di vestire l'armatura di Clorinda e, nottetempo, di uscire in segreto dalle mura. Ma la notte limpida e lunare che la avvolge la rende visibile alle guardie cristiane, obbligandola ad una fuga il cui racconto si dilunga fino al canto VII (ottave 1-22). Qui Erminia, dopo essersi assopita tra «l'ombrose piante» (1, v.1), si risveglia immersa in una natura rinnovata, amica e affine al suo spirito. Incontra un pastore che le racconta la sua esperienza cortigiana, una condizione a cui ha rinunciato, dice, per ritirarsi nella pace bucolica delle selve. Affiora qui un'allegoria di persone e di situazioni tipica della poesia pastorale, dalle Bucoliche di Virgilio alla stessa Aminta. Le parole del pastore tranquillizzano l'animo di Erminia che intravede nella vita pastorale un possibile ristoro ai suoi mali amorosi. Questa traccia narrativa riprende solo al canto XIX, quando, incontrato Vafrino, scudiero di Tancredi, la giovane abbandona i pastori e s'imbatte nello stesso eroe cristiano ferito in seguito all'ultimo scontro con Argante. Qui può finalmente dar seguito alle sue antiche intenzioni: attraverso le leggi benefiche della Natura (Erminia, al contrario di Armida, è una maga “bianca”), risana con grazia femminile le ferite di Tancredi.